(Ricorso dichiarato inammissibile)
Orientamento confermato.
Il fatto
Con sentenza n. 780 del 15/10/2015, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Enna con la quale l’imputato è stato condannato per i reati p. e p. ex art. 570 c.p., comma 2, n. 2, e L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12 sexies (capo B) per avere fatto mancare, non versando l’assegno mensile stabilito dal Tribunale i mezzi di sussistenza alle figlie minorenni e così costringendo la loro madre a provvedere da sola alle primarie esigenze delle figlie.
I motivi addotti nel ricorso in Cassazione
Avverso il suddetto provvedimento, ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato attraverso la formulazione dei seguenti motivi: a) violazione dell’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, e vizio di motivazione, avendo affermato la responsabilità del ricorrente, trascurandone la mancanza di sufficiente disponibilità di risorse economiche, e violazione della L. n. 898 del 1970, art. 12 sexies (sono così compendiati i primi 5 motivi del ricorso); b) violazione dell’art. 157 c.p.p. e art. 161 c.p.p., comma 2, per essere il reato ex art. 570 c.p. estinto per prescrizione (sesto motivo di ricorso erroneamente indicato come settimo); c) per vizio di motivazione circa la sussistenza di un danno per la parte civile (settimo motivo di ricorso).
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto infondati questi motivi ritenendo che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la giurisprudenza consolidata in relazione a quanto prospettato in queste stesse doglianze.
Per un verso, difatti, a fronte di una giurisprudenza costante secondo la quale lo stato di bisogno di un figlio minorenne, presunto dalla legge, non è eliso dal fatto che alla erogazione dei mezzi di sussistenza provveda l’altro genitore, perchè persiste comunque l’obbligo di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento dei figli minorenni (così: Sez. 6, n. 46060 del 22/10/2014, Rv. 260823; Sez. 6, n. 2736 del 13/11/2008, dep. 2009, Rv. 242854; Sez. 6, n. del 14/04/2008, Rv. 240558), la Corte ha osservato come l’imputato, dal canto suo, si sia limitato a versare una somma di gran lunga inferiore a quella da lui dovuto.
Per altro verso, sempre secondo quanto rilevato dai giudici di legittimità ordinaria in questa pronuncia, a fronte di tale stato di fatto, l’imputato, avendo l’onere di allegare gli elementi da cui desumere la sua impossibilità di adempiere alla obbligazione – senza che basti la dimostrazione di una mera flessione degli introiti o la generica allegazione di difficoltà (Sez. 6, n. 8063 del 8/02/2012, Rv. 25242) perchè l’impossibilità deve essere assoluta e integrare una situazione di persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti (Sez. 6, n. 33997 del 24/06/2015, Rv. 264667), non ha provveduto a far ciò atteso che la mera produzione da parte sua di documenti per dimostrare che, dopo il suo licenziamento, non era riuscito a trovare lavoro seppure inserito nelle graduatorie e per provare la sua indigenza, era inidonea a questo scopo in quanto priva di qualsiasi contenuto attestativo dell’asserita incapacità reddituale dell’imputato in relazione al periodo dedotto in contestazione.
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Anche per quel che riguarda l’altro reato contestato, ossia quello previsto dall’art. 12 sexies della L. 1 dicembre 1970, n. 898, la sua fondatezza è stata riconosciuta nella pronuncia qui in commento sulla scorta di quel consolidato filone interpretativo alla stregua del quale questo illecito penale è integrato dal mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto (Sez. 6, n. 44086 del 14/10/2014, Rv. 260717; Sez. 6, n. 3426 del 05/11/2008, dep. 2009, Rv. 242680).
Inoltre, anche per quel che riguarda l’asserita prescrizione del reato invocata dal ricorrente, detta causa estintiva non è stata ritenuta sussistente non essendo maturato il lasso temporale richiesto per la sua configurabilità.
Infine, per ciò che inerisce l’ultima questione trattata nel ricorso proposto ossia quella concernente la motivazione in ordine al danno patito dalla parte civile, la Cassazione ha rilevato, da un lato, che il dedotto vizio di motivazione circa la sussistenza di un danno per la parte civile non risulta oggetto di appello, dall’altro lato, che, in ogni caso, il Tribunale si è limitato a condannare al risarcimento del danno (che sta nello stesso inadempimento delle obbligazioni civilistiche da parte dell’imputato) rimettendone la quantificazione al giudice civile.
Conclusioni
Nel rilevare come in detta decisione si faccia un buon governo dei criteri ermeneutici che la stessa Cassazione ha elaborato in subiecta materia, e segnatamente in relazione alla necessità che ambedue i genitori provvedano al sostentamento del proprio figlio e al fatto che l’impossibilità di far ciò deve essere assoluta e integrare una situazione di persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti, siffatta sentenza pone tuttavia serie criticità in ordine al modo attraverso il quale un imputato accusato del delitto di cui all’art. 570 c.p. possa adeguatamente difendersi.
Il punto è infatti di capire quale onere probatorio possa considerarsi sufficiente affinchè venga dimostrata detta impossibilità.
Nel caso di specie, l’imputato aveva comunque prodotto documentazione da cui evincersi il fatto che lui non era riuscito a trovare un lavoro pur essendo inserito nelle graduatorie delle liste di collocamento ma ciò non è stato ritenuto sufficiente.
Si pone dunque il problema, eminentemente applicativo, di capire che prova possa considerarsi sufficiente per escludere la sussistenza di un reato di questo genere.
Orbene, ad avviso di chi scrive, potrebbe rispondere a questo fine la produzione di documentazione attestante come l’imputato abbia fatto colloqui di lavori ma senza esito favorevole atteso che detti documenti potrebbero dimostrare la volontà di reperire le risorse economiche necessarie per far fronte ai propri obblighi verso i figli.
Resta comunque il dubbio della sussistenza, perlomeno nella fattispecie in esame, dell’elemento psicologico del delitto in oggetto.
Se difatti la documentazione prodotta dall’imputato poteva non ritenersi sufficiente per dimostrare la sua oggettiva impossibilità di adempiere, la medesima avrebbe potuto comunque essere ritenuta sufficiente per dimostrare come il medesimo non aveva agito per violare gli obblighi di assistenza familiare a cui costui era tenuto (perlomeno questa è l’opinione di chi scrive).
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