Il principio di diritto è stato riaffermato dalla Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con l’ordinanza del 9 maggio 2018, n. 11028, mediante la quale ha accolto il ricorso e cassato con rinvio quanto già deciso, nel caso de quo dal Tribunale di Taranto.
La vicenda
La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che la ALFA SAS proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. a pignoramento mobiliare intrapreso nei suoi confronti da Equitalia Sud S.p.a. per l’omesso pagamento di n. 28 cartelle esattoriali, lamentando l’illegittimità dell’azione esecutiva, intrapresa senza essere preceduta da regolare notifica delle cartelle e di tutti gli atti prodromici al pignoramento.
Il Tribunale di Taranto, con la sentenza n. 21XX/2016 accoglieva l’opposizione, annullando il pignoramento mobiliare e tutti gli atti presupposti (in motivazione dichiarati inesistenti).
La sentenza, rilevando la presenza in atti delle sole relate di notifica e dell’estratto del ruolo, e non anche delle cartelle esattoriali in originale, riteneva che tali documenti non fossero sufficienti a provare in giudizio il credito di Equitalia.
In particolare, quanto all’estratto di ruolo, affermava che esso non fosse riproduttivo del contenuto delle cartelle e che fosse privo della attestazione di conformità e della data di consegna del ruolo al concessionario. Avverso la citata decisione, Equitalia propone ricorso per cassazione articolato in sei motivi.
I motivi di ricorso
Per quanto è qui di interesse, la ricorrente Equitalia con il quarto motivo ha contestato la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, nonché degli artt. 32 e 39 del d.m. 9 aprile 2001, laddove il giudice di primo grado ha negato idoneità probatoria degli estratti di ruolo.
Con il quinto motivo, la società ricorrente denuncia l’erroneità della pronuncia impugnata anche li dove ha negato valenza probatoria agli atti prodotti da Equitalia in quanto depositati privi di attestazione di conformità e dell’indicazione della data di consegna del ruolo al concessionario.
La decisione
La Corte di Cassazione, mediante la menzionata ordinanza n. 11028/2018, ha ritenuto i motivi fondati ed ha accolto il ricorso.
Preliminarmente, la Corte ha osservato che è ammissibile l’impugnazione, proposta direttamente avverso la sentenza di primo grado, in quanto il giudice adito ha espressamente qualificato l’opposizione proposta come opposizione agli atti esecutivi, e di conseguenza, per il principio dell’apparenza, legittimamente la ricorrente ha direttamente proposto avverso la sentenza che definisce il giudizio in primo grado il ricorso per cassazione.
Quanto al quarto punto controverso la Suprema Corte ha osservato che la sentenza impugnata sostiene che l’estratto di ruolo non ha forza probatoria per la sua natura di “estratto”, attribuendo alla denominazione una portata riassuntiva, ovvero di contenere una selezione, operata a sua discrezione dall’amministrazione, che potrebbe riportare in esso, a sua scelta, solo parte dei dati indicati nella cartella.
L’affermazione del Tribunale si pone in contrasto con le norme che disciplinano la funzione e il contenuto dell’estratto di ruolo:
il ruolo costituisce il titolo esecutivo, ex art. art. 49 del d.p.r. n. 602 del 1973 ai sensi del quale “Per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo”.
La cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte, e, al contrario di quanto affermato dalla corte territoriale, l’estratto di ruolo è una riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale: esso deve contenere tutti i dati essenziali per consentire al contribuente di identificare a quale pretesa dell’amministrazione esso si riferisca (e per consentire al contribuente di apprestare le sue difese e al giudice ove adito di verificare la fondatezza della pretesa creditoria o gli altri punti sollevati dall’opponente) perché contiene tutti i dati necessari ad identificare in modo inequivoco la contribuente, ovvero nominativo, codice fiscale, data di nascita e domicilio fiscale.
Deve contenere, inoltre, tutti i dati indispensabili necessari per individuare la natura e l’entità delle pretese iscritte a ruolo, ovvero il numero della cartella, l’importo dovuto, l’importo già riscosso e l’importo residuo, l’aggio, la descrizione del tributo, il codice e l’anno di riferimento del tributo, l’anno di iscrizione a ruolo, la data di esecutività del ruolo, gli estremi della notifica della cartella di pagamento, l’ente creditore (v. Corte di Cassazione, n. 11794 del 2016).
Gli estratti di ruolo sono di conseguenza validi ai fini probatori e in particolare, per quanto qui interessa, per individuare a tutela di quale tipo di credito agisca l’amministrazione.
La Corte ha già avuto modo di affermare che la copia della parte del ruolo relativa al contribuente, munita della dichiarazione di conformità all’originale resa dal collettore delle imposte, costituisce prova del credito, ai sensi dell’art. 2718 cod. civ.(secondo cui le copie parziali o le riproduzioni per estratto, rilasciate nella forma prescritta da pubblici ufficiali che ne sono depositari e sono debitamente autorizzati, fanno piena prova solo per quella parte dell’originale che riproducono letteralmente), atteso che il collettore esercita le stesse funzioni dell’esattore, di cui è coadiutore (art. 130 d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858), e che l’esattore, pur non rientrando tra i “pubblici depositari” – cui la legge attribuisce la funzione di tenere gli atti a disposizione del pubblico e che sono obbligati, ex art. 743 cod. proc. civ., a rilasciare copia degli atti anche a chi non ne è parte – è tuttavia un “depositario” del ruolo, datogli in consegna dall’intendente di finanza (art. 24 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602), ed inoltre è autorizzato a rilasciarne copia, ai sensi dell’art. 14 della legge 4 gennaio 1968 n. 15 (secondo cui l’autenticazione delle copie, anche parziali, può essere fatta dal pubblico ufficiale presso il quale è depositato l’originale) (Corte di Cassazione, n. 25962 del 2011).
L’estratto del ruolo non è quindi una sintesi del ruolo, operata a sua discrezione dallo stesso soggetto che l’ha formato, come sembrerebbe affermare nella sua scarna motivazione il tribunale, ma è la riproduzione fedele di quella parte del ruolo che si riferisce alla o alle pretese impositive che si fanno valere nei confronti di quel singolo contribuente con la cartella notificatagli (nel senso che l’estratto di ruolo non sia altro che una riproduzione parziale del ruolo v. già Corte di Cassazione, n. 724 del 2010).
Il motivo di ricorso va pertanto accolto, e la sentenza impugnata deve essere cassata sul punto non essendosi attenuta al seguente principio di diritto:
“L’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria. Ne consegue che esso costituisce idonea prova della entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, anche ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato, e quindi della verifica della giurisdizione del giudice adito” (principio già affermato da questa Corte di Cassazione, con le sentenze n. 11141 e 11142 del 2015).
A dire della Suprema Corte Anche il quinto motivo è fondato. Nella redazione di atti amministrativi redatti con moduli meccanizzati, la firma autografa è sostituita, a tutti gli effetti, dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile dell’atto.
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