Costruzione sul suolo comune: la comproprietà è automatica?
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta in materia di costruzione sul suolo comune da parte del comproprietario del fondo, con la sentenza n. 3873 pronunciata il 16 febbraio scorso. In particolare, il giudice di legittimità si sono espressi in relazione all’art. 934 c.c. affermando che, nel caso di costruzione realizzata da uno dei comproprietari, la costruzione stessa diviene per accessione di proprietà comune a tutti i comproprietari. L’accessione non opera solo nel caso in cui venga stipulato un contratto, il quale deve essere redatto per iscritto ai fini della sua validità, con cui si realizzi il trasferimento della proprietà o si costituisca un diritto reale sul fondo.
Inoltre, le Sezioni Unite aggiungono che il consenso manifestato dal comproprietario non costruttore, alla realizzazione della costruzione stessa, gli preclude il cosiddetto ius tollendi, vale a dire il diritto di richiedere la separazione tra suolo e costruzione. Da quanto affermato discende che, in assenza di un contratto traslativo del diritto di proprietà o costitutivo di un diritto reale minore, i comproprietari sono tenuti a rimborsare, proporzionalmente alla propria quota, le spese sostenute dal costruttore per la realizzazione dell’opera.
L’accessione verticale e il rapporto tra accessione e comunione
Nell’affrontare il caso di specie, la Suprema Corte compie una premessa circa la fattispecie dell’accessione, la cui regola prevede che il proprietario del fondo diviene proprietario altresì di tutto ciò che accede al fondo stesso, quando il congiungimento è stabile; in particolare, nel caso di cessione verticale, è la legge che individua a priori la cosa principale (il suolo) e quella accessoria (la costruzione), per cui la proprietà si estende all’infinito in linea verticale.
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In relazione al rapporto tra accessione e comunione, si sono sviluppati due orientamenti. Il primo sostiene la compatibilità delle due figure, per cui l’accessione opererebbe anche nelle ipotesi in cui il suolo sia si proprietà di più soggetti. Il secondo orientamento è quello più recente e afferma che l’accessione opera solo nei casi di costruzione su fondo altrui, vale a dire nelle ipotesi in cui il costruttore sia un terzo e non lo stesso proprietario. Le Sezioni Unite, tuttavia, ritengono che la disciplina vigente non precluda l’operatività dell’accessione qualora il costruttore sia (com)proprietario; invero, la norma prescinde totalmente da chi sia o quale sia la qualità del costruttore, se terzo o meno. Nondimeno, l’accessione può operare nei casi di comunione del suolo, tant’è che l’alienazione del suolo comporterà l’alienazione di quanto vi è acceduto. Il rapporto tra accessione e comunione, chiarisce la Corte, non è di genus a species e, dunque, non vi è alcuna deroga alla disciplina della prima da parte della seconda.
Peraltro, affermare che in forza della costruzione da parte di un comproprietario, gli altri comunisti perdono il proprio diritto sul suolo, comporterebbe una forma di esprorpriazione privata, del tutto incompatibile con i principi del nostro ordinamento.
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