Introduzione
Nell’ ormai lontano 1977, la Convenzione in tema di diligenza bancaria aveva posto in risalto, anche in Svizzera, la spregiudicatezza intollerabile degli Operatori bancari europei, sovente collusi con narcotrafficanti direttamente o indirettamente legati alle Mafie italo-americane ( LOMBARDINI, 2006 ). Ognuno, del resto, recherà memoria degli scandalosi leading-cases Credit Suisse Chiasso, Libano Connection e Pizza Connection. Cosa Nostra, la ‘Ndrangheta e la Camorra, grazie all’ aiuto compiacente degli Istituti Bancari elvetici, riciclavano enormi somme di denaro illecito in attività del tutto insospettabili ed apparentemente conformi al Diritto. Nella Confederazione, dopo l’ entrata in vigore, nel 1990, dell’ Art. 305 bis StGB, BGE 119 IV 59 rivelò all’ opinione pubblica che era ormai tramontato il periodo dell’ usuraio di provincia abituato a nascondere soldi sotto la mattonella. La criminalità organizzata aveva pienamente fatto breccia all’ interno delle Banche e degli Intermediari finanziari atipici. Purtroppo, si tende ad ipostatizzare il profilo del Diritto Penale sostanziale e della Procedura Penale, ma, a livello pratico, le Parti Lese, in sede di applicazione quotidiana dell’ Art. 305 bis StGB, necessitano di un risarcimento materiale dei danni che comporta l’ utilizzo di strumenti rimediali civilistici connessi alla Normativa Penale, ma distinti da un punto di vista tecnico-applicativo e processualistico. A partire dal 1990, i Tribunali Cantonali hanno dovuto affrontare il complesso sistema della responsabilità civile del banchiere responsabile del delitto p. e p. ex Art 305 bis StGB, come dimostrato dal famoso leading-case Banco Popolare di Milano. La cronaca giornalistica e le insulse strumentalizzazioni politiche tendono ad ipostatizzare il ruolo del Ministero Pubblico nel contesto della punizione del riciclaggio, ma, sotto il profilo della Prassi, la Banca o qualsivoglia altro Intermediario temono maggiormente le conseguenze civili legate all’ applicazione della Normativa anti-riciclaggio, come dimostrano BGE 133 III 323, nel 2007, e BGE 134 III 529, nel 2008. Il reato di riciclaggio descritto nello StGB è anzitutto e soprattutto composto da una serie di atti dispositivi di matrice patrimoniale e gli Operatori finanziari sono intimoriti dalle successive conseguenze processual-civilistiche del dispositivo di cui all’ Art. 305 bis StGB, in tanto in quanto l’ Istituto di Credito non ha paura, detto in pratica, né della reclusione né della rieducazione penitenziaria, pur se il Diritto Penale è visibilmente e mass-mediaticamente più importante a livello di impatto emotivo nazional-popolare o televisivo.
L’ Art. 305 bis StGB.
Riciclaggio di denaro
Chiunque compie un atto suscettibile di vanificare l’ accertamento dell’ origine, il ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali sapendo o dovendo presumere che provengono da un crimine o da un delitto fiscale qualificato, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria.
Sono considerati delitto fiscale qualificato i reati di cui all’ Articolo 186 della legge federale del 14 dicembre 1990 sull’ imposta federale diretta e all’ Articolo 59 capoverso 1 primo comma della legge federale del 14 dicembre 1990 sull’ armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni, se le imposte sottratte ammontano a oltre 300.000 franchi per periodo fiscale
Nei casi gravi, la pena è una pena detentiva sino a cinque anni o una pena pecuniaria.
Con la pena detentiva è cumulata una pena pecuniaria sino a 500 aliquote giornaliere.
Vi è caso grave segnatamente se l’ autore
a. agisce come membro di un’ organizzazione criminale
b. agisce come membro di una banda costituitasi per esercitare sistematicamente il riciclaggio.
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realizza una grossa cifra d’ affari o un guadagno considerevole facendo mestiere del
riciclaggio
L’ autore è punibile anche se l’ atto principale è stato commesso all’ estero, purché costituisca reato anche nel luogo in cui è stato compiuto.
Il concetto di << valore patrimoniale >> ex comma 1 Art. 305 bis StGB.
