Quando l’etilometro è inattendibile
È ormai noto come il codice della strada sanzioni severamente l’illecito di guida in stato d’ebbrezza. Tuttavia, capita spesso di interrogarsi su quali siano le reali conseguenze dell’illecito in esame e se esistano effettivamente degli espedienti idonei ad invalidare gli esiti dei controlli effettuati dalle autorità competenti. La risposta, che sembra emergere da diverse pronunce giurisprudenziali, risulta affermativa. Ma procediamo per gradi.
Per completezza, è opportuno analizzare prima quali sono le diverse fattispecie che integrano il reato di guida in stato d’ebbrezza e, successivamente, procedere con una valutazione circa le caratteristiche dell’etilometro e le ipotesi di invalidità di quest’ultimo.
Reato di guida in stato d’ebbrezza
Il reato di guida in stato di ebbrezza, nell’ordinamento italiano, è punibile ai sensi degli artt. 186 e 186 bis del codice della strada, sanzioni che, chiaramente, variano a seconda della quantità di alcol nel sangue individuata tramite i rispettivi controlli, nelle seguenti modalità:
- con una sanzione amministrativa da € 532 a € 2127 e la conseguente sospensione della patente di guida da 3 a 6 mesi, qualora venga accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l);
- con l’ammenda da € 800 a € 3200, la sospensione della patente da 6 mesi ad 1 anno e l’arresto fino a 6 mesi, nel caso in cui venga individuato un tasso alcolemico superiore a 0,8 e inferiore a 1,5 g/l;
- con l’ammenda da € 1500 a € 6000, la sospensione della patente di guida da 1 a 2 anni e con l’arresto da 6 mesi ad 1 anno, se il tasso alcolemico risulti accertato in misura superiore a 1,5 g/l.
È esclusa l’applicabilità degli artt. 186 e 186 bis del codice della strada nell’ipotesi di guida in stato d’alterazione psicofisica, dovuta all’assunzione di medicinali o sostanze stupefacenti, disciplinata invece dall’art. 187 del medesimo codice.
Etilometro e i limiti evidenziati dalla giurisprudenza
Come è noto, lo strumento tramite il quale le autorità competenti, durante i controlli stradali, accertano il tasso alcolemico dei conducenti di veicoli, nell’immediatezza, è il c.d. etilometro, in grado di determinare la quantità di alcol nel sangue, sulla base della quantità di alcol nell’aria, con una misurazione in grammi su litro (g/l). Il controllo tramite etilometro viene effettuato due volte, a distanza di cinque minuti l’una dall’altra.
Nonostante l’attendibilità di questo tipo di accertamento possa, a primo impatto, apparire categorica, da alcuni anni la giurisprudenza di merito e di legittimità ha messo più volte in discussione l’affidabilità dell’alcoltest mediante etilometro, contribuendo a sancirne l’effettiva confutabilità tramite la produzione in giudizio di apposite prove contrarie. Ciò non consente, chiaramente, di contestare a priori l’efficacia dell’etilometro, ma soltanto di poterne obiettare gli esiti, in presenza di alcune specifiche circostanze invalidanti. Procediamo, perciò, con l’analisi di tali circostanze.
Nullità per omesso avvertimento del diritto al difensore
Con una pronuncia del 29 gennaio 2015, la Cassazione ha fatto definitivamente luce, in un contesto giurisprudenziale fino a quel momento controverso, circa l’effettiva nullità del risultato dell’alcoltest, nel caso in cui la polizia giudiziaria, al momento del controllo, non informi il conducente riguardo al proprio diritto di “farsi assistere da un difensore di fiducia”, omettendo di trascrivere sul verbale l’avvenuta comunicazione di tale informazione. (Cass. Pen., Sez. Un., 29 gennaio 2015 n. 5396).
