I limiti alla produzione della corrispondenza riservata
Il Consiglio Nazionale Forense ha chiarito l’ambito di operatività dell’art. 28 del Codice deontologico forense, che sancisce il divieto di produzione, nell’ambito di un procedimento giudiziario, della corrispondenza riservata scambiata dall’avvocato con i colleghi. Nel caso specifico, il Professionista produceva in giudizio una lettera, dallo stesso sottoscritta e espressamente qualificata come riservata personale e non producibile, contenente gli accordi in corso con la propria controparte. Ricorreva dunque il COA, rilevando la violazione del dovere di lealtà e correttezza previsto dalla richiamata norma deontologica.
Il Professionista rilevava che il contenuto era noto alle parti e che riguardava un accordo intercorso prima dell’intervento dei rispettivi difensori e, dunque, non aveva natura transattiva. Inoltre, la dicitura della non producibilità era stata apposta arbitrariamente dall’avvocato che, in egual modo, avrebbe potuto revocarla.
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La sanzione dell’avvertimento
Il COA di appartenenza non ha condiviso le osservazioni dell’avvocato, irrogando la sanzione dell’avvertimento, che veniva poi confermata dal CNF in sede di ricorso dello stesso professionista. L’art. 28 del codice deontologico stabilisce che “non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualificate riservate e comunque la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate con i colleghi“. Quindi, si prescinde dal contenuto transattivo della comunicazione, essendo vietata la produzione della lettera riservata in sé. Peraltro, il nuovo art. 48 ha rafforzato tale previsione. Inoltre, deve considerarsi che, nel caso di specie, è stato lo stesso redattore a produrre la lettera in giudizio e non la controparte: ciò rende ancor meno plausibili le argomentazioni del professionista, specialmente in relazione all’asserita possibilità del mittente di revocare la non producibilità del documento.
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