EGGER TANNER ( 1999 ) esorta gli esegeti ad applicare una << nozione larga >> dei lemmi << valore(i) patrimoniale(i) >> ex comma 1 Art. 305 bis StGB. Similmente, ACKERMANN ( 1998 ), GRABER ( 1990 ), DONATSCH & WOHLERS ( 2004 ), TRECHSEL (1997 ), CASSANI ( 1996 ) nonché MOREILLON ( 2000 ) sussumono entro la categoria giuridica del valore patrimoniale ogni bene passibile di una valutazione patrimoniale. A parere di CORBOZ ( 2002 ), sono valori patrimoniali << le cose mobili e immobili, compresi i relativi diritti reali di godimento, i valori materiali e immateriali, il denaro liquido, i fondi sui conto correnti bancari e ogni vantaggio trasformabile in un valore economico realizzabile >>. DONATSCH & WOHLERS ( ibidem ), TRECHSEL ( ibidem ) ed i Lavori Preparatori reputano << valore patrimoniale >>, nel comma 1 Art. 305 bis StGB, qualsivoglia bene economico anche se di scarsa entità ed anche se il beneficiario non reca e non recava la consapevolezza dolosa circa l’ origine illegale dell’ utilità posseduta o usata. Giustamente, VEST ( 2001 ) e SCHMID ( 2007 ) rimarcano che i lemmi << valori patrimoniali >> hanno una valenza semantica molto ampia, e non soltanto materiale, il che vale anche nell’ Art. 69 StGB ( << oggetti [ … ] destinati a commettere un reato o che costituiscono il prodotto di un reato >> ). D’ altronde, l’ istituto della confisca ex Artt. 69 e 70 StGB è imprescindibile nell’ ambito precettivo del riciclaggio di denaro confiscabile ex Art. 305 bis StGB ( EGGER TANNER ibidem, TRECHSEL ibidem, STRATENWERTH & BOMMER 2008 ).
Il concetto di << provenienza criminale >> ex comma 1 Art. 305 bis StGB.
CORBOZ ( ibidem ), DONATSCH & WOHLERS ( ibidem ), STRATENWERTH & BOMMER ( ibidem ), CASSANI ( ibidem ), EGGER TANNER ( ibidem ) nonché MOREILLON ( ibidem ) hanno unanimemente qualificato la provenienza criminale del guadagno ex Art. 305 bis StGB come facente parte del basilare ambito precettivo contemplato dal comma 2 Art. 10 StGB, ovverosia << sono crimini i reati per cui è comminata una pena detentiva di oltre tre anni >>. Anzi, CASSANI ( ibidem ) instaura un parallelo de jure condito tra la BetmG ed il comma 1 Art. 305 bis StGB e non si tratta di una coincidenza, giacché gran parte del denaro illecitamente riciclato proviene dall’ attività dello spaccio e del traffico di sostanze stupefacenti. Egual parere è espresso pure da EGGER TANNER ( ibidem ). In buona sostanza, il paradigma di cui all’ Art. 305 bis StGB concerne reati gravi ( comma 2 Art. 10 StGB ) e non illeciti minori o addirittura bagatellari ( comma 3 Art. 10 StGB ). In maniera altrettanto pertinente, VOUILLOZ (2006) precisa che proviene da un crimine << ogni valore patrimoniale scaturito da un’ infrazione passibile di una pena detentiva della libertà superiore a tre anni e non è richiesto che tale valore patrimoniale serva a commettere un altro crimine >> ( questo concetto, che rinvia all’ Art. 10 StGB è ribadito, in Dottrina, pure da CORBOZ ibidem , EGGER TANNER ibidem , TRECHSEL ibidem e MOREILLON ibidem ). Purtroppo, a volte, la distinzione tra crimini e delitti non è così nitida o automatica e, in effetti, molto dipende dalle interpretazioni utilizzate nel singolo Precedente giurisprudenziale ( TRECHSEL, ibidem ). Ognimmodo, almeno a livello di interpretazione letterale, un valore patrimoniale riciclato ex comma 1 Art. 305 bis StGB è qualificato come proveniente da un crimine allorquando il reato è << criminale >> ex comma 2 Art. 10 StGB, oppure ai sensi di qualunque Norma non codicistica che definisce << crimine >> un determinato reato. Il che vale soprattutto negli Artt. 19 e sgg. BetmG ( CASSANI, ut supra ).
Prudentemente, CASSANI ( ibidem ) è consapevole delle infinite possibilità interpretative, nel senso che la provenienza criminale << va qualificata [ caso per caso ] e comunque bisogna dimostrare che il denaro riciclato proviene da una determinata infrazione criminale >>. Pertanto, con l’ umiltà di ogni esegeta serio, CORBOZ ( ibidem ), senza mezzi termini, dichiara che << la difficoltà maggiore consiste nel provare il legame tra il reato ed il valore patrimoniale >>. Questa difficoltà ermeneutica quotidiana si aggrava soprattutto quando va accertato che / se << l’ atto principale [ del riciclaggio ] è stato commesso all’ estero >> e in presenza o, viceversa, non in presenza di una reciprocità normativa tra lo schwStGB e la Legislazione estera oggetto di controversia ( comma 3 Art. 305 bis StGB. Si veda pure BGE 120 IV 323,328, commentato da TRECHSEL, ibidem e CASSANI, ibidem ). Questi gineprai interpretativi sono imprescindibili e non frutto di sterili elucubrazioni, pur se il risultato è quasi sempre un’ indebita e sgradevole ipertrofia interpretativa della Magistratura, come insegna il caso dell’ Ordinamento italiano .
