L’espulsione amministrativa può essere di due tipi: ministeriale o prefettizia.
Nel caso dell’espulsione ministeriale, il Ministro dell’interno può decidere l’espulsione dello straniero per “motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato” (art. 13, c. 1, D.Lgs. 286/1998 – t.u.i.) o per “motivi di prevenzione del terrorismo” (art. 3, c. 1, l. 155/2005).
Nella prima ipotesi, il Ministro dell’interno comunica preventivamente l’espulsione al Presidente del Consiglio e al Ministro degli esteri. L’espulsione ha per destinatario uno straniero, che può anche essere non residente in Italia e può essere titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Nella seconda ipotesi – espulsione per “motivi di prevenzione del terrorismo” – la decisione può essere assunta non solo dal Ministro dell’interno, ma anche dal prefetto, su sua delega.
Entrambi i tipi di provvedimento sono caratterizzati da un’elevata discrezionalità, che si traduce in una limitata sindacabilità in sede giurisdizionale. Il giudice competente è il T.A.R. Lazio, sede di Roma, e a tale giudizio si applica il codice del processo amministrativo (art. 13, c. 11, t.u.i.) Le norme che regolano l’espulsione ministeriale sono di dubbia legittimità costituzionale. L’attività amministrativa non è procedimentalizzata e non consente la partecipazione del soggetto interessato al procedimento, mentre i presupposti del provvedimento non sono tassativi, come accade invece – in virtù del principio di stretta legalità delle fattispecie espulsive – con riferimento all’espulsione prefettizia.
In particolare, il provvedimento di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo non è soggetto a convalida giurisdizionale, è immediatamente esecutivo e non ne è prevista la sospensione cautelare. Qualora poi sia posto il segreto di Stato, l’eventuale giudizio innanzi al T.A.R. Lazio è sospeso per due anni.
Secondo tipo di espulsione amministrativa è l’espulsione prefettizia. La disciplina di tale espulsione è stata rivisitata per effetto del recepimento della direttiva “rimpatri” attraverso il decreto legge 89/2011, e altresì dell’entrata in vigore della legge europea 2013-bis (l. 161/2014). Il prefetto decide sull’espulsione, in seguito a una valutazione “caso per caso”, qualora riscontri la sussistenza di uno dei presupposti legali.
In particolare, l’espulsione è decisa allorquando: a) lo straniero abbia fatto ingresso nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera e non sia stato adottato nei suoi confronti un provvedimento di respingimento, anche “differito” (art. 13, comma 2, lett. a);
b) sia stata omessa la comunicazione sostitutiva del nulla osta al lavoro, che è prescritta con riferimento all’ingresso di alcune categorie di lavoratori in casi particolari (art. 13, comma 2, lett. b) (19);
c) lo straniero soggiorni in Italia e non abbia presentato domanda di permesso di soggiorno, sempre che il ritardo non sia dovuto a forza maggiore (art. 13, comma 2, lett. b);
d) il permesso di soggiorno sia stato revocato o annullato o ne sia stato rifiutato il rilascio o negato il rinnovo, o sia scaduto da più di sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il rinnovo (art. 13, comma 2, lett. b);
e) lo straniero non abbia dichiarato la propria presenza, in occasione dell’ingresso per soggiorno breve per visite, affari, turismo e studio (all’autorità di frontiera) o, se proveniente da un paese dell’area Schengen, entro otto giorni dall’ingresso al questore della provincia in cui si trova, secondo quanto previsto dall’art. 1, cc. 2 e 3, l. 68/2007 (art. 13, comma 2, lett. b);
f) lo straniero abbia soggiornato per un periodo più lungo rispetto a quanto permesso dal visto di ingresso per soggiorno di breve durata (art. 3, c. 1, lett. c, n. 1, del d.l. 89/2011);
g) lo straniero sia reputato, a causa della propria condotta e in base a elementi di fatto, un individuo socialmente pericoloso ascrivibile ad alcune categorie di soggetti (art. 13, c. 2, lett. c, t.u.i.).
In ultima analisi, quindi, lo straniero che sia privo di un valido titolo di soggiorno o che abbia omesso di porre in essere la dichiarazione di presenza, se prescritta, o in relazione al quale non sia stata posta in essere la dichiarazione sostitutiva del nulla osta al lavoro, laddove prevista, è suscettibile di essere espulso. Accanto ai presupposti legali appena menzionati, l’autorità competente deve altresì verificare l’insussistenza di un divieto di espulsione o di una causa di inespellibilità.
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