Compenso unico, solo per attività successiva alla riunione
In caso di riunione di più cause, la liquidazione di un compenso unico al difensore, oltre ad essere prevista esclusivamente per gli onorari e non per le spese ed i diritti di procuratore, può aver luogo soltanto per l’attività difensiva prestata dal momento della riunione, mentre l’eventuale maggiorazione del 20%, avente carattere discrezionale, spetta in via ulteriore ed a condizione che l’avvocato assista e difenda una parte contro più parti, quando la prestazione comporti l’esame di particolari situazioni di fatto o di diritto.
E’ il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, con ordinanza n. 13276 del 28 maggio 2018, interpellata in una vicenda processuale ove un avvocato si era opposto al compenso unico riconosciutogli dal Giudice delegato, per l’attività espletata come difensore di un Fallimento in tre giudizi di opposizione allo stato passivo, promossi separatamente da alcune società e poi riuntiti dal Tribunale in un’unica causa.
Il Tribunale aveva dapprima rigettato il reclamo del legale, ritenendo congruo il compenso unico riconosciutogli dal Giudice delegato, avuto riguardo all’unicità dell’attività difensiva prestata dal reclamante. Allo stesso modo, confermava l’esclusione della maggiorazione del 20% ex art. 5 D.m. n. 127/2004 – ratione tempore vigente – poiché i tre giudizi avevano ad oggetto questioni identiche.
Compensi distinti, per il periodo anteriore alla riunione
La Corte di Cassazione, viceversa, accogliendo una delle censure proposte dal legale, ha invece ritenuto – in forza del sopra enunciato principio – che il Giudice delegato non avrebbe dovuto liquidare al ricorrente un compenso unico ma, almeno per il periodo anteriore alla riunione, ben tre distinti compensi, calcolati in base alle attività rispettivamente prestate. Solo per il periodo successivo alla riunione, semmai, l’avvocato avrebbe potuto ricevere un unico compenso, restando poi devoluta alla discrezionalità del Giudice l’applicazione o meno della maggiorazione del 20%, da giustificarsi sulla base dei presupposti prescritti dalla tariffa. Da qui, la cassazione del decreto impugnato con rinvio al Tribunale.
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