Nella fattispecie, la Suprema Corte ritenne opportuno specificare che “l’avvertimento del diritto all’assistenza difensiva, di cui all’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. […] è riferibile anche agli accertamenti eseguiti dalla polizia giudiziaria sul tasso alcolemico del conducente di un veicolo”, proseguendo specificando il limite della deducibilità di tale causa di nullità entro la pronuncia della sentenza di primo grado e la sua relativa eccepibilità in giudizio da parte esclusivamente del difensore e del pubblico ministero, in quanto gli unici ritenuti concretamente a conoscenza delle circostanze idonee ad integrare violazioni di carattere processuale. Questo ha consentito di precisare l’assenza dell’obbligo, in capo all’imputato, di contestare la nullità della procedura di alcoltest.
A conferma di tale orientamento, la Cassazione è intervenuta successivamente in diverse occasioni, in particolare con la sentenza del 13 luglio 2017, n. 34383, estendendo l’obbligo di avvertimento del diritto all’assistenza di un difensore anche nel caso in cui vengano effettuati controlli circa l’alterazione psico-fisica del conducente, dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti e specificando l’obbligo della polizia giudiziaria di procedere con il suddetto avvertimento prima di eseguire l’accertamento mediante etilometro (o drug-test).
È opportuno inoltre specificare come la presente causa di nullità degli effetti dell’alcoltest risulti operativa anche nell’ipotesi in cui l’esito dell’etilometro escluda l’integrazione di un illecito penale, essendo il tasso alcolemico accertato di misura inferiore a 0,8 g/l.
Nullità per ritardo nell’esecuzione dell’alcoltest
Altra ipotesi di invalidità dell’esito dell’etilometro è desumibile da diverse pronunce dei giudici di merito e fa riferimento alla circostanza in cui l’alcoltest venga effettuato a distanza di in un ampio lasso di tempo tra il momento del fermo e quello dell’esecuzione del controllo. Tale lasso di tempo, infatti, non consentirebbe di appurare con assoluta certezza lo stato di intossicazione sussistente al momento della conduzione del mezzo (in tal senso, Tribunale di Brescia, sent. n. 173 del 2009; Corte d’Appello di Milano, sent. n. 594, n. 2014).
Emblematico, al riguardo, è un caso giunto al vaglio del Tribunale di Bologna nel 2016. Nella fattispecie, il gup Alberto Gamberini ritenne inattendibile il risultato dell’etilometro effettuato nei confronti di un conducente di uno scooter, fermato alla guida del mezzo contromano e senza casco (etilometro che indicava un tasso alcolemico superiore a 1.50 g/l), in quanto effettuato all’incirca due ore successivamente al fermo del motociclista, ritardo dovuto all’attesa dell’arrivo di un’ulteriore pattuglia, vista l’assenza della disponibilità dell’etilometro da parte di quella che aveva disposto il fermo.
Nella motivazione della sentenza, il giudice Gamberini valutò positivamente l’esito della consulenza di parte, richiesta dal difensore dell’imputato, nella quale si evinceva che il “picco alcolico”, riguardante il massimo livello di concentrazione di alcol nel sangue, risulterebbe variabile in un arco temporale compreso tra venti minuti e qualche ora, a seconda di diverse variabili di carattere soggettivo. Questo non avrebbe consentito di stabilire quale fosse l’effettivo tasso alcolemico nel momento dell’esecuzione dell’alcoltest, con la conseguente nullità degli effetti dell’etilometro.
Un simile orientamento sembra essere avallato persino da alcune sentenze della Cassazione, nelle quali viene ad essere sancito il principio secondo il quale l’alcoltest deve essere effettuato il prima possibile, dovendosi dimostrare che gli effetti delle sostanze alcoliche siano effettivamente attive durante la conduzione del veicolo. La Corte, tuttavia, ha espressamente specificato come tale causa di nullità non possa essere eccepita dall’imputato, qualora sia stata la sua stessa condotta la ragione del ritardo nell’accertamento (in tal senso, Cass. Pen. Sez. IV, sent. n. 18572 del 2013).
Nullità dovuta a patologie del conducente
Altra causa di inattendibilità dell’etilometro, più volte affrontata in ambito giurisprudenziale, è quella relativa alla sussistenza di specifiche patologie relative al conducente. In tema, è opportuno analizzare una sentenza del Giudice di Pace di Cesena del 26 novembre 2012, tramite la quale si ritenne di escludere la validità dell’alcoltest a causa di un disturbo fisico legato al conducente del veicolo soggetto al controllo.