Un problema frequente e non sufficientemente studiato è quello del tentato riciclaggio criminale o del riciclaggio criminale non pienamente e fattualmente realizzato ( DONATSCH & WOHLERS, ibidem – Si veda pure l’ Art.56 CP italiano e PROSDOCIMI 1993 ). La Dottrina e la Giurisprudenza, a tal proposito, non sono unanimi. BGE 120 IV 323,324 sostiene che << l’ atto criminale da cui proviene il valore patrimoniale [ oggetto di riciclaggio ] deve almeno essere sufficientemente consumato in maniera che il valore patrimoniale sia stato almeno ottenuto >>. EGGER TANNER ( ibidem ), in Dottrina, concorda con BGE 120 IV 323,324, in tanto in quanto << la consumazione rappresenta un’ esigenza logica, poiché il riciclaggio esige la commissione di un crimine antecedente e l’ esistenza [ concreta ] di un valore … se un tentativo criminale o la commissione di atti preparatori punibili non sussistono … raramente si potrà parlare di un valore patrimoniale riciclabile >>. Anzi, secondo CORBOZ ( ibidem ), MOREILLON ( ibidem ), TRECHSEL ( ibidem ) ed EGGER TANNER ( ibidem ), il comma 1 Art. 305 bis StGB è precettivo, sotto il profilo dell’ applicabilità anche se non è o non è più possibile perseguire il reo del crimine antecedente. Dunque, gli interpreti e la Giurisprudenza, tanto cantonale quanto federale, privilegiano la sostanza concreta, l’ oggettività, la fattualità e non gli aspetti formali, che potrebbero gravemente ed eccessivamente limitare la cogenza penalistica dei lemmi << valore patrimoniale>> e <<provenienza criminale >>. Tuttavia, il comma 1 Art. 305 bis StGB non si applica qualora il reato di riciclaggio sia caduto in prescrizione per mancato esercizio dell’ azione penale da parte del Ministero Pubblico ( EGGER TANNER, ibidem – CASSANI, ibidem – DONATSCH & WOHLERS, ibidem – TRECHSEL, ibidem ).
Estremamente complesso è accertare e dichiarare la provenienza criminale del valore patrimoniale << se l’ atto principale è stato commesso all’ estero [ e costituisce o meno ] reato anche nel luogo in cui è stato compiuto >> ( comma 3 Art. 305 bis StGB ). CASSANI ( ibidem ), con grande concretezza, reputa punibile l’ atto principale all’ estero quando l’ AG straniera ha già autonomamente deciso la confisca dei beni. Dal 2009, l’ Art. 26 della Model Tax Convention impone, anche nel Diritto svizzero, la non punibilità dell’ evasione fiscale non aggravata da atti fraudolenti penalmente rilevanti. Questa Prassi è stata accolta dal Consiglio Federale in un comunicato-guida giuridico del 14/03/2009.
Il concetto di << atto >> riciclatorio ex comma 1 Art. 305 bis StGB.
GRABER ( 1990 ), DONATSCH & WOHLERS ( ibidem ), CASSANI ( 2001 ) e VOUILLOZ ( ibidem ) reputano pleonastici i concetti di vanificazione e ritrovamento di cui al comma 1 Art. 305 bis StGB, in tanto in quanto, a livello di Prassi, ciò che conta veramente e praticamente è la confisca e, dunque, a contrario, conta ogni atto riciclatorio che impedisce o ritarda tale confisca. In buona sostanza, senza bizantinismi retorici nel lessico, << il giudice ordina la confisca dei valori patrimoniali che costituiscono il prodotto di un reato o erano destinati a determinare o a ricompensare l’ autore di un reato, a meno che debbano essere restituiti alla persona lesa allo scopo di ripristinare la situazione legale >> ( comma 1 Art. 70 StGB ). Anche a livello giurisprudenziale, BGE 124 IV 274 e BGE 129 IV 238 non distinguono con eccessivo rigore tra l’ accertamento, il ritrovamento e la confisca, giacché l’ essenziale è confiscare, ovverosia sussiste un legame pressoché automatico tra il comma 1 Art. 305 bis StGB ed il comma 1 Art. 70 StGB. A tal proposito, le Motivazioni di BGE 129 IV 238 sostengono, con molto senso della concretezza, che << la confisca include in sé il concetto di ostacolo all’ identificazione ed alla scoperta dell’ origine. Questa conclusione dev’ essere salutata con favore, poiché non ha senso poter riciclare dei valori patrimoniali non confiscabili, visto l’ intimo legame creato dal legislatore tra confisca e riciclaggio >>. Similmente, sotto il profilo dottrinario, CORBOZ ( ibidem ) unifica l’ inutile trinomio linguistico accertamento – ritrovamento – confisca, poiché << non si tratta di ipotesi fondamentalmente differenti e non è raro che il medesimo atto [ riciclatorio ] corrisponda a tutte e tre le definizioni [ ex comma 1 Art. 305 bis StGB ] >>.
