L’iniziativa economica privata: possibile la risarcibilità sui generis del ritardo nell’azione amministrativa “dovuta”

Il principio in materia di attività d’impresa si argomenta dalla sentenza del T.A.R. Lombardia- Milano Sez. IV 16-01-2017 n. 86, decisa il 15 dicembre 2016.

Il quesito unitario, oggetto del provvedimento del Collegio amministrativo, è stabilire l’an et il quantum debeatur in caso di danno da azione della Pubblica Amministrazione ovvero se un privato, anche sotto forma di società, possa chiedere ed ottenere un risarcimento per la condotta tenuta da un Ente pubblico territoriale.

Nella fattispecie, una s.r.l., proprietaria di un’area già destinata ad attività di cava con finalità di recupero, in forza di apposito piano-cave provinciale, presentava domanda di autorizzazione alla coltivazione, ottenendo i pareri favorevoli della Soprintendenza e della Regione: quest’ultima, peraltro, escludeva il progetto di escavazione dall’assoggettamento alla v.i.a. La s.r.l. trasmetteva, quindi, al Comune la bozza della convenzione da sottoscrivere: la Provincia, però, emanava diniego di autorizzazione alla sottoscrizione di tale atto, stralciando inoltre l’area dal piano-cave, con adeguamento dello strumento urbanistico generale da parte del Comune. Successivamente, però, a seguito di sentenza d’appello, peraltro a conferma di quella di primo grado, la Provincia rilasciava, dopo quattro anni ed otto mesi dall’istanza, l’autorizzazione, subordinandone però l’efficacia alla presentazione di garanzie patrimoniali, previste dalla legge regionale, presso il Comune: la s.r.l., pertanto, trasmetteva bozza di due fideiussioni rilasciate da una società avente sede in Romania. Nelle more, però, la Regione approvava una nuova legge con cui sospendeva l’efficacia del piano-cave fino all’approvazione a mezzo v.a.s.: così, la Provincia avvisava la s.r.l. della sospensione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione stessa. Successivamente, nelle more del giudizio per il risarcimento-danni, il Consiglio regionale deliberava il nuovo piano-cave provinciale da cui, però, l’area veniva stralciata.

I principali elementi sui quali focalizzare, almeno prima facie, l’osservazione sono: sul piano procedurale,  se la Provincia o la Regione possa approvare uno strumento pianificatorio in subiecta materia; sotto il profilo formale, se si possa rilasciare un provvedimento “condizionato” ovvero differendone l’efficacia; se la nuova legge regionale possa produrre effetti sull’autorizzazione già rilasciata; in termini sostanziali, se debba trascorrere un tempo minimo per poter chiedere il risarcimento nei confronti di una P.A.; se il nuovo piano-cave possa produrre effetti sull’autorizzazione nonchè sul richiesto risarcimento.

In subiecta materia, dunque, vanno richiamati gli artt. 2, 4, 5, 9, 32, 41, 97 e 117 Cost., 1223, 1277, 2043, 2055 e 2056 c.c. nonchè 327 c.p.c. e 30 c.p.a.

In primis, va ricordato che l’attività imprenditoriale, anche quando configurabile come privata, produce sempre effetti “ultra” ovvero non meramente privatistici: in tal senso, essa può essere qualificata, almeno astrattamente rectius virtualmente, come semi-pubblicistica o “pseudo”-civilistica.

Sul punto, quindi, è da notare l’applicabilità del codice civile alla condotta di un Ente pubblico e, cioè, anche nei riguardi della P.A., della fattispecie dettata in tema di responsabilità aquiliana.

Segnatamente, pubblicisticamente, l’illegittimità della condotta di una P.A. si configura, tra l’altro, in caso di palese/inescusabile violazione delle norme, difetto di motivazione, eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, errore nel richiamo/nell’applicazione di principi di legge.

Civilisticamente, però, non è sufficiente la commissione di un danno: è necessario, infatti, che esso sia risarcibile e tale ultimo concetto/presupposto si collega, in via derivata, direttamente a quello di lesività.

Il pregiudizio patrimoniale ex art. 2043 c.c. si identifica, in particolare, nell’ingiustificata inibitoria, nel nesso tra danno e condotta P.A. e nella colpa.

A riguardo, va sottolineato che sono risarcibili i danni-conseguenza diretta ed immediata dei provvedimenti annullati.

Più precisamente, è lesivo soltanto ciò che è imputabile alla P.A.: quindi, il risarcimento ben può essere circoscritto e, dunque, l’eventuale colpa della controparte s.r.l. non annulla la condotta, appunto, colposa della P.A.

In altri termini, il nocumento possiede una propria autonomia e non è unitario: le condotte (della srl e della P.A.) sono, quindi, scindibili.

Focalizzando sulla condotta della P.A., va notato che il rilascio dell’autorizzazione è avvenuto soltanto a seguito di provvedimento giurisdizionale: ciò, quindi, non assorbe la lesività del relativo ritardo. L’entità del danno deve, quindi, essere rapportata al guadagno che sarebbe stato ottenuto, dal privato, in caso di esercizio della cava nonché al volume massimo commerciabile ed alla destinazione finale dell’attività.

Nel merito, cioè, secondo il T.A.R. ambrosiano la fascia di risarcibilità da porre a carico della P.A. va dal momento dell’adempimento a quello dell’inadempimento e, cioè, dalla trasmissione della bozza di convenzione sino alla sentenza passata in giudicato, con cui è stata riconosciuta l’illegittimità del mancato esercizio dell’attività d’impresa, per terminare nel momento della colpa ravvisabile nel ritardo, da parte della stessa s.r.l., nel deposito delle garanzie ex lege.

Infine, va ricordato che il termine procedurale decadenziale per la richiesta di (eventuale) risarcimento è di 120 giorni, decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza e non dal momento in cui il fatto si è verificato o dalla conoscenza del provvedimento.

De iure condito, l’attività d’impresa è tutelata sia sul piano privatistico che su quello pubblicistico e, pertanto, è suscettibile di essere oggetto di nocumenti ma tale diritto non elide l’adempimento dei correlativi obblighi ad hoc previsti ex lege.

Sono, dunque, indifferenti la finalità della cava, la ragione sociale della ditta e che trattasi di sentenza emessa in appello e peraltro a conferma del primo grado.

In conclusione, (anche) in tema di rapporti tra P.A. e privati, i principi codicistici in materia di responsabilità gravano su tutte le parti coinvolte, a prescindere dalla differente configurazione giuridica: pertanto, ai fini dell’eventuale risarcimento in caso di danno, è necessario accertare e valutare, per tutte le parti, la condotta concretamente posta in essere, anche in termini di dinamiche “causa-effetto”.

 

Prof. Avv. Basso Alessandro Michele

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