Obbligo della forma scritta e pattuizione degli interessi ultralegali

Con la sentenza n. 8980 depositata il 5 settembre 2017 la Seconda Sezione Civile del Tribunale di Napoli, nella persona del giudice unico Ettore Pastore Alinante si è pronunciata in tema di ripetizione d’indebito a seguito di conto corrente bancario.

Il Tribunale ha condannato la banca convenuta al pagamento della somma di €. 41.141,00 oltre interessi in favore dell’attrice, ma nel ricalcolo dell’esposizione della società correntista il giudice ha tenuto conto tuttavia dell’eccezione di prescrizione formulata dalla banca, ritenendola fondata.

 

I fatti.

Una società, titolare di conto corrente  conviene in giudizio la banca, chiedendo di A) dichiarare che nel corso del suddetto rapporto la banca convenuta ha illegittimamente: applicato tassi d’interesse ultralegali (non pattuiti per iscritto, o comunque non validamente determinati essendo stati pattuiti “uso su piazza”), capitalizzato trimestralmente gli interessi passivi (violando il divieto di anatocismo), applicato la commissione di massimo scoperto (non prevista contrattualmente o non prevista in modo sufficientemente specifico)o comunque capitalizzato trimestralmente la suddetta cms, variato i tassi d’interesse (violandogli artt. 117 e 118 Tub), applicato valute non pattuite a prelievi e versamenti, applicato spese di tenuto conto non pattuite; B) conseguentemente, rideterminare il saldo del rapporto; C) condannare la banca convenuta a restituire alla società attrice la somma illegittimamente percepita di euro 99.891,48, o diversa domma da determinare, oltre rivalutazione ed interessi, anche convenzionali. La banca nel costituirsi ha preliminarmente chiesto di dichiarare prescritta ex artt. 1946 e 2935 c.c. “ogni domanda di interessi debitori e creditori (quest’ultimi ancorché non richiesti)” e in ogni caso irripetibili tutte le rimesse affluite sul conto corrente nel periodo antecedente al marzo 2005; rigettare ogni domanda proposta dall’attrice nei propri confronti perché inammissibile, improcedibile ed infondata; con vittoria delle spese di lite.

Nel corso della istruttoria è stata prodotta documentazione ed è stata espletata consulenza tecnica d’ufficio.

Si deve sottolineare che la società correntista ha sottoscritto due contratti per regolamentare i rapporti per cui è causa, uno il 12/9/2002, “adesione al progetto business”, ed un altro il 23/7/2010, “trasformazione di conto corrente in conto business illimitato”.

Il primo dei contratti, e precisamente quello con cui è stato aperto il conto corrente  non è stato sottoscritto dalla banca.

 

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Qual è la posizione del Tribunale di Napoli?

Il Giudice si adegua a quanto statuito  dalla Suprema Corte nella sentenza n. 10516 del 2016, ove si legge in motivazione: “Tutti i motivi di ricorso sono fondati. Il primo, secondo il quale manca la convenzione scritta per gli interessi, perché ai sensi dell’art. 1284 c.c., comma 3, la costituzione dell’obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale richiede la forma scritta “ad substantiam”, sicché, nel caso di mancata sottoscrizione del relativo patto da parte di entrambi i contraenti, non può ritenersi che un accordo siffatto si sia concluso “per facta concludentia” (Sez. 3, Sentenza n. 3017 del 11/02/2014). Invero, la mancata contestazione degli estratti conto inviati al cliente dalla banca, oggetto di tacita approvazione in difetto di contestazione ai sensi dell’art. 1832 cod. civ., non vale a superare la nullità della clausola relativa agli interessi ultralegali, perché l’unilaterale comunicazione del tasso d’interesse non può supplire al difetto originario di valido accordo scritto in deroga alle condizioni di legge, richiesto dall’art. 1284 cod. civ. (Sez. 1, Sentenza n. 17679 del 29/07/2009).

Ma l’obbligo della forma scritta si applica solo alla pattuizione degli interessi ultralegali?

Ebbene, secondo il Tribunale se tale principio si applica nel caso in cui sia violato l’art.1284, comma 3, c.c., che impone di pattuire per iscritto gli interessi ultralegali, deve applicarsi necessariamente al caso in cui sia stato violato l’art. 117 co. 1 TUB, che impone di stipulare i contratti bancari per iscritto.

Non sono ammesse forme equipollenti e, pertanto, i contratti bancari devono essere sottoscritti da entrambi i contraenti.