Unanimemente e pertinentemente, la Giuspenalistica svizzera reputa che l’ atto riciclatorio ex comma 1 Art. 305 bis StGB è un reato a pericolosità sociale astratta, ovverosia un reato apparentemente “senza vittima“, in tanto in quanto il risultato del riciclaggio non consiste, a livello pratico, in un turbamento diretto e materiale della pacifica convivenza collettiva, sebbene, nel lungo periodo, la fattispecie delittuosa p. e p. dall’ Art. 305 bis StGB rechi all’ auto-distruzione dei normali equilibri macro-economici ( GRABER 2003 – DONATSCH & WOHLERS, ibidem – CASSANI, ibidem – CORBOZ, ibidem – EGGER TANNER, ibidem – STRATENWETH & BOMMER, ibidem – TRECHSEL, ibidem – MOREILLON, ibidem ). Anzi, CORBOZ ( ibidem ) reputa, visto il comma 1 Art. 305 bis StGB, che l’ atto riciclatorio è punibile con la confisca addirittura quando sussiste il semplice fumus boni juris di una potenziale messa in atto futura di condotte illegali, perché << non è necessario che l’ atto considerato abbia già intralciato effettivamente e definitivamente la confisca. E’ sufficiente che, in via putativa, l’ atto riciclatorio [ non ancora consumato ] possa materialmente integrare gli estremi di uno degli effetti previsti dalla legge [ vanificare l’ accertamento, il ritrovamento o la confisca ] >> ( CORBOZ, ibidem ). Del pari, CASSANI ( ibidem ) giudica punibile l’ atto riciclatorio non ancora pienamente consumato ancorché << idoneo ad impedire l’ accertamento dell’ origine, il ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali sapendo o dovendo presumere che essi provengono da un crimine perseguibile da parte delle autorità >>. A livello di ratio, si tratta di una previsione normativa che ricorda quanto a-tipicamente stabilito nell’ Art. 260 bis StGB in tema di atti preparatori punibili. Egualmente caratterizzati da una pericolosità astratta e non ancora fattualizzata sono la messa in pericolo della sicurezza pubblica con armi ( Art. 260 quater StGB ) ed il finanziamento del terrorismo ( Art. 260 quinquies StGB ). Nella Giurisprudenza federale, a titolo esemplificativo, BGE 122 IV 211, BGE 127 IV 20 e BGE 127 IV 26 indicano come astrattamente anti-giuridici, eppur punibili, atti riciclatori apparentemente innocui quali il cambio sistematico di banconote minute con banconote di grosso taglio, il cambio di valuta per cifre elevate, il cambio eccessivo ed anomalo di assegni, cambiali e metalli preziosi, il bonifico sospetto di enormi cifre all’ estero e l’ uso di prestanomi per finalità conclamatamente riciclatorie. In Dottrina, TRECHSEL ( ibidem ) e MOREILLON ( ibidem ) sono favorevoli alle interpretazioni contenute in BGE 122 IV 211, BGE 127 IV 20 e BGE 127 IV 26. Tuttavia, se l’ operazione bancaria o il trasferimento di denaro rimangono nell’ ordinarietà quantitativa, non si può parlare propriamente di atto riciclatorio ex comma 1 Art. 305 bis StGB, giacché la punibilità, sia astratta e potenziale sia oggettiva, dipende molto dalla cifra transata, che solitamente è << una grossa cifra d’ affari o un guadagno considerevole >> professionalmente occultato per sfuggire alla confisca ( lett. c comma 2 Art. 305 bis StGB. Si veda pure BGE 124 IV 274 ). Anche la Banca o comunque l’ intermediario finanziario è punibile se ostacola la confisca di somme non scarse, poiché scambi economici di calibro bagatellare o episodici non sono perseguibili ai sensi del comma 1 Art. 305 bis StGB ).
Chi è / chi può diventare reo di riciclaggio ex comma 1 Art. 305 bis StGB.
