Compenso avvocati: casi di riduzione
Ci sono ipotesi in cui il compenso degli avvocati deve essere ridotto della metà. La Corte di Cassazione è intervenuta in materia di eredità e assistenza legale a favore degli eredi, con la sentenza n. 1749 dello scorso 24 gennaio. In particolare, il giudice di legittimità ha chiarito che gli eredi sono chiamati a corrispondere all’avvocato i compenso per l’attività prestata prima del decesso del de cuius; infatti, successivamente, non può più parlarsi di debito ereditario e agli stessi non può essere chiesto un pagamento in forza della loro qualità di eredi.
Il caso di specie: serve un nuovo mandato
Qualora gli eredi decidano di proseguire un’azione, in seguito alla morte del de cuius, all’avvocato viene conferito un nuovo mandato e, dunque, non può più sorgere un debito ereditario. Diversamente, per le attività espletate dal Professionista dopo il decesso del proprio cliente, l’erede risponderà nei limiti del mandato conferito a proprio nome, o da solo ovvero unitamente agli altri coeredi, che abbiano conferito anch’essi il proprio mandato all’avvocato. Tale conferimento pare non essere avvenuto nel caso di specie, dove la Cassazione, in applicazione del principio suesposto, ha riconosciuto all’avvocato il pagamento parziale della propria parcella, in relazione alle attività espletate prima del decesso del proprio cliente.
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La pronuncia della Suprema Corte: illegittima estensione di responsabilità
Nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, i giudici di legittimità hanno affermato che richiedere agli eredi il pagamento delle attività espletate successivamente al decesso del cliente comporterebbe un’illegittima estensione della responsabilità degli eredi, qualora non vi fosse la prova del conferimento di un mandato in tal senso. In altre parole, in assenza di tale incarico, verrebbe richiesto agli eredi di rispondere di debiti ereditari non maturati in capo agli stessi, sulla base di una trasposizione ingiustificata dei piani di responsabilità.
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