Le problematiche derivanti dall’accatastamento dei fabbricati rurali ed ex rurali, per quanto riguarda il riflesso delle medesime sull’Imposta Comunale sugli Immobili si stanno appalesando molteplici e variegate.
Appare conveniente quindi, in via assolutamente preliminare, procedere alla disamina della normativa coinvolta:
l’art. 9 del D.L. 30 Dicembre 1993 n. 557 convertito in L. 26 Febbraio 1994 n. 133 (Istituzione del catasto dei fabbricati);
il R.D. 08 Dicembre 1938 n. 2153 (Approvazione del regolamento per la conservazione del nuovo catasto terreni);
il R.D.L. 13 Aprile 1939 n. 652 (Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano);
il D.P.R. 01 Dicembre 1949 n. 1142 (Approvazione del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano);
il D.P.R. 26 Ottobre 1972 n. 650 (Perfezionamento e revisione del sistema catastale);
il D.M. 02/01/1998 n. 28 (Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale);
il D.P.R. 23 Marzo 1998 n. 139 (Regolamento recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali, a norma dell’articolo 3, comma 156, della L. 23 dicembre 1996) ;
il D.P.R. 30 Dicembre 1999 n. 536 (Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998 n. 139, concernente la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali);
il D. Lgs. 30 Dicembre 1992 n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
La problematica nasce, in effetti, dal disposto dell’art. 9 del D.L. 30 Dicembre 1993 n. 557 convertito in L. 26 Febbraio 1994 n. 133 che impone, ai fini di realizzare l’inventario del patrimonio edilizio, l’iscrizione di tutti i fabbricati nell’archivio catastale.
Pertanto appare evidente – dall’analisi del primo comma di detto articolo – che tutti i fabbricati debbono essere iscritti negli archivi catastali.
Tuttavia l’iscrizione negli stessi non comporta, ipso facto, la perdita dei requisiti di ruralità dei fabbricati.
La medesima norma, infatti, prevede che:
il catasto in cui i fabbricati debbano essere iscritti – il catasto edilizio urbano – cambi nome, da catasto edilizio urbano a catasto fabbricati;
i fabbricati rurali iscritti in detto archivio mantengano la qualificazione di ruralità.
Il primo problema da risolvere, pertanto, è quello inerente l’eventuale perdita della ruralità.
Si deve pertanto verificare se continuino a sussistere i requisiti di cui alle lettere da a) a e) dell’art. 9 del già citato D.L. 557/93 ovvero la condizione prevista dal comma 3 bis od ancora dal comma 4 del medesimo art. 9.
Nel concreto si dovrà verificare:
se il fabbricato è posseduto dal soggetto titolare del diritto di proprietà o da altro diritto reale o da affittuario del terreno o da altre situazioni specificatamente previste.
l’immobile deve essere utilizzato, quale abitazione, dai soggetti di cui al punto precedente, sulla base di un titolo idoneo, od utilizzato da dipendenti di attività agricole a tempo indeterminato od assunti a tempo determinato ma per non meno di cento giornate
il terreno a cui il fabbricato è asservito deve avere una superficie non inferiore a 10.000 mq ed essere censito al catasto terreni con attribuzione di specifico reddito agrario. La superficie da considerare a tale scopo è ridotta a mq 3.000 se il terreno è utilizzato per coltivazioni intensive o culture specializzate in serra o per la funghicoltura.
il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto conduttore del fondo deve essere superiore alla metà del suo reddito complessivo. Da tale reddito devono essere esclusi i trattamenti pensionistici erogati a seguito di attività svolta in agricoltura. Nel caso di terreni montani tale proporzione è ridotta, dal 50%, al 25%. Per coloro che non presentano la dichiarazione I.V.A. il volume di affari deve essere assunto pari al limite massimo previsto per l’esonero dalla presentazione della dichiarazione.
che il fabbricato non sia, comunque, riconducibile alle categorie catastali A/1 od A/8 ovvero non possa essere definita abitazione di lusso ai sensi del D.M. 02 Agosto 1969 (Lavori Pubblici)
Deve essere altresì riconosciuta la caratteristica di ruralità alle costruzioni strumentali alle attività agricole di cui all’art. 29 del T.U.I.R..
Tale caratteristica deve essere riconosciuta anche alle costruzioni strumentali all’attività agricola destinate alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli, alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte per l’attività produttiva ed anche ai fabbricati destinati ad attività agrituristica.
