Lavoro: la clausola di generale rinuncia ai riposi festivi non vincola il lavoratore

Marco Cianci 25/04/17

La legge n. 260/1949 attribuisce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dalla prestazione lavorativa in 12 giornate all’anno, nelle quali ricadono alcune festività di particolare rilievo sociale (ad esempio il giorno di lunedì dopo Pasqua, il 25 aprile, il Primo Maggio ecc.).

 

Come è noto, il lavoratore ben può disporre di tale diritto, concordando con il datore di lavoro di prestare servizio nel giorno festivo in cambio di vedersi riconosciuta una maggiorazione retributiva.

La Cassazione ha peraltro precisato che la rinuncia al riposo festivo è valida solo qualora provenga dal singolo lavoratore e non può essere espressa dall’associazione sindacale, non essendo ammesso che accordi collettivi tra le parti sociali deroghino alla disciplina legale dei riposi festivi (il punto è stato recentemente ribadito da Cass. n. 16592/2015).

 

Proprio in base al principio di disponibilità del diritto in questione, è invalsa la prassi per le aziende, in particolare del commercio, di far sottoscrivere, all’atto dell’assunzione o successivamente, clausole con le quali il dipendente si rende disponibile a lavorare durante le festività.

 

La Corte d’Appello di Trento ha tuttavia aggiunto un ulteriore tassello, in direzione di una maggiore specificazione delle modalità di valida disposizione del diritto: la rinuncia al riposo festivo non può validamente manifestarsi in una clausola contrattuale dal contenuto indeterminato, ma deve essere espressa di volta in volta.

Con la sentenza n. 3/2017 la Corte d’Appello ha confermato la decisione del Tribunale di Rovereto di annullare alcuni provvedimenti disciplinari. Questi ultimi erano stati adottati contro tre cassiere per non aver prestato attività lavorativa in alcune giornate festive, nonostante le stesse avessero sottoscritto una clausola contrattuale di rinuncia al riposo festivo.

 

La corte rileva come la clausola in questione avesse contenuto indeterminato, in quanto non specificava: “a) a quali festività in particolare si riferisca, ben potendo, ma si tratterebbe solo di un’ipotesi rimessa alla libera discrezionalità del datore di lavoro, estendersi indistintamente a tutte quelle definite tali ogni anno dalla legge; b) con quali modalità e con quale preavviso al lavoratore possa essere chiesta la suddetta prestazione, ben potendo in questa previsione generica essergli imposta senza neppure consentirgli di programmare il proprio tempo libero (magari secondo le eventuali contingenti esigenze familiari e personali)”.

La sentenza non si è spinta a dichiarare la nullità della clausola, ma si è limitata a considerarne illegittima l’interpretazione in base alla quale “si rimetterebbe alla piena ed esclusiva discrezione del datore di lavoro l’esercizio di un suo esclusivo quanto insindacabile diritto ad esigere la prestazione lavorativa anche nei giorni di festività”, circostanza che finirebbe per eludere completamente la finalità della disciplina sui riposi festivi voluta dal legislatore.

 

In conclusione, secondo la decisione in oggetto, il rifiuto del lavoratore di prestare la propria attività lavorativa nei giorni festivi non è sanzionabile disciplinarmente, anche in presenza di una clausola di preventiva e generica rinuncia al riposo festivo, in quanto la disponibilità a lavorare durante le feste andrebbe raccolta dal datore di lavoro di volta in volta, all’avvicendarsi delle singole festività.

Sentenza collegata

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Marco Cianci

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