I centri di primo soccorso e accoglienza, ovvero il c.d. “approccio hotspot”
L’analisi delle procedure di presentazione e decisione in via amministrativa delle domande di protezione internazionale deve essere preceduta da una breve ricognizione del trattamento riservato al migrante nel momento in cui approda sulle coste italiane perché, come vedremo, già in quella fase può verificarsi una primissima distinzione tra i c.d. “migranti economici” da avviare alle procedure di allontanamento e richiedenti protezione internazionale, da avviare alle misure di accoglienza, in tal modo ostacolando l’accesso alla protezione internazionale (2).
Occorre subito precisare come questa delicata fase non sia disciplinata da norme di legge in modo esaustivo. Infatti, il 28 settembre 2015 – in attuazione dell’Agenda europea sulle migrazioni – il Ministero dell’interno ha diramato la “Roadmap italiana” (tabella di marcia) con cui si spiega come il Governo intende gestire i flussi migratori che giungono sulle nostre coste; non si tratta di un testo giuridico, quanto piuttosto in una nota d’indirizzo informale, integrata da una circolare ministeriale del successivo 6 ottobre. In buona sostanza si prevede che tutti i migranti vengano fatti sbarcare in appositi centri denominati “centri di crisi” (gli hotspot nel lessico della Com- missione europea) allestiti in prossimità di alcuni porti dell’Italia meridionale.
La domanda di protezione
La domanda di protezione internazionale può essere presentata dall’interessato sia alla frontiera, sia presso la questura del luogo in cui costui si trova al momento di presentazione della richiesta (il riferimento è ovviamente alla dimora di fatto quando, nella maggioranza dei casi, lo straniero sia privo di autorizzazione al soggiorno e quindi, tanto più, di residenza) (4).
La corretta interpretazione della norma (art. 6, c. 1, d.lgs. 25/2008) imporrebbe alle questure di considerarsi competenti sulla base della mera elezione di domicilio del richiedente sul loro territorio di riferimento, almeno riguardo agli stranieri appena giunti in Italia, i quali, prima della formalizzazione della domanda, potrebbero trovarsi nella necessità di essere assistiti e accolti e quindi privi di un’abitazione. In tali casi la richiesta di protezione determinerà in fatto anche il luogo di dimora, coincidente con quello di accoglienza. Ad oggi, alcune questure richiedono una dichiarazione di domiciliazione sottoscritta dal domiciliante, ma si tratta di una prassi illegittima perché contraria a quanto disposto, da ultimo, dall’art. 5, c. 1, del d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142.
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