Sia il giudice di primo grado Tribunale di Monza che la Corte di Appello di Milano avevano aderito all’orientamento negativo: pur essendo possibile la presentazione con la trasmissione a mezzo posta – avevano affermato -, l’istanza di rimessione sarebbe dovuta comunque pervenire nella cancelleria del giudice entro il termine ex art. 175 c.p.p. di trenta giorni. Irrilevante, invece, doveva ritenersi la circostanza che essa fosse stata spedita entro tale data. In ragione di tanto, avevano dichiarato inammissibile l’istanza di rimessione in termini, che l’imputata contumace aveva spedito a mezzo posta nel rispetto delle prescrizioni temporali, ma che era giunta nella disponibilità della cancelleria una volta che i trenta giorni erano già spirati.
Promosso ricorso per Cassazione, la condannata aveva sostenuto la tesi opposta a questa e cioè l’estensione della disciplina dell’art. 583 c.p.p., in ragione del vincolo strumentale tra rimessione in termini ed impugnazione; aveva, quindi, formulato richiesta di annullamento delle ordinanze di entrambi i gradi del giudizio di merito, con rinvio al giudice di prime cure per la valutazione della istanza di rimessione in termini relativamente alla prova della ignoranza incolpevole circa la pendenza del precedente giudizio ed eventualmente per la celebrazione ex novo del processo.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nella propria requisitoria scritta, aveva concluso, chiedendo ai Giudici di Legittimità di aderire a quest’ultima interpretazione, affermando “il principio di diritto secondo cui la presentazione dell’istanza per la restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175 comma 2bis c.p.p., per il rapporto di strumentalità con l’impugnazione al cui compimento è diretta, è regolata dai principi generali concernenti la spedizione e la ricezione dell’impugnazione stessa ed è quindi tempestiva, in applicazione dell’art. 583 c.p.p., se spedita con raccomandata entro il termine di trenta giorni”.
Riassunti i termini della questione così come posti dalle parti, nella sentenza impugnata la Suprema Corte passa in rassegna le ragioni fondanti i due contrapposti orientamenti.
La tesi maggioritaria è quella che sostiene l’inapplicabilità del 583 c.p.p. alla ipotesi di rimessione in termini. L’ostilità troverebbe giustificazione in primis nella interpretazione letterale e sistematica dell’art. 175 c.p.p., dove il termine “presentazione” in modo chiaro ed inequivoco sarebbe adoperato quando sia richiesta la compresenza fisica del soggetto che presenta e di colui che riceve un dato atto. In via generale, dunque, i sostenitori di questa posizione concludono nel senso che l’istanza in questione non potrebbe essere depositata con mezzi diversi dalla presentazione di persona e nello specifico sarebbe esclusa la possibilità di una sua trasmissione a mezzo posta. Essendo purtuttavia tassative le ipotesi di inammissibilità degli atti per violazione delle forme, ove l’istanza di rimessione in termini fosse comunque depositata utilizzando il sistema postale, la stessa non potrebbe ex se essere dichiarata inammissibile, in mancanza di una espressa sanzione in tal senso da parte del legislatore. La stessa, però, dovrebbe pervenire alla cancelleria del giudice indicato all’art. 582 c.p.p. entro il termine previsto dall’art. 175 c.p.p., essendo l’art. 583 c.p.p. norma eccezionale riferentesi esclusivamente alle impugnazioni e non contemplando il 175 c.p.p. alcun richiamo ad esso.
Per l’opposta posizione minoritaria, invece, l’estensione della previsione di cui all’art. 583 comma 3 c.p.p. troverebbe significanza nel rapporto di strumentalità tra la rimessione in termini e la proposizione della impugnazioni: “dovendosi ritenere possibile la spedizione a mezzo servizio postale dell’istanza, è evidente che addebitare al richiedente il tempo, spesso imprevedibile, necessario al recapito della stessa, comprometterebbe il suo pieno godimento del termine concesso dalla legge e con esso il suo diritto alla difesa”. I sostenitori di questa tesi all’uopo invocano una interpretazione della norma costituzionalmente orientata e rispettosa del principi della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo sul giusto processo.
