Nel sistema sanzionatorio tributario, riformato con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 158 del 2015, di attuazione della legge delega fiscale n. 23 dell’11 marzo 2014., il principio di legalità è stato mutuato dal diritto penale. L’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997 rubricato “Principio di legalità”, infatti, costituisce una sintesi tra il contenuto degli artt. 25 Cost. e 2 c.p. In particolare, l’art. 3, comma 1, secondo cui “nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione” richiama il secondo comma dell’art. 25 Cost., che stabilisce che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Secondo il principio di legalità, che informa sia il diritto penale che il sistema sanzionatorio tributario, dunque, deve essere il legislatore a determinare quali fattispecie possano essere considerate perseguibili. E’ escluso, pertanto, il ricorso all’integrazione analogica, ferma restando la possibilità di ricorrere all’interpretazione estensiva.
Al principio di legalità si collega il principio di irretroattività della legge, che in materia penale è previsto dall’art. 2, primo comma, c.p., secondo cui “nessuno può essere punito per un fatto che secondo la legge del tempo in cui fu commesso non costituiva reato”. Tale principio esclude che possa operare retroattivamente la norma che introduce nuove sanzioni, come pure quella che rende più onerosa l’entità di una sanzione già esistente.
Corollari del principio di legalità, sono il principio di tassatività e il divieto di analogia, la cui ratio è quella di scongiurare l’ampliamento o la creazione di fattispecie punitive in sede attuativa o giurisdizionale. Anche tali principi si intendono riferiti alle disposizioni sanzionatorie tributarie in virtù della previsione della riserva di legge.
Secondo un certo orientamento, il principio di irretroattività, a garanzia della autodeterminazione e della libertà dei contribuenti, riguarderebbe non solo le norme sostanziali, ma anche quelle norme procedimentali e processuali che rilevano direttamente ai fini della restrizione delle libertà personali, economiche e patrimoniali del trasgressore. Tale tesi è condivisa dalla prassi amministrativa che incentra sul principio del favor rei la soluzione delle questioni di diritto transitorio, giungendo a ritenere inapplicabili alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 472/1997 non solo “le disposizioni sanzionatorie sopravvenute…” e “le disposizioni che prevedono sanzioni più severe rispetto a quelle in vigore al tempo della violazione”, ma anche, “in ogni caso”, le “norme che determinano un trattamento più sfavorevole” (cir. 10 luglio 1998, n. 180)[1].
I successivi commi 2 e 3 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, invece, richiamano i commi secondo e quarto dell’art. 2 c.p.. In particolare, il comma 2 dell’art. 3 riguarda tanto le ipotesi in cui la legge sopravvenuta si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile (c.d. abolitio criminis), quanto quelle in cui venga eliminato un obbligo strumentale e quindi, solo indirettamente, la previsione sanzionatoria. La riforma del sistema sanzionatorio ha introdotto importanti novità che, ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs., n. 158 del 24 settembre 2015, come modificato dall’articolo 1, comma 33, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità per il 2016), si applicano dal 1° gennaio 2016.
Relativamente ai casi di abolitio della condotta sanzionabile, il comma 2 dell’art. 3 decreta l’estinzione di diritto del carico sanzionatorio, il quale viene meno quand’anche l’atto in contestazione sia definitivo. Ciò, come precisato anche dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6651 depositata il 6 aprile 2016 “riguarda tanto le ipotesi in cui la legge sopravvenuta si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’obbligatorietà del comportamento sanzionabile, quanto quelle in cui venga eliminato un obbligo strumentale e quindi, solo indirettamente la sanzione”. Non è ammessa, tuttavia, la ripetizione di quanto già corrisposto.
Diversamente, qualora l’intervento legislativo abbia, in concreto, reso meno gravosa la sanzione, ipotesi di gran lunga più frequente, troverà applicazione il terzo comma dell’art. 3, ma solo con riferimento alle violazioni commesse a partire dal 1 gennaio 2016 e a quelle commesse in precedenza ma per le quali pendono ancora i termini per la proposizione del ricorso avverso il relativo atto impositivo o il giudizio innanzi all’autorità giudiziaria.
Al fine di stabilire quale sia la norma effettivamente più favorevole, l’Ufficio applica i principi generali seguiti nel diritto penale tenendo conto delle peculiarità del diritto tributario.
Inoltre, l’Ufficio deve raffrontare le norme sanzionatorie, ante e post modifica, in concreto e non in astratto, tenendo conto anche delle circostanze aggravanti ed attenuanti o esimenti eventualmente previste dalla legge e verificando gli effetti della loro applicazione in rapporto alle caratteristiche della condotta realizzata dal trasgressore, al fine di stabilire il trattamento sanzionatorio più mite. L’applicazione del favor rei avrà luogo pertanto (circolari dell’agenzia delle entrate n. 4/E del 4 marzo 2016 e n. 12/E dell’ 8 aprile 2016):
– sugli atti emessi a decorrere dal 1° gennaio 2016, riferiti a violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015;
– sugli atti emessi prima del 1° gennaio 2016 per i quali siano ancora pendenti i termini per la proposizione del ricorso ovvero il giudizio avanti all’autorità giudiziaria
Al contribuente spetta pertanto il diritto di vedersi riconosciute le sanzioni più favorevoli a condizione che il provvedimento non sia già diventato definitivo.
Per gli atti contenenti irrogazioni di sanzioni per i quali non sono scaduti i termini per la proposizione del ricorso spetta al contribuente richiedere la rideterminazione delle sanzioni con la presentazione di una semplice istanza.
L’ufficio su impulso del contribuente procede al ricalcolo delle sanzioni e notifica i nuovi importi da pagare con provvedimento che non sarà oggetto di sostituzione o di modifica in autotutela in quanto le sanzioni risultano legittimamente irrogate sulla base della normativa in vigore al momento dell’emanazione dell’atto stesso).
Va, inoltre, precisato che le misure più favorevoli delle sanzioni previste dalla nuova disciplina trovano applicazione anche in sede di ravvedimento operoso in relazione alle violazioni commesse prima del 1° gennaio 2016.
Qualora, a seguito della riforma dei reati tributari prevista dal D.Lgs. n. 158/2015, l’illecito venga meno per innalzamento delle relative soglie di punibilità – che si applicano retroattivamente alla luce del principio del favor rei – l’imputato dovrà essere assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste”, dal momento che viene a mancare un elemento costitutivo del reato (la soglia di punibilità per l’appunto). Tale assoluzione esclude peraltro ogni possibile rilevanza del fatto stesso anche in sede diversa da quella penale (Corte di Cassazione, sentenza n. 891, depositata il 13 gennaio 2016).
[1] In linea generale la successione di norme nel tempo ha, per il contribuente che ha posto in essere comportamenti irregolari, effetti immediati con conseguente applicazione della legge più favorevole. Tuttavia è bene precisare che nel caso in cui, a partire da una certa data, venga abolito o modificato un determinato adempimento, trattandosi di norma di diritto sostanziale, non può essere invocata l’efficacia retroattiva. In tal senso CTP Firenze, sentenza 663/4/16 del 26 aprile 2016 (irretroattività della nuova detrazione forfetaria del 50% ai servizi di sponsorizzazione). Viceversa, quando cambia o è eliminata una sanzione per la violazione di uno specifico obbligo ( p.es decadenza dal regime di favore della L 398/91 per mancato rispetto della tracciabilità), o le nuove disposizioni incidono sulle attività di controllo perché più evolute delle precedenti (p.es nuovo redditometro anche per anni ante 2009 se più favorevole), trattasi di interventi di natura procedimentale con valenza retroattiva.
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