Con la sentenza n. 2591 pubblicata il 3 marzo 2017 il Tribunale di Napoli, Seconda Sezione Civile, in persona giudice del dott. Roberto Notaro, è intervenuta in tema di validità di contratti di investimento in prodotti finanziari stipulati tra soggetti appartenenti a Stati diversi.
Questi i fatti.
L’attrice ha sottoscritto con le società convenute due contratti di investimento in prodotti finanziari con contestuale apertura di conti correnti in Svizzera, e, ritenendo che entrambi i contratti siano inficiati da diversi profili di nullità, ha chiesto la condanna delle convenute stesse alla restituzione di tutte le somme versate in loro favore, oltre al risarcimento dei danni subiti.
Nel costituirsi le convenute hanno preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello svizzero sulla base della Convenzione di Lugano del 2007.
Ebbene, secondo il Tribunale di Napoli, l’eccezione risulta fondata.
Il giudice, infatti, ritiene che nel caso de quo si possa effettivamente applicare la Convenzione di Lugano del 2007, che, nel sostituire la precedente Convenzione del 1988, ha armonizzato le sue disposizioni al contenuto della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968.
Il Tribunale chiarisce che il fine della Convenzione è quello di potenziare nel territorio delle parti contraenti la tutela delle persone ivi residenti, mediante la determinazione della competenza dei rispettivi organi giurisdizionali ed estende altresì alle parti contraenti i principi enunciati nel Regolamento Bruxelles I.
La Convenzione disciplina la competenza diretta dei giudici degli Stati da essa vincolati, il coordinamento fra giurisdizioni nel caso di competenza concorrente, le condizioni per il riconoscimento delle decisioni, e una procedura semplificata per la loro esecuzione.
In particolare, l’art. 1 della Convenzione individua l’ambito di operatività della norma, stabilendo che essa si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale.
Nel caso de quo si controverte sulla validità di contratti di investimento in prodotti finanziari stipulati tra soggetti appartenenti a Stati che hanno ratificato la Convenzione, con conseguente applicabilità delle regole di giurisdizione in essa indicate.
Secondo quanto previsto dall’art. 2 della Convenzione, le persone domiciliate nel territorio di uno Stato vincolato dalla convenzione sono convenute, a prescindere dalla cittadinanza, davanti ai giudici di quello Stato, ne siano esse cittadine o meno. Appare evidente che la su citata faccia riferimeno al principio actor sequitur forum rei individuando nel domicilio del convenuto il foro di carattere generale.
Nel giudizio in esame entrambe le convenute sono società anonime di diritto svizzero con sede in Lugano.
Da ciò discende che, in base alla regola generale stabilita dall’art. 2, esse devono essere convenute innanzi all’autorità giudiziaria svizzera, in quanto, il successivo articolo 3 della Convenzione stabilisce che il foro del convenuto può essere derogato solo nelle ipotesi espressamente stabilite dalla medesima normativa.
In virtù del fatto che ci si trova innanzi ad una deroga alla regola generale, il richiamo delle norme di competenza enunciate nella convenzione deve intendersi tassativo ed esclusivo di qualsiasi altra regola nazionale di competenza, indipendentemente dalla sua natura inderogabile nell’ordinamento interno e, pertanto, le regole della Convenzione non possono essere derogate da norme interne dell’ordinamento giuridico italiano che devono soccombere rispetto alla norma internazionale sovraordinata.
Ciò posto il Tribunale si interroga sulla circostanza se la fattispecie sottoposta la suo vaglio configuri una delle ipotesi per le quali la Convenzione ammette la deroga al foro del convenuto.
Ebbene, l’art. 5 indica una prima possibile eccezione al foro generale stabilendo che “la persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla presente convenzione può essere convenuta in un altro Stato vincolato dalla presente convenzione: a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; b) ai fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è: – nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato vincolato dalla presente convenzione, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto”.