Il giudice, nella fattispecie, facendo leva sul basso tasso alcolemico riscontrato in esito all’esame mediante etilometro, confermò l’insussistenza di elementi sufficienti a configurare il reato di guida in stato d’ebbrezza in capo al ricorrente, data l’effettiva possibilità che le patologie di quest’ultimo, appositamente documentate, incidessero sull’esito del controllo.
Una decisione analoga è riscontrabile in una successiva pronuncia del Giudice di Pace di Lecce del 14 febbraio 2013, tramite la quale venne accolto il ricorso del difensore di un automobilista trovato positivo all’alcoltest, al quale venne sospesa la patente di guida da un’ordinanza del prefetto. Nella fattispecie, il giudice avvalorò l’esito della consulenza tecnica d’ufficio, da esso disposta, dalla quale si evinceva che, a causa di una specifica patologia caratterizzante l’imputato, in particolare un reflusso gastroesofageo, gli effetti dell’etilometro avrebbero potuto risultare alterati nel caso in cui il conducente, poco prima di sottoporsi al controllo, avesse rigurgitato o eruttato, con la conseguente possibilità che piccoli residui di alcol persistessero all’interno bocca.
Contrariamente a tale posizione, tuttavia, si è espressa di recente la Cassazione con una sentenza del 13 luglio 2016, mediante la quale venne avallata la precedente pronuncia, oggetto di ricorso, della Corte d’Appello di Bologna, che a sua volta confermava la condanna disposta in primo grado. La Suprema Corte, nella fattispecie, chiarì come una specifica patologia legata al conducente (anche in questo caso si trattava di un reflusso gastroesofageo) non sarebbe stata idonea a contribuire ad alterare il risultato (positivo) dell’alcoltest (Cass. Sent. n. 29638/2016). A detta dei giudici di merito, infatti, la patologia in questione sarebbe risultata idonea esclusivamente a ritardare il processo digestivo del soggetto affetto, ma non anche ad incidere sul livello di alcol nel sangue di quest’ultimo.
Farmaci e alcoltest
Più stringente risulta la posizione della giurisprudenza circa la contestabilità del risultato dell’etilometro, basata sull’effetto di farmaci assunti dal conducente. Al riguardo, appare simbolica una pronuncia della Cassazione del 2015, nella quale la Corte ha chiarito la piena valenza probatoria dell’etilometro, inerentemente la sussistenza dello stato d’ebbrezza, con il conseguente onere dell’imputato di fornire adeguate prove contrarie, al fine di dimostrare l’inattendibilità dell’esito dell’alcoltest dovuta all’assunzione di farmaci. (Cass. Pen. Sent. n. 36887/2015).
Condannato per il reato di guida in stato d’ebbrezza, ai sensi dell’art. 186 del codice della strada, l’imputato ricorreva in Cassazione dichiarando che i farmaci da esso assunti avrebbero potuto comportare un aumento del livello ematico di alcol, facendo leva su una conforme relazione medica prodotta in giudizio. La Suprema Corte, tuttavia, ha chiarito che tale relazione non sarebbe stata idonea ne’ a confermare l’assunzione del farmaci da parte del conducente, ne’ che l’effettiva causa del risultato dell’etilometro fosse legata a tale assunzione, rigettando così il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Tuttavia, non sono mancati casi in cui la giurisprudenza ha confermato l’alterazione dell’esito dell’etilometro dovuta all’assunzione di specifici farmaci. È l’episodio di un automobilista assolto dal reato di guida in stato d’ebbrezza dal Tribunale di Milano. Nel caso in questione, il Tribunale valorizzò la consulenza tossicologia richiesta dal difensore dell’imputato, nella quale veniva ad essere chiarito come l’esito positivo dell’alcoltest fosse dovuto all’utilizzo di un comune collutorio da parte del conducente del veicolo. (Tribunale Milano, sentenza del 15/03/2011).
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