Si atteggia alla stregua di documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, senza sostituirsi a quest’ultima, ma rappresentandone un supporto per la valutazione di congruità, onde trarne prova che l’impresa è in grado di perseguire utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653).
Il PEF, quindi, non può essere tenuto separato dall’offerta in senso stretto (non potendosi configurare come mero supporto dimostrativo della semplice fondatezza dell’offerta stessa – sì che un’eventuale sua imprecisione sia suscettibile di soccorso istruttorio volto a sanarne il contenuto deficitario – ).
Esso costituisce un elemento essenziale della proposta contrattuale, poiché consente l’apprezzamento (sul piano della sostenibilità finanziaria) della congruenza dell’offerta e, dunque, l’affidabilità della sintesi in essa contenuta: un vizio intrinseco del PEF – come quello di un riferimento temporale diverso dallo stabilito – si riflette dunque fatalmente sulla qualità dell’offerta medesima e la inficia.
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