I ricorrenti, nella memoria difensiva, eccepivano preliminarmente la nullità del controricorso erariale per vizi formali della sua notificazione effettuata con PEC, in ragione dell’asserita violazione delle regole dettate dall’art. 3-bis, co. 4 e 5, della L. 53/1994 e dell’art. 19-bis del provvedimento ministeriale del 16 aprile 2014.
La Corte ha ritenuto infondata l’eccezione.
Le SS.UU. dalla lettura degli atti processuali rilevavano che le parti ricorrenti non avevano addotto né alcun specifico pregiudizio al loro diritto di difesa né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione .doc in luogo del formato .pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria.
Le SS.UU ritenevano, aderendo ad un principio consolidato della stessa Corte di Cassazione, che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass. Sez. trib., n. 26831 del 2004),
Da tale principio facevano conseguire l’inammissibile dell’eccezione con la quale era lamentato un mero vizio procedimentale senza che fossero state prospettate anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale comportasse una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale della Corte.
Tali principi applicati al caso esaminato hanno portato la Corte, riunita a SS.UU., ad affermare che l’effettiva conoscenza dell’atto, conseguente alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale -cioè l’indirizzo di PEC espressamente a tal fine indicato dalla parte nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità-, determina il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC.
Le SS.UU., quindi, anche in materia di notifica degli atti propri del processo tributario a mezzo PEC, ritengono che, ove l’atto abbia raggiunto il suo scopo, operi l’insegnamento, condiviso e consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui <<il principio, sancito in via generale dall’art. 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazioni alle quali -pertanto- la nullità non può essere dichiarata tute le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario>> (Cass., sez. lav., n. 13857 del 2014; Cass, sez. trib., n. 1184 del 2001 e n. 1548 del 2002).
In definitiva, anche per le notifiche a mezzo PEC nel processo tributario, può affermarsi il principio secondo il quale il vizio della notificazione dell’atto tributario (anche quando possa annoverarsi nella categoria dell’inesistenza) non incide sulla validità dell’atto medesimo. (Cass. n. 654/14)
Per meglio comprendere il ragionamento seguito dalle SS.UU. è utile ricordare che l’atto amministrativo d’imposizione tributaria è atto sottoposto ad un regime procedimentale che distingue la fase di decisione (o di perfezionamento dell’atto) dalla fase integrativa dell’efficacia
(Cass. n. 4760/09), con la conseguenza che la notificazione non è elemento costitutivo dell’atto, rappresentando una mera condizione di efficacia dello stesso.
Le stesse SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 19854/04, avevano già affermato il principio di diritto che tanto la nullità quanto l’inesistenza della notifica dell’atto non rilevano ove l’atto abbia raggiunto lo scopo, per il fatto di essere stato impugnato dal destinatario prima della scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo.
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