Si deve appena notare che, ai sensi del comma 4 dell’art. 9 del D.L. 30 Dicembre 1993 n. 557 – fermi restando i punti da a) ad e) sopra citati – anche al fabbricato non insistente sul terreno oggetto di conduzione, purché sia comunque ad esso asservito e solo se terreno e fabbricato siano ubicati nello stesso comune o in comuni confinanti, deve essere riconosciuta la caratteristica di ruralità.
Il R.D.L. 13 Aprile 1939 n. 652 “Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano” costituisce una delle norme base per la creazione e la gestione del catasto urbano.
L’art. 3 di detta norma determina la modalità fondamentale di iscrizione (rectius accertamento generale) dell’immobile urbano nell’archivio catastale medesimo. Essa avviene a mezzo di dichiarazione scritta presentata da:
proprietario o legale rappresentante (nel caso di minori od incapaci)
dal legale rappresentante dell’ente morale
dal rappresentante legale delle società commerciali
dal legale rappresentante nel territorio nazionale per le società estere
dall’associato, nel caso delle associazioni
dal condomino per i condomini
Si nota, quindi, come la modalità fondamentale rimanga la dichiarazione esplicita presentata dal soggetto che, in base alla legge, è obbligato a presentarla.
Gli articoli 4 e 5 del medesimo provvedimento chiariscono quali siano gli immobili urbani che, in base alla norma, sono da ritenere soggetti ad accertamento.
Sulla base di detti articoli appare evidente come la distinzione tra fabbricati rurali e fabbricati urbani sia fondamentale per tutta la gestione catastale e come essa non possa essere assolutamente eliminata senza snaturare completamente la natura e la valenza stessa della struttura catastale che, è bene ricordarlo, è nata ed opera in quasi esclusivamente a fini fiscali
Da quanto contenuto nell’art. 5 del R.D.L. 652/39 si può desumere, a contrario, che non sono unità immobiliari urbane tutte quelle che, di per se stesse, non sono atte a produrre un reddito proprio.
In tale definizione debbono farsi rientrare, quindi, gli immobili rurali che pertanto non sono atti a produrre – per definizione – di per se un reddito proprio.
La lettera a) del comma 2° dell’art. 6 del R.D.L. 652/39 conferma tale interpretazione.
Non sono infatti soggetti all’obbligo di dichiarazione (ovvero di iscrizione al catasto urbano) i fabbricati rurali già censiti nel catasto terreni.
Tale norma è infatti pienamente compatibile con l’interpretazione data: essendo il fabbricato rurale parte integrante del fondo coltivato esso non può produrre un reddito (né da un punto soggettivo né dal punto di vista oggettivo) qualora sia considerato separatamente dal fondo a cui è vincolato e destinato. Per contro quell’immobile già rurale capace di produrre un reddito in maniera distinta ed autonoma rispetto al fondo a cui era vincolato ha indubbiamente perduto i requisiti di ruralità e, pertanto, deve essere dichiarato per l’iscrizione al catasto urbano.
Unica eccezione a tale principio quella prevista dal comma 4 dell’art. 9 del già citato D.L. 557/93 che, specificatamente, mantiene la qualifica inerente la ruralità a quei fabbricati utilizzati per agriturismo.
Conforme a tale interpretazione appare il disposto del D.P.R. 01 Dicembre 1942 n. 1142.
Gli articoli 38 e 39 di detto provvedimento normativo riprendono, sostanzialmente, il contenuto precedentemente esaminato illustrando il R.D.L. 652/39.
E’ confermato, infatti, l’esclusione dall’accertamento (ovvero dall’obbligo di iscrizione) per i fabbricati rurali.
Viene inoltre meglio definita dall’art. 39 la definizione di fabbricato rurale.
Viene definito, quindi, un ambito oggettivo e soggettivo per quanto attiene al possesso dei requisiti di ruralità.
Dal punto di vista soggettivo, il fabbricato, per poter essere definito rurale, deve essere destinato ad essere asservito ad un terreno; oltre a questo, da un punto di vista oggettivo, l’uso che ne deve essere fatto deve essere riconducibile a quello abitativo di chi direttamente conduce il fondo (od a ciò riconducibile) od all’uso di ricovero per attrezzi o di scorte materiali od ancora di animali oggetto di allevamento sul fondo.
Si deve evidenziare come tale esplicazione non sia assolutamente contrastante ed anzi conforme a quante novellato nel comma 3 bis dell’art. 9 del D.L. 30 Dicembre 1993 n. 557 convertito in L. 26 Febbraio 1994 n. 133.
