Le condizioni delle impugnazioni
L’esercizio del mezzo impugnatorio avverso la pronuncia prestata dal giudicante, secondo l’insegnamento formato in seno alla dottrina, rimane condizionato dalla insistenza di due distinti presupposti. Il primo dei quali riguarda la sussistenza della necessaria legittimazione; l’altro, espresso, invece, dalla stessa insistenza di un atto, il quale resti caratterizzato da adeguata idoneità, per essere sottoponibile all’attività impugnatoria della quale si ha cura in questo studio.
Il legislatore del codice di rito ha mancato, in effetti, di prevedere e di regolare l’ipotesi delle conseguenze per le impugnazioni prestate in difetto dei predetti presupposti. Si deve, invero, all’insegnamento dottrinale e del diritto vivente, la conclusione che sposa la tesi dell’inammissibilità delle impugnazioni rese in difetto dei presupposti ai quali si è dinanzi operato rinvio. Il che si ha anche in relazione all’eventualità in cui a mancare sia uno solamente dei requisiti dei quali si è detto.
La legittimazione all’esperimento del mezzo impugnatorio, pertanto, deve annettersi alle parti le quali abbiano prestato partecipazione al giudizio, la cui conclusione abbia partorito la decisione controversa. Analoga legittimazione rimane fissata in capo alle parti rimaste contumaci, essendo mancata la partecipazione di queste stesse al giudizio del quale in ultimo si è fatto richiamo.
Discorso parzialmente diverso deve, invece, articolarsi rispetto ai soggetti che siano rimasti estranei al giudizio medesimo. Per costoro, in effetti, manca la necessaria legittimazione all’esperimento dell’impugnazione, la quale ove proposta rimarrebbe viziata per inammissibilità. Tuttavia, il tema di cui in ultimo è stato concluso dal legislatore processuale con la disciplina dell’ipotesi – la quale è da intendersi in chiave di eccezione – rappresentata dall’opposizione di terzo di cui all’art. 404 c.p.c.
Integrazione del giudizio e rinnovazione della notificazione dell’atto di appello
Il giudice dell’appello, in ragione della norma di riferimento contemplata dall’art. 350 c.p.c., ove ne ricorra la necessità, dispone l’integrazione del giudizio. Altro aspetto del quale avere poi cura è quello che impegna la sfera della rinnovazione della notificazione dell’atto di appello. Al riguardo deve aversi per separato l’aspetto che involge il giudizio prestato in seconde cure, rispetto all’altro di prima lettura.
In relazione a questa seconda categoria di fattispecie, il giudice dispone la rinnovazione della notificazione della citazione, riuscendo fornito del necessario potere, allorché quegli rilevi la sussistenza di un vizio, il quale abbia come conseguenza quello della nullità nella notificazione medesima ex art. 291 c.p.c. Invece, sotto il profilo involgente la procedura dinanzi al giudicante di seconde cure, in ragione della previsione contemplata dal comma 2 dell’art. 350 c.p.c., il giudice attende alla rinnovazione della notificazione dell’atto di appello, allorché tanto occorra.
In altro ambito, poi, segnatamente in relazione al procedimento per con- valida di sfratto, la rinnovazione della notificazione resta data, anche ove risulti oppure appaia probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione medesima, ex art. 663, comma 1, stesso codice di rito.
I motivi di ricorso per Cassazione
Vale preliminarmente rammentare come i provvedimenti che si prestino a sottoposizione all’esercizio dell’azione rimediale dinanzi alla Corte di legitti- mità si raccolgano essenzialmente nelle tre distinte categorie rappresentate: dalle sentenze la cui pronuncia sia occorsa per opera della Corte di merito; dalle pronunce rese dal tribunale, quale giudice del gravame rispetto alle sentenze prestate dal GdP; dalle sentenze pronunciate in unico grado di giudizio; dai provvedimenti, infine, i quali, nonostante manchino di avere forma propria di sentenza, possiedono, nondimeno, contenuto decisorio, restando altresì definitivi, in quanto tali non soggetti a diversa forma di controllo e neppure sottoponibili ad altro processo in sede civile ex art. 111 Cost.
Atteso ciò, deve rilevarsi come il ricorso proposto in sede di legittimità costituisca esperimento di mezzo, il quale è definito articolato secondo una rigida veste. Una tale conclusione si trae essenzialmente dalla peculiare mo- dalità con cui esso può essere offerto. In particolare, si sottolinea come la proposizione del ricorso dinanzi alla Corte suprema possa rendersi, in ragione dei soli motivi che la norma di riferimento, l’art. 360 del codice di rito – di cui già si è avuto modo di delineare i relativi contenuti in altra parte di questo volume –, ha la relativa cura della loro puntuale definizione.
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