Dal punto di vista penalistico, il comma 1 Art. 305 bis StGB ha o dovrebbe avere un reo, una Parte Lesa ed infine un soggetto professionista strumentalmente adibito al riciclaggio, ovverosia l’ intermediario finanziario tipico, coma la Banca, oppure atipico ( un settlor, un trustee, un fiduciario, un prestanome, un gestore di fondi familiari ). Tuttavia, come pocanzi detto, è difficile parlare della collettività come di una Parte Lesa nel senso tradizionale del Diritto Penale sostanziale e processuale. Il che costringe, di nuovo, a configurare il riciclaggio come un delitto connotato da una pericolosità astratta e senz’ altro non comune ed ordinaria ( CORBOZ, ibidem – TRECHSEL, ibidem ).
Il reo, a rigor di logica, può coincidere con la persona fisica responsabile dell’ intralcio alla confisca, ma, secondo la maggior parte degli esegeti, il soggetto imputabile non può essere il cliente dell’ operatore bancario. Per MOREILLON ( ibidem ), potrebbe per assurdo darsi che, alla luce di BGE 120 IV 323, << l’ autore del crimine antecedente al riciclaggio sia anche il soggetto responsabile, ma non ha senso immaginare che il responsabile dell’ antefatto debba segnalare l’ origine criminosa del proprio guadagno >>. Detto in altri termini, secondo CASSANI ( ibidem ), chi ha delinquito deve rispondere soltanto dell’ atto delinquenziale e non del riciclaggio successivo, dal momento che il riciclaggio cade sotto la responsabilità della Banca, in tanto in quanto l’ Art. 305 bis StGB delinea un reato ( bancario / finanziario ) proprio e, pertanto, non commissibile dal cliente che domanda di sottrarsi alla confisca. P.e., nel frequente caso dell’ usura, l’ usuraio persona fisica è un individuo separato dall’ Istituto Bancario che ricicla, poiché la responsabilità penale personale non coincide con quella oggettiva civile, la quale recherà poi all’ obbligo civilistico di risarcire i danni e di restituire il denaro che è stato oggetto di un prestito usurario. La Banca gestisce il patrimonio e non può né deve rispondere del reato che sta alla base dell’ atto riciclatorio.
Dolo, colpa e negligenza nel comma 1 Art. 305 bis StGB.
DE CAPITANI ( 1998 ), in Dottrina, ed i Lavori Preparatori semi-definitivi del 1989 escludono la colpa per negligenza all’ interno del comma 1 Art. 305 bis StGB, stante che << la determinazione del grado di diligenza richiesta sembrava essere un criterio troppo arduo e le difficoltà probatorie erano incompatibili con le esigenze di chiarezza tipiche del diritto penale >> (DE CAPITANI, ibidem ). Anche CORBOZ ( ibidem ) esclude la precettività della negligenza e della colpa semplice, alla luce dell’ inciso legislativo più che esplicito << sapendo o dovendo presumere che provengono da un crimine >> ( comma 1 Art. 305 bis StGB ). BGE 119 IV 242 parla della costante sussistenza del dolo eventuale, in tanto in quanto l’ operatore bancario assume il rischio di riciclare sapendo o dovendo / potendo presumere l’ illegale provenienza dei beni riciclati. Del pari, LOMBARDINI ( ibidem ) parla sempre di dolo eventuale, poiché l’ intermediario << non poteva non sapere >>. In effetti, il cliente richiede sempre e spontaneamente, in caso di riciclaggio, una riservatezza eccessiva, che, in se stessa, è fonte di legittimi sospetti. BGE 119 IV 242 parla di una << situazione di azzardo >>. BGE 119 IV 247 sostiene che il riciclatore, quando è tale, ha un inevitabile sentore di illegalità e << l’ autore [ la Banca ] ha agito conoscendo il rischio che il suo atto crea >>, pur se il bancario non conosce i minuti e precisi dettagli tecnico-giuridici.
La Legge federale svizzera sul riciclaggio ( GwG ).