Nel complesso della normativa vigente deve essere necessariamente valutato l’impatto del D.P.R. 23 Marzo 1998 n. 139 “Regolamento recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali, a norma dell’articolo 3, comma 156, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”
L’art. 1 della norma in questione “Norme per l’accatastamento” prevede che, per i fabbricati rurali si applichino le disposizioni per la conservazione del catasto terreni mentre, per le costruzioni già censite al catasto terreni che abbiano perso i requisiti di ruralità e per le nuove unità prive di detti requisiti, si applichino le disposizioni per la conservazione del catasto edilizio urbano.
Come è noto le disposizioni del comma 1 dell’art. 1 del D.P.R. 139/98 sono state sostituite dalle previsioni contenute dall’art. 1 del D.P.R. 30 Dicembre 1999 n. 536. Lo stesso provvedimento ha, contestualmente, soppresso il comma 2 del medesimo articolo e riformulato il contenuto del comma 6.
La nuova formulazione dell’art. 1 del D.P.R. 139/98 rinvia, pertanto, al contenuto del D.M. 02 Gennaio 1998 n. 28 (Finanze) e, precisamente, all’art. 5 titolato “Norme generali di conservazione”.
La lettura dello stesso articolo porta a concludere che le norme tecniche da applicare per le iscrizioni dei fabbricati che mantengono i requisiti di ruralità siano quelli inerenti le procedure gestionali del nuovo catasto urbano..
Rimane in vigore, per la sola produzione ed aggiornamento della cartografia, ai sensi dell’art. 25 del D.M. 02/01/1998 n. 28, la normativa sul catasto terreni.
Tuttavia la lettera c) del già citato art. 1 del D.P.R.. 536/99 (che ha sostituito il previgente comma 6 dell’art. 1 del D.P.R. 139/98) inserisce un’ipotesi di deroga a detta procedura consentendo, fino al 31/12/2000 l’effettuazione della procedura di accatastamento con le procedure previste per il nuovo catasto terreni.
Non si può però omettere di ricordare che tutte queste normativa non hanno mai, in alcun modo, modificato il disposto del comma 1 dell’art. 9 del già citato D.L. 557/93 ovvero che, prescindendo dalle modalità tecniche di accatastamento e rappresentazione nell’archivio de catasto fabbricati come nella cartografia territoriale ad esso inerente, i fabbricati rurali debbano mantenere detta qualificazione.
Si deve rilevare, infine, come le circolari ministeriali abbiano, di fatto, confermato l’impostazione fin qui esposta.
Si può, brevemente, riassumere le principali tra le varie circolari e risoluzioni emanate nel tempo del Ministero delle Finanze:
Circolare n. 3 del 29/01/1991
Risoluzione n. 257 del 17/03/1994
Circolare n. 192 del 13/07/1995
Circolare n. 96 del 09/04/1998
Circolare n. 87 del 31/05/1999
Circolare n. 18 del 09/02/2000
Circolare n. 50 del 20/03/2000
Tutte gli atti sopra citati confermano che, per i fabbricati che mantengono i requisiti di ruralità, detta qualifica deve essere mantenuta e considerata valevole a tutti gli effetti.
In maniera inequivocabile si esprime, inoltre, l’ultima delle circolari citate, la n. 50 del 20/03/2000 nel senso che la redditività assegnata ai fabbricati deve essere considerata come esclusivamente come potenzialità di reddito autonomo e non effettivo reddito da intendersi ad esso afferente.
Pare corretto ritenere, per quanto detto in precedenza ed in relazione all’esplicito richiamo all’art. 2 del D.P.R. 138/98 fatto dalla circolare, che tale disposto si applichi, in realtà anche ai fabbricati non direttamente insistenti sul terreno ma comunque strutturalmente e funzionalmente ad esso collegati in virtù dell’attività agricola svolta.
Quest’ultima considerazione porta, pertanto, a definire inequivocabilmente quale sia il corretto trattamento degli immobili ai fini dell’Imposta Comunali sugli Immobili.
Dal combinato disposto dell’art. 1 e 2 del D.Lgs. 504/92 infatti si evince che:
la base imponibile dell’imposta è costituita dal valore dei seguenti immobili:
Fabbricati
Aree fabbricabili
Terreni agricoli
Per fabbricato deve intendersi l’unità immobiliare iscritta o da iscriversi nel catasto edilizio urbano
Per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio
Per terreno agricolo si intende il terreno adibito all’esercizio delle attività di cui all’art. 2135 c.c..