Secondo i Giudici di piazza Cavour, la soluzione al contrasto deve essere rintracciata nella ratio sottesa alle modifiche apportate all’art. 175 c.p.p. con la riforma del 2005, che ha introdotto il comma 3: superare le criticità del sistema processuale penale, date dalla assenza di un meccanismo effettivo di tutela dei soggetti condannati in contumacia, volto alla riedizione del processo nel rispetto delle prescrizioni degli artt. 6 CEDU e 111 Cost.; criticità che erano state oggetto di puntuali censure da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e che esponevano il nostro Paese a responsabilità per violazione degli obblighi internazionali in tema di giusto processo. Proprio l’evoluzione dell’istituto della rimessione in termini risulterebbe incompatibile con le conclusioni dell’orientamento maggioritario ut supra, che “in contrasto con il principio del giusto processo, [costituirebbero] un ulteriore, concreto ostacolo alla realizzazione, per il condannato assente e non rinunciante, del diritto alla celebrazione di un nuovo giudizio in sua presenza”.
Le Sezioni Unite hanno ritenuto, quindi, di dover condividere la rappresentazione minoritaria, sposando altresì le conclusioni del Procuratore Generale: “l’invio a mezzo posta dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare non è imposto dalla legge”, visto che l’art. 175 c.p.p. parla solo di presentazione, “ma è consentito e, quindi, è frutto di una scelta discrezionale della parte (…) né il mancato rinvio espresso alla disciplina delle impugnazioni può essere interpretato come volontà del legislatore di non applicarla: si tratta piuttosto di un dato neutro”. Inoltre, “non v’è dubbio (…) sulla natura strumentale dell’istanza di restituzione nel termine rispetto alla successiva impugnazione. (…) si tratta della pre-condizione di una impugnazione, che crea un incidente di impugnazione di diretta ed immediata afferenza al sistema delle impugnazioni; un rapporto che giustifica, perciò, dal punto di vista logico, l’applicazione della relativa disciplina.
Non riconoscere l’applicazione della previsione dell’art. 583 comma 3 c.p.p. anche alla istanza di rimessione in termini in vista della impugnazione significherebbe sostanzialmente svuotare di rilevanza la previsione della norma de qua nelle ipotesi in cui, invece, la tutela ad essa sottesa richiederebbe di essere affermata con più decisione. Le Sezioni Unite, hanno concluso, quindi, con l’affermazione del seguente principio di diritto: “ai fini della verifica della tempestività della richiesta di restituzione nel termine a norma dell’art. 175 comma 2bis c.p.p., il giudice, nel caso in cui la richiesta sia presentata a mezzo del servizio postale, deve fare riferimento alla data di spedizione della richiesta”. Hanno precisato, tuttavia, che “la soluzione adottata (…) non determina una arbitraria estensione del concetto di presentazione presente nel codice di rito e non incide, di conseguenza, sulle valutazioni espresse con riferimento alla proposizione di numerose altre istanze o richieste. Per ciascuna di esse verrà quindi valutata, di volta in volta, l’esistenza di un’autonoma ragione di applicazione della disciplina delle impugnazioni”.
In definitiva, al Palazzaccio si è sostenuto che l’analogica applicazione del 583 c.p.p. alla ipotesi della rimessione in termini in tanto è possibile, perché rilievo essenziale ha il vincolo di strumentalità con le impugnazioni. È questa la ragione fondante che invera tutte le altre argomentazioni sulla non esclusività della proposizione della istanza a mezzo presentazione personale, sulla ammissibilità di modalità alternative della istanza ex art. 175 c.p.p. in mancanza di un espresso divieto corredato dalla tassativa sanzione della inammissibilità, sulla irragionevolezza del rischio di decadenza per fattori del tutto estranei alla sfera di controllo del richiedente. In tutte le altre ipotesi in cui, pertanto, il legislatore parli espressamente e solo di “presentazione”, bisognerà valutare se ed in quale misura sia egualmente possibile l’applicazione del disposto dell’art. 583 c.p.p., escluso ogni automatismo.
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