E’ questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, con ordinanza n. 12957 del 24 maggio 2018, accogliendo il ricorso del Procuratore Generale nell’ambito di una causa di separazione tra coniugi, ove la residenza prevalente della figlia minore era stata fissata presso il padre.
Volontà espressa dal minore, disattesa solo con rigorosa motivazione
La Corte Suprema rammenta innanzitutto che nei giudizi di separazione tra i coniugi, l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento, come nel caso de quo, costituisce adempimento a pena di nullità ove si assumono provvedimenti che lo riguardino, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l’esame manifestamente superfluo ed in contrasto con l’interesse dello stesso minore.
E’ pur vero, in altre parole, che il giudice non è tenuto a recepire, nei suoi provvedimenti, le dichiarazioni di volontà che emergono dall’ascolto del minore, così come non è tenuto a recepire le conclusioni delle indagini peritali. Tuttavia, quando il medesimo giudice intenda disattendere tali dichiarazioni o tali conclusioni, ha l’obbligo di motivare tale decisione con particolare rigore e pertinenza.
Necessità di preservare il rapporto tra fratelli e sorelle
Ora nel caso in esame, motivano gli Ermellini, vi è stata una chiara volontà espressa dalla figlia di convivere con la madre e con la sorella, con la quale ha un rapporto affettivo importante e di reciproco sostegno. Una volontà che è stata apprezzata anche dal consulente nominato nel corso del giudizio, il quale ha ritenuto il legame con la sorella il maggior riferimento affettivo e stabilizzante per la minore. Ciò sulla base di una valutazione psicologica, che si aggiunge alla condivisibile considerazione del Procuratore Generale circa la necessità di preservare, nelle separazioni tra coniugi, il rapporto tra fratelli e sorelle, non adottando provvedimenti che comportino la loro separazione, se non per ragioni ineludibili e, comunque, sulla base di una motivazione rigorosa che evidenzi il contrario interesse del minore alla convivenza.
L’impugnata decisione sul collocamento della minore va pertanto cassata – concludono i giudici di legittimità – onde consentire alla Corte d’appello una nuova verifica su quale sia la residenza della bambina, se presso il padre o la madre, maggiormente rispondente al suo interesse. Una verifica che, partendo proprio dall’ascolto della stessa minore, prenda in esame il contesto dei due nuclei familiari, l’idoneità genitoriale e l’esigenza primaria della conservazione del legame e della condivisione di vita con la sorella.
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