Il carattere “abusivo” di una costruzione concretandosi in una illiceità dell’opera, può costituire fonte della responsabilità dell’autore nei confronti dello Stato ma non comporta la invalidità del contratto di locazione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la sentenza del 13 aprile 2017, n. 9558, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso dalla Corte d’appello di Roma.
La vicenda
La pronuncia traeva origine dal FATTO che la Società XXX risultava soccombente in entrambi i gradi di giudizio sulla domanda di MEVIA avente ad oggetto la risoluzione del contratto di locazione di immobile ad uso diverso da quello abitativo per inadempimento della predetta società conduttrice all’obbligo di versamento dei canoni, nonché la condanna della stessa al pagamento dei canoni maturati nel periodo agosto 2009-settembre 2010.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza XXXX/2014, rilevava che la condizione giuridica dell’immobile, non conforme alla vigente normativa urbanistica, non impediva la validità della locazione, non ricorrendo ipotesi di illiceità sanzionate con la nullità ex art. 1418, comma 2, c.c., né ipotesi di nullità virtuale, e che tale condizione dell’immobile era stata specificamente indicata nel contratto di locazione ed accettata dalla conduttrice, che aveva approvato per iscritto separatamente la relativa clausola, rimanendo quindi esclusa l’applicazione della disciplina normativa dei vizi della cosa locata.
Quanto alla gravità dell’inadempimento, il mancato pagamento dei canoni non era suscettibile di compensazione con la somma depositata a titolo di cauzione, in considerazione sia della diversa funzione di garanzia assolta dal deposito, sia della espressa rinuncia fatta dal conduttore a sollevare eccezioni in merito al pagamento dei canoni.
La conoscenza da parte del conduttore delle condizioni di fatto e di diritto dell’immobile e l’assunzione in contratto dell’obbligo di eseguire a proprie spese lavori di adattamento e ristrutturazione, rendevano infondata la pretesa di recupero degli esborsi effettuati dal conduttore a tale titolo.
La sentenza di appello è stata impugnata dalla Società conduttrice con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
La ricorrente, con l’unico motivo, ripropone la questione della nullità del contratto di locazione per impossibilità ed illiceità dell’oggetto ex art. 1346 c.c. e della causa concreta per contrarietà -sembra- a norme imperative (la rubrica indica come norme violate gli artt. 1325, 1343, 1346, 1578 e 1579 c.c.).
La decisione
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 9558/2017 ha ritenuto il motivo non fondato ed ha rigettato il ricorso.
Precisa la Suprema Corte che la questione della nullità del contratto è stata compiutamente esaminata dalla Corte territoriale, sotto entrambi i profili di illiceità dell’oggetto e di illiceità della causa.
In particolare, quanto al primo aspetto, i Giudici di merito hanno rilevato che la difformità urbanistica dell’immobile, specificamente per quanto concerneva la destinazione commerciale dei locali, era stata oggetto di espressa clausola, sottoscritta anche separatamente dalla società conduttrice, in conformità all’art. 1341, comma 2, c.c., traendone la conseguenza, da un lato, che la condizione di difformità urbanistica dell’immobile non inficiava la illiceità della prestazione (concessione in godimento del bene), e dall’altro che la conduttrice aveva espressamente accettato tale condizione assumendo quindi il rischio dell’eventuale impossibilità di sfruttamento dell’immobile ad uso commerciale.
La Corte territoriale ha pertanto deciso conformemente ai consolidati principi di diritto enunciati in materia da questa Corte secondo cui:
- il carattere “abusivo” di una costruzione concretandosi in una illiceità dell’opera, può costituire fonte della responsabilità dell’autore nei confronti dello Stato ma non comporta la invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme, venendo e riverberare la condizioni giuridica predetta sulla qualità del bene immobile, e non anche sulla eseguibilità della prestazione del locatore avente ad oggetto la concessione del pieno e continuato godimento del bene (cfr. Corte Cassazione, Sezione III, Sentenza n. 583 del 29/01/1982 che ha esaminato il caso di abuso edilizio consistente nella costruzione fatta dal privato su terreno demaniale. Vedi giurisprudenza sopra richiamata: Corte Cass., Sez. III, Sentenza n. 583 del 29/01/1982; id. Sez. 3, Sentenza n. 4228 del 28/04/1999; id. Sez. 3, Sentenza n. 19190 de/ 15/12/2003; id. Sez. 3, Sentenza n. 22312 del 24/10/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 12983 del 27/05/2010; vedi Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11964 del 16/05/2013)
- nel caso in cui non sia stata resa nota, né altrimenti conosciuta dal conduttore la condizione urbanistica dell’immobile locato, il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso dei beni immobili – ovvero alla abitabilità dei medesimi – non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata concreta utilizzazione del bene locato (cfr. Corte Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 23695 del 21/12/2004), in difetto soccorrendo, invece, il rimedio della risoluzione del contratto (cfr. Corte Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 12708 del 25/05/2010)
- se il locatore ha assunto la obbligazione di garantire il pacifico godimento dell’immobile espressamente in funzione della specifica destinazione prevista e concordata in contratto, occorrendo all’uopo una “specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento della idoneità dell’immobile da parte del conduttore”, in tal caso l’impedimento all’esercizio dell’attività svolta dal conduttore per difetto di rilascio del provvedimento di conformità urbanistica della destinazione impressa dalle parti all’immobile, determina il colpevole inadempimento del locatore alla esecuzione della prestazione di godimento derivante dal contratto (cfr. Corte Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 20831 del 26/09/2006; id. Sez. III, Sentenza n. 5836 del 13/03/2007)
- se invece la situazione urbanistica, pur se di ostacolo all’ottenimento delle autorizzazioni o licenze relative all’esercizio dell’attività commerciale da condurre nell’immobile locato, era nota ed è stata consapevolmente accettata dal conduttore, alcuna responsabilità contrattuale potrà gravare sul locatore per la impossibilità di utilizzazione dell’immobile locato in funzione dell’esercizio della predetta attività, in quanto non risulti successivamente autorizzata la modifica di destinazione d’uso (cfr. Corte Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 1398/2011).
I predetti principi sono stati compendiati, da ultimo, nelle più recenti sentenze della Corte, nella statuizione, condivisa dal Collegio, secondo cui «in tema di obblighi del locatore, in relazione ad immobili adibiti ad uso non abitativo convenzionalmente destinati ad una determinata attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione del bene sotto il profilo edilizio – e con particolare riguardo alla sua abitabilità e alla sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale — solo quando la mancanza di tali titoli autorizzativi dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e quindi da non consentire in nessun caso l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, può configurarsi l’inadempimento del locatore, fatte salve le ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi o, di converso, sia conosciuta e consapevolmente accettata dal conduttore l’assoluta impossibilità di ottenerli» (cfr. Corte Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 13651 del 16/06/2014; id. Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 15377 del 26/07/2016).
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