I danni punitivi: profili sostanziali e processuali

Redazione 28/11/17
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Le funzioni della responsabilità civile: reintegratoria/riparatoria e consolatorio/satisfattiva

La funzione preminente della responsabilità civile è quella riparatorio-ripristinatoria.
In senso civilistico per “danno” si intende il pregiudizio che un soggetto subisce per la lesione di un suo interesse giuridicamente tutelato.
Il danno si distingue in:
– patrimoniale, consistente in un pregiudizio economico provocato dall’illecito aquiliano o dall’inadempimento (o inesatto adempimento) dell’obbligazione contrattuale, che si sostanzia in una deminutio patrimonii dovuta alla perdita, alla distruzione o al danneggiamento di un bene, alla necessità
di sostenere spese/costi (danno emergente), oppure alla perdita di un guadagno (lucro cessante). In tale accezione il danno è inteso come modificazione peggiorativa della sfera patrimoniale della vittima dell’illecito;
– non patrimoniale, consistente nella lesione di qualsiasi interesse della persona non suscettibile di valutazione economica. Esso ha natura unitaria e omnicomprensiva, nel senso che il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, biologico, esistenziale,
da perdita del rapporto parentale, ecc.), risponde a esigenze meramente descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno.
Mediante il risarcimento si ha una compensazione economica della “perdita” subita dalla vittima dell’illecito (contrattuale o extra-contrattuale), consistente nella riparazione delle conseguenze dannose dell’illecito stesso. Si tende, in particolare, a ripristinare lo status quo ante, vale a dire le condizioni (personali e patrimoniali) preesistenti al fatto dannoso, attraverso la corresponsione a favore della vittima di una somma di denaro (cosiddetto risarcimento del danno «per equivalente»), laddove la reintegrazione in forma
specifica non sia possibile o risulti eccessivamente onerosa per il debitore.
Per effetto del risarcimento il danneggiato riceve un’utilità sostitutiva e corrispondente al valore delle conseguenze pregiudizievoli subite, andandosi così a ripianare la “perdita”.
Può, in tal senso, affermarsi che il risarcimento del danno assolve una funzione principalmente economica, trasferendo la “perdita” dal soggetto che l’ha subita (danneggiato) a un altro soggetto individuato come responsabile del danno in base a uno dei criteri di imputazione (danneggiante).

I punitive damages e l’imperativo del rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano

I danni punitivi (o esemplari), “punitive (o exemplary) damages”, contemplati dagli ordinamenti di common law, prevedono che, nel caso in cui sussista la responsabilità del danneggiante per dolo (malice) o colpa grave
(gross negligence), venga riconosciuta al soggetto danneggiato un’ulteriore e autonoma posta risarcitoria, oltre a quella funzionale alla compensazione del pregiudizio patito (compensatory damages).
La legge 31 maggio 1995, n. 918, rubricata “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”, all’art. 16, comma 1, esclude la delibazione e l’eseguibilità (c.d. exequatur) nello Stato italiano di una sentenza straniera se gli effetti di quest’ultima sono contrari all’ordine pubblico, da intendersi con riferimento
ai principi fondamentali cui l’ordinamento giuridico italiano si ispira.
La necessità di definire la compatibilità o meno del risarcimento “punitivo” con l’ordinamento italiano, al fine di comprendere se si possa dare esito positivo alla delibazione di sentenze straniere contemplanti la condanna ai punitive damages, è un tema connotato da particolare rilevanza e attualità, stante la posizione assunta recentemente dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza analizzata nel capitolo precedente.

Sul punto, l’assetto dottrinale e giurisprudenziale in continua evoluzione ha reso le fattispecie c.d. sanzionatore previste nell’ordinamento italiano passibili di letture differenti, tali da conferire o meno “il diritto di cittadinanza” ai risarcimenti ultra compensativi.
Alla tesi di chi ritiene che la responsabilità civile debba essere intesa quale volta a sanzionare anche la riprovevolezza in sé della condotta del danneggiante, si contrappone quella di chi sostiene che il risarcimento
del danno non possa assurgere a strumento di sanzione della condotta ma debba rimanere nell’alveo disegnato dalla funzione di compensazione del pregiudizio subito.
Non ci si può esimere dal rilevare, quale debita premessa a quanto di seguito si dirà, che la responsabilità civile, che ha come postulato il libero agire dei soggetti giuridici, trova la propria fonte nel danno e il proprio rimedio nel risarcimento, quest’ultimo inteso quale valutazione di ciò che si sarebbe realizzato se l’evento dannoso non si fosse verificato o perché quel che non doveva accadere è accaduto – nell’ipotesi del danno ingiusto – o perché quel che doveva accadere non è accaduto, nell’ipotesi di danno da inadempimento
o da violazione del contratto.

