La conclusione del contratto

Redazione 09/07/04
di Flavio Rivellini

Ai sensi dell’art.1321c.c. : “Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.”. Sin dalla definizione di contratto, il codice civile pone l’accordo delle parti in posizione prevalente e sovraordinata nella formazione del contratto; il concetto viene ribadito dall’art 1325 che, nell’elencare i requisiti del contratto la cui mancanza produrrebbe nullità dello stesso, pone l’accordo delle parti al primo posto tra i requisiti del contratto. Per conclusione del contratto deve intendersi il perfezionamento dell’accordo, posto che il contratto si definisce come l’accordo fra le parti. Perché il contratto sia concluso, secondo la giurisprudenza, occorre che sia stato raggiunto l’accordo sull’insieme dei suoi elementi, tanto quelli principali che per quelli secondari. In alcune ipotesi  l’accordo può essere raggiunto gradatamente.

 Per il Bianca, fino a quando rimangono in discussione elementi del contratto, questo deve ritenersi non concluso sia che si tratti di elementi principali sia che si tratti di elementi secondari, salvo che le parti abbiano inteso l’accordo già raggiunto come definitivo e vincolante. In nessun caso il contratto può dirsi concluso se gli elementi ancora in discussione non siano determinabili. Funzione storica e probatoria della fase delle trattative è riconosciuta alla cosiddetta minuta o puntuazione del contratto. Con essa le parti intendono  documentare “l’accordo” raggiunto su alcuni punti senza che la stessa abbia efficacia inter partes vincolante rappresentando solo un accordo parziale e quindi provvisorio. La minuta, per Bianca, indica invece la conclusione del contratto quando è un documento provvisorio destinato ad essere trascritto in altro documento o ripetuto in forma pubblica, ma contenente il testo definitivo dell’accordo con la sottoscrizione delle parti.

Nella sentenza n. 3158/94 la Cassazione ha precisato che nella nozione di puntuazione rientrano sia i documenti che contengono intese parziali in ordine al futuro regolamento d’interessi (c.d. puntuazione di clausole), sia i documenti che predispongono con completezza un accordo negoziale in funzione preparatoria del medesimo (c.d. puntuazione completa di clausole). Queste due categorie di minute presentano una diversità di regime probatorio, nel senso che, nel secondo caso, la parte, la quale intenda dimostrare che non si tratti di un contratto, deve superare una “presunzione semplice” di avvenuto perfezionamento contrattuale. E’ tuttavia indubbio che anche un documento regolante con completezza un assetto negoziale può essere soltanto preparatorio di un futuro accordo potendosi dimostrare l’insussistenza di una volontà di accordo negoziale. Il relativo accertamento,dunque, si traduce nella ricostruzione della volontà effettiva delle parti; interpretata secondo i criteri di cui agli artt. 1362 ss., con la conseguenza che, ove risultino rispettati i criteri giuridici di ermeneutica contrattuale, l’indagine sul punto implica un apprezzamento demandato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione immune da vizi logici (Cass. 7857/1997- nella sentenza de quo,infatti, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1321 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cpc, non contestando i principi enunciati dalla corte di merito in ordine alla nozione di minuta, ma sostenendone l’esiguità e l’incompletezza).

Attribuendo alla puntuazione completa il rango di presunzione iuris tantum di perfezionamento contrattuale, commenta il D’Aquino a proposito della 3158/1994, si supera la precedente giurisprudenza, secondo la quale lo schema della presunzione riguarda solo la prova ed è estraneo al campo delle manifestazioni tacite i volontà (Cass. 3351/1980).In relazione alla proposta ed all’accettazione, Santoro Passatelli introduce il discorso osservando che il negozio può essere  costituito dalla dichiarazione di un solo soggetto o da più dichiarazioni. In questo secondo caso le dichiarazioni non costituiscono altrettanti negozi giuridici, ma elementi di un singolo negozio, da considerare atti prenegoziali.

 Per il Santoro Passarelli gli esempi più significativi della categoria della prenegozialità, sono costituiti proprio dalla proposta e dall’accettazione che intervengono in sede di formazione del contratto.

Per il Di Majo sia la proposta che l’accettazione non costituiscono atti negoziali, ma dovendo costituire i futuri elementi formativi del contratto, dovranno essere sorrette da capacità di contrarre e da un libero consenso.

 Per il Carresi, proposta ed accettazione sono atti negoziali anche perché l’indagine che deve compiere l’interprete per accertare s vi sia stata, e quale sia stata, una comune intenzione delle parti si risolve “nell’interpretazione delle dichiarazioni o più in generale dei comportamenti di ciascuna di esse”.