La GwG reca il considerevole pregio di aver giuridificato la ratio della diligenza bancaria anche nell’ ambito nuovo degli Intermediari Finanziari a-tipici, alternativi alle Banche nel senso tradizionale. Grazie alla GwG, almeno in linea teorica, la nozione di << dubiosen Finanztransaktionen >> è stata estesa a tutti i potenziali riciclatori, compresi quelli contemporanei, che fondano le loro attività prevalentemente sulla base dei trasferimenti transnazionali elettronici. A tal proposito, è basilare l’ Art. 23 GwG, istituente, presso l’ Ufficio Federale di Polizia, l’ Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro. Ex comma 4 Art. 23 GwG, esso segnala alla Magistratura requirente ( rectius : dovrebbe segnalare ) le operazioni finanziarie se ha il sospetto fondato che :
a. sia stato commesso un reato ai sensi degli Artt. 260 ter , 305 bis o 305 ter StGB
b. valori patrimoniali provengano da un crimine o da un delitto fiscale qualificato di cui all’
Art. 305 bis comma 1 bis StGB
-
valori patrimoniali sottostiano alla facoltà di disporre di un’ organizzazione criminale
d. valori patrimoniali servano al finanziamento del terrorismo ( Art. 260 quinquies StGB )
L’ Ufficio di comunicazione informa entro 20 giorni feriali l’ intermediario finanziario circa la decisione di trasmettere o non trasmettere la comunicazione [ … ] ad un’ autorità di perseguimento penale ( comma 5 Art. 23 GwG ). A sua volta, la sorveglianza sugli intermediari è affidata, dal 2009, alla FINMA, alla luce dell’ Art. 98 BV, poiché << la Confederazione emana prescrizioni sulle Banche e sulle Borse [ … ] può emanare prescrizioni sui servizi finanziari in altri settori >>. In maniera sintetica e lodevolmente schematica, il Capitolo 2 della GwG disciplina l’ obbligo di identificazione della controparte ( Art. 3 GwG ), quello di accertamento dell’ avente economicamente diritto ( Art. 4 GwG ), il dovere di rinnovo dell’ identificazione o dell’ accertamento dell’ avente economicamente diritto ( Art. 5 GwG ), gli obblighi di diligenza particolari ( Art. 6 GwG ), l’ obbligo di allestire e conservare i documenti ( Art. 7 GwG ) e, infine, due corollari attinenti ai valori patrimoniali di poca entità ( Art. 7a GwG ) ed ai provvedimenti organizzativi ( Art. 8 GwG ).
Gli obblighi di diligenza particolari ( Art. 6 GwG ).
Art. 6 GwG
L’ intermediario finanziario è tenuto ad identificare l’ oggetto e lo scopo della relazione d’ affari auspicata dalla controparte. L’ entità delle informazioni da raccogliere, il livello gerarchico al quale decidere di avviare o proseguire una relazione d’ affari e la periodicità dei controlli dipendono dal rischio rappresentato dalla controparte.
L’ intermediario finanziario deve chiarire le circostanze e lo scopo di una transazione o di una relazione d’ affari se
a. la transazione o la relazione d’ affari appare inusuale, a meno che la sua legalità sia manifesta.
b. vi sono sospetti che i valori patrimoniali provengano da un crimine o da un delitto fiscale
qualificato di cui all’ Art. 305 bis numero 1 bis StGB, sottostiano alla facoltà di disporre di un’
organizzazione criminale ( Art. 260 ter n. 1 StGB ) o servano al finanziamento del terrorismo
( Art. 260 quinquies cpv. 1 StGB )
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la transazione o la relazione d’ affari comporta un rischio elevato
-
i dati di una controparte, di un avente economicamente diritto o di una persona autorizzata a firmare in una relazione d’ affari o in una transazione coincidono con i dati trasmessi all’ intermediario finanziario dalla FINMA conformemente all’ Art. 22a cpv. 2 lettera c o dalla Commissione federale delle case da gioco conformemente all’ articolo 22 a capoverso 3, oppure sono molto simili a tali dati
Le relazioni d’ affari con persone politicamente esposte all’ estero nonché con persone ad esse legate di cui all’ Art. 2a cpv. 2 sono considerate in ogni caso relazioni d’ affari comportanti un rischio elevato
Le relazioni d’ affari con persone politicamente esposte in Svizzera o con persone politicamente esposte di organizzazioni internazionali, nonché con persone ad esse legate di cui all’ Art. 2a cpv. 2 sono considerate, in presenza di uno o più altri criteri di rischio, relazioni d’ affari comportanti un rischio elevato
Negli Allegati delle Ordinanze applicative sulla GwG FINMA 1 e FINMA 3, il Legislatore svizzero ha precisato la portata precettiva concreta del periodo << vi sono sospetti che i valori provengano da un crimine o da un delitto fiscale qualificato >> ( lett. b comma 2 Art. 6 GwG ). Tali << sospetti >>, nella Prassi bancaria, dipendono da indizi quali il domicilio e la nazionalità dell’ avente economicamente diritto, la natura ed il luogo dell’ attività commerciale del cliente, il tipo delle prestazioni bancarie richieste, la quantità di denaro e degli altri valori patrimoniali transati, la frequenza e la tipologia dell’ alternanza degli addebiti e degli accrediti, gli Stati coinvolti e le relazioni più o meno fitte con persone politicamente esposte nella Confederazione o all’ estero. Si veda, a proposito dell’ origine tecnica dei << sospetti >> ex Art. 6 GwG, l’ esempio illuminante di BGE 133 III 323, in cui un Pubblico Ufficiale africano bonificava a New York i propri guadagni illeciti frutto di concussione e peculato. Giustamente, GRABER ( 2002 ) sottolinea, alla luce dell’ Art. 6 GwG, che << l’ intermediario finanziario deve predisporre una sorveglianza continua ed effettuare dei controlli quando le circostanze lo richiedono [ … ] . Dall’ istante in cui l’ intermediario comincia ad avere qualche dubbio, sull’ origine dei valori patrimoniali o sulla legalità di una transazione, [ … ] deve [ rectius : dovrebbe in teoria ] continuare le proprie indagini per comprendere chi siano i soggetti e quali siano le finalità delle transazioni che gli sono state richieste >>. Terminati gli accertamenti, << l’ intermediario finanziario [ … ] interrompe le trattative per l’ avvio di una relazione d’ affari [ … ] e ne dà senza indugio comunicazione all’ Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro >>( comma 1 Art. 9 GwG ). Chi redige, con molto senso della concretezza, precisa che la Normativa ex Artt. 6 e 9 GwG, in Svizzera, rinviene un’ applicazione gravemente insufficiente, il che nulla toglie alla bontà teorica della vigente GwG elvetica.