Possibili conseguenze della sentenza delle Sezioni Unite della Cortedi Cassazione n. 16601/2017 in ambito assicurativo

Premesso che la questione in esame è, a tutt’oggi, in lento divenire, senza che possa ritenersi raggiunto un punto fermo nel percorso di affermazione anche nel nostro ordinamento dei punitive damages, si volga un ultimo sguardo all’umore generale con cui la notizia della sentenza n. 16601/2017 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione è stata accolta nel settore assicurativo, con precipuo riferimento ai possibili risvolti in tale ambito. Esaminando i primi riscontri “a caldo”, successivi alla pubblicazione della pronuncia, è prevalso il convincimento che, almeno allo stato e sino a un intervento da parte delLegislatore, nulla cambierà nello scenario assicurativo italiano.
In particolare, è stato autorevolmente evidenziato(36) come l’atteso arresto delleSezioni Unite abbia tutto fuorché “sdoganato” l’istituto dei punitive damages.
Anzi, a ben vedere e come già posto in luce nei precedenti Capitoli – principalmente quello dedicato all’analisi della sentenza e della vicenda giuridico, fattuale ad esso sottesa –, sono stati rimarcati e implementati i precisi limiti di questo istituto, così come già fatti propri dalla più recente giurisprudenza.
È stato correttamente osservato che, se “(…) il nostro ordinamento non è più ontologicamente in contrasto con l’istituto dei punitive damages, ciò non significa che le sentenze straniere che li dispongono possano essere riconosciute senza alcun limite (…) alla luce di questa apertura della Cassazione, e stante la concorrenza tra i diversi diritti nazionali applicabili in una società sempre più sovranazionale, spetterà invece al legislatore italiano – nell’attuale quadro pongono in luce come “(…) la sentenza 16601 dello scorso 5 luglio, in tema di danni punitivi sembra a prima vista aprire scenari inquietanti per il mercato assicurativo (…)
non è mistero che i player assicurativi attendessero quella sentenza con una certa apprensione e con il timore che il sistema tabellare sancito dagli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni (…) potesse esserne vulnerato (…) vi è chi, erroneamente, ritiene che quei timori fossero davvero fondati e (…) potrebbe sollecitare una spinta liquidativa eversiva, con dilatazione dei compendi posti a carico dei responsabili ed evidente ricaduta sul costo dei sinistri (…) del tutto consapevole del rischio di venir mal interpretata, la sentenza 16601 si affretta, peraltro, a chiarire che la presa d’atto della progressiva infiltrazione nel diritto civile di talune spinte sanzionatorie non deve essere equivocata né presa a pretesto per ‘un incontrollato soggettivismo giudiziario’ (…) insomma, ribaltando la suggestione di partenza, ci sentiamo di affermare che la sentenza 16601 rinforzi l’autonomia oggettiva del sistema risarcitorio della Rc auto; di un sistema ancorato a regole liquidative sistematiche e lontane anni luce da quell’espressa finalità di punizione cui le Sezioni Unite anelano quale condizione necessaria all’esercizio di una qualche funzione sanzionatoria civile (…)
a non dissimili conclusioni ci pare di poter giungere anche in relazione alla nuova gemellare regola assicurativa obbligatoria, introdotta dalla legge Gelli (la 24 del 2017) per la responsabilità sanitaria (…) i riferimenti liquidativi di cui agli articoli 138 e 139 del Cap, richiamati espressamente anche per i risarcimenti da responsabilità sanitaria, sembrano dunque destinati a rimaner fermi (…)”.
Le Sezioni Unite, insomma, parrebbero avere puntualizzato i principi già tracciati dalla Suprema Corte negli ultimi pronunciamenti in materia, dopo decenni di diatribe e “colpi di scena”, non solo in ambito giurisprudenziale, sì da coadiuvare il giudicante nazionale in casi similari.
Del resto, già in passato la questione è stata sottoposta al vaglio critico da parte di autorevole dottrina(38), ogniqualvolta evidenziandosi, al susseguirsi delle pronunce giurisprudenziali degli Ermellini e della Consulta, come in realtà la volontà di attuare un effettivo cambiamento nel nostro Paese fosse
ben marginale, se non pressoché nulla.

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