Si deve notare che, nel 1992, al momento dell’emanazione della norma non esisteva ancora il concetto di catasto fabbricati ma esistevano esclusivamente i concetti di catasto urbano e catasto terreni e che l’iscrizione del fabbricato rurale al catasto fabbricati è solo una diversa modalità di rappresentazione della preesistente iscrizione al catasto terreni non potendosi identificare il catasto fabbricati con il catasto urbano .
Pertanto si deve necessariamente concludere che:
L’elencazione di cui all’art. 1 comma 2 della L. 30 Dicembre 1992 n. 504 rappresenta un vero e proprio elenco tassativo di oggetti di imposta
Tra questi oggetti non è previsto il fabbricato rurale.
Quindi, per tale via, si deve concludere che il fabbricato su cui permane il requisito di ruralità non è soggetto ad Imposta Comunale sugli Immobili.
Tuttavia, visto il disposto dell’art. 5 del D. Lgs. 504/92 si potrebbe opinare che, essendosi in presenza di una rendita assegnata, l’imponibilità sussiste comunque (e con l’ulteriore condizione di definire equivalente ad una iscrizione all’ex catasto edilizio urbano l’attuale iscrizione al catasto fabbricati di un fabbricato a tutt’oggi rurale).
In tal caso, però, non si può non considerare l’esplicito dettato della circolare 50/2000 sopra menzionata.
La rendita assegnata a tale tipo di fabbricati è meramente “potenziale” (anche ai fini fiscali) e non sussiste finché l’immobile permane rurale
Pertanto, in tal caso, la rendita rilevante ai fini del calcolo della base imponibile dell’imposta dovrebbe essere considerata pari a zero (poiché nulla in quanto già considerata in quella dei terreni a tali immobili collegati).
Si potrebbe quindi al più prospettarsi una deficienza di tipo formale (perché non incidente sull’imposta) in sede di dichiarazione o della denuncia di variazione.
Tale conclusione appare tuttavia aberrante in virtù di quanto esposto sopra (mancanza di coincidenza tra catasto fabbricati e previgente catasto urbano) e, fondamentalmente, comunque non sanzionabile: ciò in quanto l’accatastamento (da cui potrebbe farsi scaturire l’obbligo di dichiarazione) è onere di legge ma è obiettivamente quanto meno incerto l’eventuale collegato obbligo di ulteriore dichiarazione ai fini I.C.I.. e, pertanto, vi è quantomeno un’obiettiva situazione di incertezza.
Uno dei concreti problemi operativi che si porranno tuttavia sarà quello, stante la attuale mancanza di specifica indicazione di ruralità dei fabbricati abitativi (il problema non si pone per quelli accatastati sub voce D/10) degli eventuali avvisi di accertamento che, le amministrazioni comunali si troveranno ad inviare ai contribuenti per immobili effettivamente rurali.
Dalle circolari sopra citate, infatti, traspare il riporto dell’indicazione di pendenza di riconoscimento di ruralità a livello cartografia ma non si esplicita il comportamento tenuto dall’Ufficio del Territorio in merito alle risultanze delle visure.
Per di più pare che gli uffici delle Entrate (per quanto attiene alle imposte dirette e di registro) rilascino certificazione di ruralità ai fini reddituali dei fabbricati esclusivamente su supporto cartaceo al contribuente e senza ulteriore trasmissione dell’informazione agli uffici del Territorio.
E’ da augurare che tale informazione sulla ruralità sia trasmessa, automaticamente, dall’ufficio delle entrate a quello del territorio per un pronto aggiornamento della base dati catastale e per l’emissione di visure riportanti l’informazione sulla ruralità del fabbricato.
Tutto ciò, ovviamente, per evitare a priori l’emissione di avvisi di accertamento non dovuti da parte delle Amministrazioni Comunali che, in modo del tutto incolpevole, sarebbero altrimenti portate (ed anzi tenute) ad inviare ai contribuenti.
Qualora ciò non avvenga l’Ufficio Comunale può:
senz’altro accettare la certificazione cartacea rilasciata al contribuente
esclusivamente ai fini I.C.I. accertare per ogni singolo anno, sulla base dei requisiti previsti dalla legge e sulla base della documentazione prodotta dal contribuente, la sussistenza dei requisiti di ruralità per i fabbricati.
Ciascuna delle due ipotesi sopra menzionate porterebbe, necessariamente, all’annullamento (o modificazione con cassazione della parte riferentisi ai fabbricati riconosciuti rurali) dell’eventuale avviso di accertamento emesso
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