Per il Bianca, proposta ed accettazione non sono atti giuridici prenegoziali, non sono negozi giuridici unilaterali, ma costituiscono dichiarazioni contrattuali, sono dichiarazioni che integrano il contratto in formazione. Se proposta ed accettazione, separatamente considerate, non sono produttive di effetti contrattuali, ciò risponde semplicemente al fatto che esse sono manifestazioni di consenso,dirette ad integrarsi e perfezionarsi nell’accordo. In particolare, la proposta è un atto che conferisce al destinatario il potere di perfezionare una determinata fattispecie contrattuale, e l’accettazione è l’atto di esercizio di tale potere.

Si osserva che il silenzio, quale comportamento omissivo è inidoneo a perfezionare l’accordo che richiede invece l’incontro positivo della volontà delle parti. L’accordo può perfezionarsi in presenza di un comportamento silente quando sia la legge ad attribuire il valore di consenso all’iniziativa del soggetto ovvero allorquando si è in presenza del cosiddetto “silenzio circostanziato”, ossia del silenzio accompagnato dalle circostanze tali da renderlo significativamente sintomo rivelatore dell’intenzione della parte. Secondo la giurisprudenza (Cass.5363/97) che il silenzio acquisti valore di negozio dipende da una situazione contingente e variabile, secondo l’ambiente storico, il costume e la coscienza sociale. In altre parole il silenzio può essere reso significativo, obbiettivamente, da una consuetudine prevalente in una cerchia sociale; oppure, soggettivamente, da una certa pratica invalsa.

 Il contratto plurilaterale si conclude con l’incontro di tutte le parti “interessate”. L’interesse va  valutato oggettivamente nel senso di stabilire quando la partecipazione di un soggetto possa considerarsi essenziale. Alla proposta ed all’accettazione, comunque le si consideri, non sono  applicabili,essendo atti unilaterali, il criterio ermeneutico della comune intenzione e del comportamento complessivo delle parti, è applicabile il criterio ermenutico dell’interpretazione complessiva dell’atto stabilito dall’art. 1363. si parla di invito a trattare ove dalla proposta non emerga alcun destinatario. La proposta deve avere carattere di “completezza”, intendendosi per tale l’adeguatezza del suo contenuto a che si possa costituire quel determinato contratto, per suo mezzo. La proposta deve rivestire la stessa forma richiesta dalla legge per il contratto alla cui conclusione è predisposta. Il termine di efficacia di una proposta contrattuale va poi distinto da quello di irrevocabilità della proposta stessa. Il primo indica il lasso di tempo entro il quale deve pervenire a proponente la relativa accettazione(1326); il secondo (1329) è volto a fissare i limiti di durata di quell’ulteriore e specifica manifestazione di volontà necessaria affinché una semplice proposta contrattuale acquisti anche il suddetto eccezionale carattere di irrevocabilità. L’accettazione deve essere conforme alla proposta su tutti i punti di questa senza distinzione fra punti essenziali e secondari, altrimenti valrebbe come nuova proposta. Sia dottrina che giurisprudenza danno una lettura particolarmente rigida dell’art. 1326 u.c. che non va derogato con riguardo a quegli accordi contrattuali che si rivelino conclusi per dettare, modificandolo, il regolamento dei rapporti aventi la fonte in precedenti convenzioni (Cass. 4274/94).

 Nel contratto per adesione, la mancata accettazione, da parte dell’aderente, della totalità delle clausole negoziali, impedisce il perfezionamento del contratto. L’accettazione a mezzo di telegramma seguito dalla frase “segue lettera” deve intendersi come una formulazione di riserva, sufficiente ad impedire la conclusione del contratto. L’accettazione con la clausola “salva approvazione della casa” deve considerarsi sospensivamente condizionata dalla stessa.

 Proposta ed accettazione perdono efficacia se il proponente o l’accettante muore o diviene incapace prima della conclusione del contratto.

 Nei contratti reali, la conclusione è data con la tradizione alla controparte dell’oggetto del contratto: comodato, mutuo, deposito, pegno ecc. Prima della consegna non c’è un contratto, ma solo uno dei due elementi della fattispecie complessa (consenso+traditio) di cui è formato il contratto reale. La dottrina si domanda se la conclusione del contratto debba essere oggetto di una particolare disciplina.

Il Di Majo sostiene che il raggiungimento dell’accordo è un dato di fatto che di per sé non avrebbe bisogno di alcuna previsione giuridica se non nella dimostrazione che l’accordo è stato raggiunto. Nulla quaestio se le parti del contratto sono presenti, ma il problema giuridico si pone rispetto al “contratto concluso fra distanti”. Importante è il DLgs. 185/99 relativo alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza che dà la definizione di contratto a distanza, consumatore, fornitore ecc.

