Stupri, vietato diffondere informazioni sulle vittime

Redazione 22/09/17

Stupri, i media trasmettono troppo

A fronte ai numerosi episodi di violenza sulle donne che riempiono le cronache di questi tempi, il Garante sulla privacy ha sentito la necessità di intervenire, vietando la diffusione di dettagli personali sulle vittime degli stupri attraverso i media, che possano in qualche modo permetterne l’identificazione. A maggior ragione, se la vicenda è avvenuta in una piccola realtà di paese, dove è evidentemente ancor più facile individuarne la protagonista.

Il divieto di diffusione opera anche nel caso in cui i dati siano forniti da fonti ufficiali: i media sono comunque tenuti a non diffonderli, pena la violazione del codice deontologico del giornalista, nonché del codice della privacy e delle norme a tutela rafforzata per le vittime di violenza sessuale.

Privacy e interesse alla notizia

Il codice deontologico dei giornalisti contiene disposizioni che hanno carattere giuridico e che riguardano il trattamento dei dati personali; pertanto, nel diffondere le notizie, non si tratta solo di mantenere un comportamento “meramente corretto”, ma lecito e legittimo, non violando la privacy di chi è coinvolto in fatti al centro delle cronache giornalistiche, come gli stupri.

Il Garante nazionale si è dunque pronunciato in linea con il Garante europeo, Giovanni Buttarelli, il quale pochi giorni fa ha affrontato la stessa tematica. La trasmissione delle notizie deve avere un interesse per la collettività, che deve essere soddisfatto e garantito. Ma tutti quei dati che non aggiungono nulla alla portata della notizia e che non sono indispensabili ai fini informativi, rientrano nella sfera delle circostanze non divulgabili.

 

L’argomento è di forte attualità, in quanto proprio in queste settimane si sta discutendo il decreto che riformerà la disciplina delle intercettazioni; in particolare, pare voglia essere inserito il divieto di trascrizione delle conversazioni che non hanno rilevanza per le indagini nel caso concreto. La disciplina attualmente vigente, al contrario, non prevede distinzioni, disponendo la trascrizione delle intercettazioni in toto (art. 268 c.p.p.). La rilevanza o meno delle stesse viene poi in rilievo nel momento successivo, quando l’autorità pubblica deve decidere se esercitare o meno l’azione penale.

Per approfondire, leggi qui Diritto di cronaca

Redazione

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