La contravvenzione prevista dall’art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di “molestie olfattive” con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c., per il cui accertamento non è necessario disporre perizia tecnica, potendo il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione III Penale, con la sentenza del 24 marzo 2017, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso dalla Corte d’appello di Trieste.
La vicenda
La pronuncia traeva origine dal FATTO che la Corte d’Appello di Trieste con sentenza del 2014, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Gorizia del 2011, appellata dagli odierni ricorrenti ed in via incidentale dal Procuratore generale della Repubblica di Trieste, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine al reato loro ascritto, per essere il medesimo estinto per intervenuta prescrizione e confermato per il resto l’impugnata decisione.
I coniugi CAIO e TIZIA sono stati chiamati a rispondere della contravvenzione di cui all’art. 674 c.p. perché, nella qualità di proprietari dell’appartamento al piano terra del fabbricato in XXXXX provocavano continue immissioni di fumi, odori e rumori nel sovrastante appartamento del terzo piano di proprietà di MEVIA, così molestandoli ed imbrattando l’alloggio da loro occupato.
Il motivo di ricorso
Con un unico motivo di ricorso, gli imputati lamentano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. in riferimento agli art. 674 e 1 c.p. nonché 25 Costituzione.
Sostengono che l’art. 674 c.p. non è estensibile analogicamente alle emissioni di odori e che, secondo la dottrina maggioritaria, è necessario che le emissioni siano atte ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che siano vietate dalla legge, mentre nella fattispecie si trattava di emissioni di odori di cucina che, per loro natura, non erano atte ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che certamente non erano vietate dalla legge.
Precisano che la giurisprudenza di legittimità che si era occupata dell’art. 674 c.p. con riguardo agli odori si era riferita alle “molestie olfattive” derivanti da attività industriali e solo agli odori che avevano superato il cosiddetto limite della stretta tollerabilità, che comunque avrebbe dovuto essere accertato a mezzo perizia. Chiedono quindi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e l’assoluzione dal reato di cui all’art. 674 c.p., perché il fatto non sussiste.
La decisione
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 14467/2017 ha ritenuto il motivo inammissibile ed ha rigettato il ricorso
Precisa la Suprema Corte che la Corte d’Appello di Trieste, con motivazione ampia ed accurata, ha escluso la possibilità di pronunciare l’assoluzione per insussistenza del fatto ed ha dichiarato invece la prescrizione, perché, non solo ha ritenuto correttamente sussunta la fattispecie concreta sotto la previsione dell’art. 674 c.p. che comprende anche le emissioni olfattive moleste come spiegato dalla stessa Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 45230/2014, ma ha anche valutato in modo congruo la prova dei fatti raggiunta in primo grado attraverso le testimonianze delle persone offese, definite come chiare, precise, logicamente strutturate, ribadite in sede dibattimentale senza alcuna contraddizione ed esposte senza inutili enfatizzazioni, marcature o sottolineature di qualche aspetto della vicenda oltre il necessario e l’essenziale.
Il tenore letterale dell’art. 674 codice penale è il seguente: “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro”.
Come precisato dal precedente giurisprudenziale citato, la contravvenzione prevista dall’art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di “molestie olfattive” a prescindere dal soggetto emittente (nella fattispecie la Cassazione si era occupata di odori da stalla; in motivazione numerosi riferimenti ai precedenti giurisprudenziali), con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, condizione nella specie sussistente, al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c. (Corte di Cassazione, Sezione III, n. 34896 del 14/07/2011), che comunque costituisce un referente normativo, per il cui accertamento non è necessario disporre perizia tecnica, potendo il giudice fondare il suo convincimento, come avvenuto nel caso di specie, su elementi probatori di diversa natura e dunque sulle dichiarazioni delle persone offese e del tecnico di loro fiducia.
A conferma di tale ultimo orientamento, ultimo vale la pena citare Corte di Cassazione, sentenza n. 971/2015 la quale ha precisato che: “Ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone, nè tale attitudine deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle immissioni, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi. (Fattispecie in tema di sversamento al suolo di liquami derivanti dallo stoccaggio di rifiuti pericolosi).
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