Secondo il giudice tale disposizione non può trovare applicazione al caso de quo tenuto conto che le prestazioni oggetto del contratto dovevano essere eseguite dalle convenute presso le loro sedi svizzere.
Un’altra deroga è quella prevista in materia di contratti conclusi da consumatori, in relazione ai quali la convenzione conferma la precedente disciplina protettiva del contraente debole negli stessi termini previsti nella Convenzione del 1988, stabilendo all’art. 16 che il consumatore può convenire la controparte contrattuale non solo davanti ai giudici dello Stato in cui quest’ultima è domiciliata, ma anche davanti al giudice del luogo del proprio domicilio.
Si deve però sottolineare che l’ambito di operatività di tale disposizione non attiene a qualsiasi contratto concluso dal consumatore, ma solo a quelli indicati dal precedente articolo 15 secondo il quale “la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione: a) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali, o b) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni, o c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato vincolato dalla presente convenzione in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività”.
Quello che richiede la Convenzione è che le attività commerciali o professionali della persona con cui il consumatore conclude il contratto si svolgano nello Stato del domicilio del consumatore o siano dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato e tale criterio prescinde dalla localizzazione dell’attività del consumatore e dal luogo di stipulazione del contratto, che può essere situato in un paese diverso da quello del suo domicilio, e attribuisce rilievo alla sola attività della controparte contrattuale svolta nello Stato del domicilio del consumatore o diretta, anche con mezzi elettronici, verso tale Stato.
Quindi, è il firmatario dell’atto, e non già la controparte, che può togliere la piena efficacia alla scrittura, disconoscendola.
E del resto osserva il Tribunale che l’art. 214 c.p.c. afferma che colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione: ciò implica che potrebbe esservi una scrittura privata anche senza sottoscrizione, che varrebbe come tale fino a quando non venga disconosciuta la scrittura.
Il fatto che la sottoscrizione non sia un elemento naturale della scrittura privata, trova un’involontaria conferma, del resto, anche nella giurisprudenza che sostiene che, con la produzione in giudizio del documento non sottoscritto, si può concludere il contratto, sia pure con efficacia ex nunc.
Osserva il giudice che se la produzione in giudizio determina la conclusione del contratto, come accettazione dell’altrui proposta, ciò significa che ben possono esistere comportamenti concludenti che possono tener luogo della sottoscrizione, ferma restando la necessità di un testo contrattuale scritto e che l’avvenuta e reiterata esecuzione del contratto, unita alla sua mancata contestazione ed al suo mancato disconoscimento, rappresentano certamente comportamenti che manifestano la volontà di dare esecuzione a quel contratto scritto.
Esiste poi un ulteriore motivo che induce a ritenere che, in ogni caso, non possa essere dichiarata la nullità del contratto: se quella prospettata per la violazione della forma scritta nei contratti bancari è una nullità di “protezione”, la protezione stessa va accordata al soggetto in cui favore è prevista.
Non si può, inoltre, dubitare che la nullità in esame sia rivolta a tutelare la parte che possa avere pregiudizio da una mancanza di adeguata valutazione e ponderazione di un testo contrattuale che venisse solo concordato verbalmente.
Sicuramente il cliente, ha avuto la possibilità di visionare il testo contrattuale, tant’è che l’ha sottoscritto e quindi non può dolersi del fatto che non l’abbia sottoscritto la banca, che non deve certo essere “protetta” dall’aver concluso un contratto, che non disconosce, su propri moduli e formulari, al quale ha dato, pacificamente, attuazione, anche con documenti scritti, negli anni successivi e che, nel giudizio, non solo non lo disconosce ma lo produce a riprova delle pattuizioni intercorse con la controparte.
Avendo l’attrice sottoscritto entrambi i contratti, seguendo il ragionamento sopra indicato, Il Tribunale afferma che essi vanno ritenuti validi ed efficaci tra le parti.
Sulla base delle su esposte argomentazioni il Tribunale di Napoli ha, quindi, dichiarato il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana per essere la controversia riservata all’autorità giudiziaria della Svizzera.
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