TFR: come si corrisponde l’assegno divorzile
La Legge stabilisce il diritto ad una quota del TFR maturato dall’ex coniuge a copertura degli obblighi di corresponsione dell’assegno divorzile.
La sentenza del Tribunale di Torino fa stretta applicazione della normativa, stabilendo, dopo oltre dieci anni dalla cessazione del rapporto di coniugio, l’obbligo del marito che ha maturato il TFR, a corrispondere all’ex moglie il 40% della somma.
Invero, il divorzio veniva dichiarato nel 2004, mentre il rapporto di lavoro dell’uomo cessava nel 2014. Per legge, quanto dallo stesso percepito a ben dieci anni di distanza, deve essere imputato, nella misura prevista, ad assegno divorzile e, dunque, corrisposto all’ex moglie.
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La tesi della difesa
Il difensore dell’ex marito, al fine di evitare tale esborso (per la difesa stessa, ingiustificato a così tanto tempo di distanza), aveva qualificato la somma ricevuta non come TFR in senso stretto, avendo il medesimo svolto un mestiere da lavoratore autonomo e non da dipendente. Non poteva dunque parlarsi di vero e proprio trattamento di fine rapporto.
Tuttavia, il giudice del merito ha ritenuto non provata tale circostanza e, pertanto, ha rigettato la ricostruzione operata dall’attore, che è stato condannato a corrispondere, in favore dell’ex moglie, ben 94 mila euro, corrispondenti al 40% del proprio TFR.
La dottrina propugna e auspica un intervento giurisprudenziale, se non normativo, che ponga un limite temporale a tale diritto, il quale, dunque, non potrebbe essere vantato sine die. Una proposta più precisa arriva da quanti sostengono l’utilità dei cosiddetti patti prematrimoniali, i quali sarebbero in grado di disciplinare e risolvere a monte, molte delle questioni che vengono a porsi al momento dello scioglimento del vincolo coniugale.
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