L’ obbligo di comunicazione ( Art. 9 GwG ).
Art. 9 GwG – L’ obbligo di comunicazione
L’ intermediario finanziario che
sa o ha il sospetto fondato che i valori patrimoniali oggetto di una relazione d’ affari
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sono in relazione con un reato ai sensi degli Art. 260 ter n. 1 o 305 bis StGB
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provengono da un crimine o da un delitto fiscale qualificato secondo l’ Art. 305 bis comma 1 bis StGB
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sottostanno alla facoltà di disporre di un’ organizzazione criminale
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o servono al finanziamento del terrorismo ( Art. 260 quinquies cpv. 1 StGB )
interrompe le trattative per l’ avvio di una relazione d’ affari a causa di un sospetto fondato di cui alla lettera a
alla luce degli accertamenti svolti secondo l’ Art. 6 comma 2 lettera d ha motivo di presumere che i dati di una persona o di un’ organizzazione trasmessi dalla FINMA, dalla Commissione federale delle case da gioco o da un organismo di autodisciplina coincidono con i dati di una controparte, di un avente economicamente diritto o di una persona autorizzata a firmare in una relazione d’ affari o in una transazione, ne dà senza indugio comunicazione all’ Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro secondo l’ art. 23
Il commerciante che sa o ha il sospetto fondato che il denaro contante utilizzato per una transazione commerciale
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è in relazione con un reato ai sensi degli Artt. 260 ter n. 1 o 305 bis StGB
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proviene da un crimine o da un delitto fiscale qualificato secondo l’ Art. 305 bis comma 1 bis StGB
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sottostà alla facoltà di disporre di un’ organizzazione criminale
ne dà senza indugio comunicazione all’ Ufficio di comunicazione
nelle comunicazioni di cui ai capoversi 1 e 1 bis deve figurare il nome dell’ intermediario finanziario o del commerciante. Il nome degli impiegati incaricati del caso può non esservi menzionato, purché l’ Ufficio di comunicazione e la competente autorità di perseguimento penale possano prendere senza indugio contato con loro.
Non soggiacciono all’ obbligo di comunicazione gli avvocati e i notai che sottostanno al segreto professionale conformemente all’ Art. 321 StGB
ZWIEFELHOFER ( 2007 ) reputa che << l’ Art. 9 GwG è la Norma internazionalisticamente centrale in materia di riciclaggio [ … ] . L’ obbligo di comunicazione fu scelto alla luce del fine della GwG, che è quello, fondamentalmente, di lottare contro il riciclaggio di denaro. Ma la GwG non deve servire soltanto a scoprire e confiscare i valori patrimoniali di origine criminale, bensì anche a consentire di identificare le persone che si nascondono dietro il sistema e di perseguirle e questo è un compito che spetta alla Magistratura [ … ] se gli Intermediari Finanziari non fossero tenuti a bloccare i valori patrimoniali incriminati in caso di sospetto fondato di riciclaggio, la ratio generale di questa legge non sarebbe rispettata >>. Tale è pure il parere, de jure condendo, dello stesso Legislatore svizzero all’ interno dei Lavori Preparatori del 1996 ( Messaggio sulla GwG FF 1996 III 1069 ). Tuttavia, con notevole realismo, LOMBARDINI ( 2008 ) rileva che gli Istituti di Credito elvetici continuano, come prevedibile, a reputare che l’ Art. 9 GwG costituisca << una grave intrusione nella vita privata >>.