In tema di conclusione del contratto sono utilizzabili tre regolae iuris: 1) principio dell’emisione, quando il destinatario acquista conoscenza ed esprime l’assenso; 2) principio della spedizione, quando l’accettante spedisce l’accettazione; 3) principio della ricezione, quando l’accettazione giunge all’indirizzo del proponente accolto dal 1326.

A fondamento della scelta per la ricezione, osserva Di Majo, vi è l’elevazione dell’accordo a “mitico consenso”; solo nel momento in cui chi ha fatto la proposta, abbia effettiva conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, si può ritenere raggiunto un comune sentire ossia l’in idem placitum consensus delle fonti. Per evitare difficoltà, il legislatore ha introdotto,art. 1335, una presunzione di conoscenza nel momento in cui la dichiarazione giunge all’indirizzo del destinatario. In tal modo risulta ridimensionato il principio della conoscenza in favore di quello della conoscibilità. Lo scopo è rendere più agevole la conclusione del contratto facendola dipendere da un fatto oggettivo. In alternativa al procedimento basico, il codice predispone dei submodelli di formazione contrattuale come per le condizioni generali del contratto disciplinate dall’art. 1341c.c. .

Ormai la dottrina afferma che le norme del codice sono rivolte a disciplinare il contratto in quanto “procedimento” capace di generare obbligazioni tra le parti e rispondenti all’esigenza di determinare un punto di equilibrio tra i contrapposti interessi delle parti adottando una serie di pesi e contrappesi(Gorla) in cui la posizione favorevole fatta ad una delle parti viene di volta in volta compensata con dei sacrifici. Ad esempio proposta ed accettazione hanno una differente disciplina in tema di revoca. Infatti la revoca della proposta si attua attraverso la semplice emissione  della relativa dichiarazione che ha effetti prima che tale revoca giunga a conoscenza della controparte. La finestra di opportunità di modifica è più ampia per il proponente che per l’accettante.

E’ Gorla ad elaborare questa lunga teoria dei pesi e contrappesi contrattuali che viene condivisa dal Rescigno. Per tale autore, le regole degli artt.1326 e 1328 incontrano attenuazioni e deroghe nel sistema. Così è quando la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, sicchè il contratto è concluso nel tempo e nel luogo dell’”iniziata esecuzione” (art. 1327). Il secondo comma prevede che l’accettante debba dare prontamente avviso all’altra parte dell’iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuta al risarcimento del danno. La responsabilità per i danni di cui al 1327, comma 2, è di natura contrattuale ed i danni risarcibili corrispondono a quelli che il proponente ha subito per non aver avuto notizia della conclusione del contratto. La legislazione comunitaria è intervenuta spesso sulla tematica della conclusione del contratto. Ad esempio , il recesso nei contratti stipulati dai consumatori fuori dai locali commerciali ha costituito campo di prova del neoformalismo comunitario. Il recesso assume una funzione di prolungamento  del termine concesso al consumatore per la revoca della propria dichiarazione.

Il contratto preliminare è il contratto mediante il quale le parti si obbligano a concludere un successivo contratto, detto definitivo. Il contratto preliminare, quindi, pone un obbligo a contrarre di fonte convenzionale. Non è disciplinato in modo specifico e particolareggiato dalla legge, ma la normativa applicabile si può desumere dalle disposizioni sul contratto in generale. Effetto del contratto preliminare è di obbligare le parti a manifestare il consenso idoneo a perfezionare il contratto definitivo: esso ha, quindi, un’efficacia obbligatoria. L’attuazione della prestazione finale è, invece, subordinata alla stipulazione del definitivo.

Si ha opzione quando le parti convengono che una di esse (concedente) rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra (opzionario) abbia la facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile  per gli effetti previsti dall’art. 1329. Rispetto alla proposta irrevocabile l’opzione si distingue sotto molteplici aspetti, discendenti dalla struttura blaterale: la proposta irrevocabile, per la sua unilateralità, è gratuita, al contrario l’opzione prevede il pagamento di un premio; l’opzionario può prima dichiarare di non voler esercitare il diritto e poi esercitarlo, mentre in caso di proposta irrevocabile al rifiuto consegue la revocabilità della proposta.

Il codice non regolamenta la prelazione volontaria, che si ha quando un soggetto promette ad un altro di preferirlo,  a parità di condizioni, rispetto a terzi qualora in futuro decida di addivenire ad una certa contrattazione.

 Il contratto preliminare, il contratto d’opzione e la prelazione volontaria sono tutte ipotesi di formazione progressiva del consenso.

Redazione

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