Nel caso in esame la firma della correntista è stata apposta su modulo predisposto dalla banca, ma tale circostanza per il Giudice  è irrilevante  perché quel modulo non è stato firmato dall’istituto di credito.

Per ciò che attiene il modulo contrattuale del 23/7/2010, se è vero che lo stesso risulta sottoscritto da entrambe le parti, è altrettanto vero che con esso si intendeva trasformare un conto corrente già esistente, tant’è che si dichiarava non “necessaria la predisposizione di un documento di sintesi”, e soprattutto non veniva specificata alcuna norma contrattuale, precisando solo che “Il presente contratto di trasformazione di conto non determina il cambiamento delle norme del contratto di conto corrente attualmente in vigore”.

Il difetto di forma del primo contratto come incide su quello rinegoziato?

A parere del giudice tale pattuizione non è idonea a determinare il sorgere di un valido rapporto contrattuale, non disciplinando compiutamente il rapporto di conto corrente, poiché la mera trasformazione di un rapporto per difetto di forma, è nulla anch’essa, se non è compiuta con un atto che possieda tutti i requisiti di forma prescritti.

 

La decisione del Tribunale.

Il risultato di tanto è che le somme che l’attrice chiede le vengano restituite sono state addebitate in forza di clausole non validamente pattuite per iscritto e, di conseguenza, il saldo finale del rapporto de quo va ricalcolato escludendo tutti gli addebiti per interessi ultralegali, capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, commissioni di massimo scoperto e valute diverse dalle date delle operazioni.

Tra l’altro osserva il Tribunale che ai sensi dell’art. 127 TUB la nullità prevista dall’art. 117 TUB può essere rilevata d’ufficio dal giudice, a vantaggio del cliente; e che comunque, secondo quando statuito dagli Ermellini con la sentenza n. 15408 del 2016 “Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicché è individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio.

Inoltre, nel corso dell’istruttoria, e nel rispetto del contraddittorio,  le parti hanno  potuto ciascuna argomentare sulla eventualità che il contratto fosse nullo, sia in sede di operazioni peritali, sia successivamente, con le comparse conclusionali.

Nel ricalcolare il saldo, il CTU è partito dal primo dato contabile disponibile che riportava un saldo attivo, applicando quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza n. 9201 del 2015, secondo cui se chi agisce in ripetizione d’indebito a seguito di un rapporto bancario, non produce tutti gli estratti conto a partire da quello iniziale, il ricalcolo del saldo deve partire dal primo estratto conto prodotto.

Il Tribunale di Napoli ha osservato che, la banca convenuta ha tempestivamente eccepito che si sia prescritto il diritto dell’attrice a farsi restituire le somme corrispondenti a rimesse solutorie effettuate dalla correntista più di 10 anni prima della messa in mora, riferendosi ad un elenco di rimesse solutorie depositato quando la banca si è costituita e ritiene tale eccezione validamente formulata.

L’espletata consulenza contabile ha stabilito che più di 10 anni prima che la banca venisse costituita in mora, il conto corrente della società presentava un saldo attivo e, pertanto, per lo meno a partire da tale data le rimesse hanno avuto natura solutoria, ed il termine di prescrizione è cominciato a decorrere.

La conclusione del Tribunale di Napoli è che la banca ha  percepito in buona fede le somme, ex art. 2033 c.c., in quanto sino all’anno 2016 la giurisprudenza di legittimità considerava validamente stipulato il contratto bancario sottoscritto dal solo correntista, al quale la banca avesse dato esecuzione.

 

In linea con la sentenza in commento, sono le  seguenti decisioni:

1)      Tribunale Lanciano sentenza n. 343/2014;

2)      Tribunale Genova sentenza del 15/11/2012;

3)      Tribunale Torino sentenza n. 2238/17;

4)      Tribunale Torino sentenza n. 5006/16;

5)      Tribunale Torino sentenza n. 1365/2016;

6)      Tribunale Udine sentenza n. 286/16;

7)      Tribunale Mantova ord. 5/07/16;

8)      Tribunale Treviso sentenza n. 2634/16;

9)    Trib. Verbania del 29.09.2014;

10)    Trib. Treviso n.550/2016;

11)    Trib. Genova sent. del 23.7.2014;

12)    Trib.  Torino n. 6890/14.

Sentenza collegata

52299-1.pdf 2.17MB

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Avv. De Luca Maria Teresa

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