WOHLERS & GIANNINI ( 2004 ) criticano negativamente i lemmi << sospetto fondato>> enunciati nelle lett. a, b comma 1 Art. 9 GwG, poiché << la nozione di “sospetto fondato” non è scientifica. I sospetti non coincidono con la certezza. Essi dovrebbero fondarsi sulla base di elementi concreti o di indizi che recano alla scoperta dell’ origine criminale dei valori patrimoniali [ … ] non vengono richieste prove concrete >>. Anche GRABER ( ibidem ) e LOMBARDINI ( 2008 ) parlano di una scarsa potenza ermeneutica del concetto di << sospetto fondato >> nell’ Art. 9 GwG: Mancano i dettagli del sospetto, manca la richiesta dell’ identità delle persone fisiche o giuridiche implicate, manca una contestualizzazione tecnica materialmente e quotidianamente utilizzabile dall’ Operatore bancario, cui è concesso un margine discrezionale ipertrofico che annienta, nei fatti, la precettività del comma 1 Art. 9 GwG. Altrettanto priva di deterrenza è la ridicola ed astratta sanzione penalistica ex Art. 37 GwG ( è – ? – punito con la multa sino a 500.000 Franchi chiunque intenzionalmente viola l’ obbligo di comunicazione previsto dall’ Art. 9 . Chi ha agito per negligenza è punito con la multa sino a 150.000 Franchi ). L’ idolatria maliziosa della privacy è ancora troppo potente nell’ Ordinamento finanziario svizzero.
Il blocco dei beni ( Art. 10 GwG ).
Art. 10 GwG ( Blocco dei beni )
L intermediario finanziario blocca i valori patrimoniali affidatigli che sono oggetto della comunicazione di cui all Art. 9 capoverso 1 lettera a della presente legge o all’ articolo 305 ter capoverso 2 StGB non appena l’ Ufficio di comunicazione gli notifica di aver inoltrato la comunicazione a un’ autorità di perseguimento penale.
L ‘ intermediario finanziario blocca senza indugio i valori patrimoniali affidatigli che sono oggetto della comunicazione di cui all’ Art. 9 capoverso 1 lettera c
L’ intermediario finanziario protrae il blocco dei beni fino a ricevimento di una decisione della competente autorità di perseguimento penale, ma al massimo per cinque giorni feriali a contare da quando l Ufficio di comunicazione gli ha notificato di aver inoltrato la comunicazione nel caso di cui al capoverso 1 o da quando egli ha effettuato la comunicazione nel caso di cui al capoverso 1 bis
WOHLERS & GIANNINI ( ibidem ) sottolineano che l’ Art. 10 GwG estende o, comunque, dovrebbe estendere la propria precettività a tutti i valori patrimoniali depositati dal cliente segnalato, in tanto in quanto l ‘operazione patrimoniale incriminata provoca o provocherebbe la conseguente sospettabilità di tutto il denaro e gli altri beni dell’ utente dell’ Istituto di Credito. DE CAPITANI ( 2002 ) concorda con tale tesi dell’ estensibilità del blocco dei beni, mentre KUSTER ( 2000 ) propone un ‘ interpretazione restrittiva del concetto di valori patrimoniali bloccati ex Art. 10 GwG. Del resto, anche DE CAPITANI ( ibidem ) non nasconde che l’ eccessiva severità normativa dell’ Art. 10 GwG rende la Normativa pressoché inapplicabile a livello di Prassi concreta, in tanto in quanto non è plausibile pensare ad un’ auto-confisca patrimoniale in cui l’ intermediario anticipa contro se stesso i provvedimenti sanzionatori dell’ AG. La ratio auto-lesiva dell’ Art. 10 GwG lo rende una pura ipotesi astratta, giacché il blocco dei beni è, di norma, frutto di una decisione esterna che costringe la Banca per ineludibili motivi ordinamentali e non di matrice privatistica. Altrettanto eccessivamente avulso dalla realtà concreta è pensare ad un’ auto-interruzione << senza indugio >> di ogni rapporto tra la Banca ed il cliente senza l’ intervento esterno della Magistratura. Il senso civico non appartiene certamente ad un ordinario Istituto di Credito. Risibile è pure il cpv. 1 comma 1 Art. 10 a GwG, ai sensi del quale << l’ intermediario finanziario non può informare né gli interessati né terzi di aver effettuato una comunicazione in virtù dell’ Art. 9 della presente legge o dell’ Art. 305 ter comma 2 StGB >> ( testo novellato dalla LF 03/10/2008, in vigore dallo 01/02/2009 )
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