(Ricorso rigettato)
Il fatto
Con sentenza resa il 21 febbraio 2017, la Corte di appello di Trieste confermava la sentenza con cui il Tribunale di Trieste, in data 15 luglio 2015, aveva condannato P. D. alla pena di mesi 1 di arresto, in ordine al reato di cui all’art. 4 della legge n. 628/1961, perché, quale legale rappresentante della ditta “K. S.” ometteva di fornire la documentazione relativa alla dipendente C. E. richiesta dalla Direzione del Lavoro di Trieste, fatto accertato in Trieste il 5 febbraio 2014.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso la sentenza della Corte di appello triestina, D., tramite il difensore, proponeva ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui censurava l’omessa valutazione del legittimo impedimento della difesa presentata a mezzo fax per l’udienza del 15 luglio 2015, evidenziando al riguardo che il giudice di primo grado non aveva proprio preso in considerazione l’istanza.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
La Cassazione riteneva infondato il ricorso proposto alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si osservava in via preliminare come fosse emerso, dalla disamina del fascicolo processuale, che, in data 9 luglio 2015, alle ore 16.47, il difensore dell’imputato D. aveva inviato al Tribunale penale di Trieste, a mezzo fax, un’istanza di rinvio per legittimo impedimento, in vista della successiva udienza del 15 luglio 2015 ma l’istanza non veniva sottoposta all’attenzione del Giudice monocratico, che, in data 15 luglio 2015, trattava il processo senza dare conto della richiesta di rinvio, rispetto alla quale non vi fu quindi alcuna valutazione.
Dal canto suo la Corte di Appello rilevava che l’unica istanza di rinvio presente nel fascicolo processuale fosse quella riferita all’udienza del 20 maggio 2015, che fu disattesa dal Giudice con motivazione condivisa dalla Corte territoriale mentre, quanto all’ulteriore istanza inviata il 9 luglio 2015, i giudici di appello davano atto che la stessa non fosse presente nel fascicolo processuale, precisando comunque che la richiesta di rinvio non illustrava le ragioni per cui il difensore non avrebbe potuto farsi sostituire da uno dei 13 colleghi di studio.
Dunque, sul piano fattuale, gli ermellini facevano notare come due dati risultassero incontroversi: 1) l’istanza di rinvio fu spedita a mezzo fax con esito positivo a un numero del settore dibattimentale del Tribunale penale di Trieste il 9 luglio 2015, ovvero 6 giorni prima dell’udienza monocratica del 15 luglio; 2) a tale udienza, il Giudice ha proceduto senza compiere alcuna valutazione dell’istanza, assente nel fascicolo processuale.
Così inquadrata la vicenda processuale, i giudici di Piazza Cavour reputavano come dovesse affrontarsi la problematica della possibilità di inviare un’istanza di rinvio del processo a mezzo telefax evidenziandosi al riguardo che, se è affermazione costante della Cassazione quella secondo cui l’omessa valutazione dell’istanza di rinvio dell’udienza determina il difetto di assistenza dell’imputato, che ha diritto di essere rappresentato e difeso dal professionista di sua fiducia e da lui scelto, con conseguente nullità assoluta degli atti e della sentenza conclusiva del giudizio ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod. proc. pen. (cfr. Cass., Sez. 6, n. 47213 del 18/11/2015, Rv. 65483 e Sez. 6, n. 42110 del 14/10/2009, Rv. 245127), è invece ben più controversa la questione se sia possibile inoltrare via telefax la richiesta di rinvio del processo e, in caso di risposta positiva, se sia anche onere del difensore, che lamenti in sede di impugnazione l’omesso esame della sua richiesta, di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente.
Posto ciò, la Suprema Corte osservava che su tale problematica giuridica vi fosse un indirizzo più rigoroso che esclude l’ammissibilità dell’invio a mezzo fax dell’istanza di rinvio, in base al rilievo secondo cui l’art. 121 cod. proc. pen. individua nel deposito in cancelleria l’unica modalità per le parti di presentazione delle memorie e delle richieste rivolte al giudice, mentre il ricorso al telefax è riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell’art. 150 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 5, n. 46954 del 14/10/2009, Rv. 245397; Sez. 6, n. 28244 del 30/01/2013, Rv. 256894 e Sez. 3, n. 7058 dell’11/02/2014, Rv. 258443 espressasi in ordine all’invio di istanze tramite posta elettronica certificata) mentre, viceversa, un diverso e più liberale indirizzo interpretativo, recepito anche dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 40187 del 27/3/2014, Rv. 259928, ritiene che è viziata da nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, la sentenza emessa senza che il giudice si sia pronunciato su istanza di rinvio per legittimo impedimento a comparire, trasmessa via fax, dovendosi riconoscere alla parte privata la possibilità di avvalersi di tale modalità di trasmissione in ragione dell’evoluzione del sistema di comunicazioni e di notifiche e della formulazione letterale dell’art. 420 ter, comma 5, cod. proc. pen., che pretende soltanto che l’impedimento sia «prontamente comunicato» al giudice senza dettare specifiche formalità, richiedendosi unicamente che la trasmissione sia fatta ad un numero di fax della cancelleria del giudice procedente (Sez. 3, n. 10637 del 20/01/2010, Rv. 246338 e Sez. 5, n. 535 del 24/10/2016, Rv. 268943, secondo cui l’invio a mezzo telefax della richiesta di rinvio per legittimo impedimento non comporta l’onere per la parte di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente, essendo al fine sufficiente dimostrare che il giudice sia stato messo nella condizione di conoscere tempestivamente dell’esistenza dell’istanza).
A fronte di tali orientamenti nomofilattici, la Corte ne evidenziava un terzo indirizzo, intermedio tra questi due, secondo il quale l’invio a mezzo fax dell’istanza di differimento dell’udienza per legittimo impedimento non è inammissibile o irricevibile, ma la sua mancata delibazione, quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza, non comporta alcuna violazione del diritto di difesa e quindi alcuna nullità, in quanto la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito espone il difensore al rischio dell’intempestività con cui l’atto stesso può pervenire a conoscenza del destinatario, e in ogni caso la parte che si avvale di tale mezzo di trasmissione ha l’onere di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013, Rv. 258526; Sez. 5, n. 7706 del 16/10/2014, Rv. 262835, Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Rv. 264361 e Sez. 3, n. 37859 del 18/6/2015, Rv. 265162) specificandosi altresì come detto orientamento interpretativo sia stato recentemente ripreso e sviluppato dalla sentenza della Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017, Rv. 272049, che, oltre a ribadire l’ammissibilità in linea generale della trasmissione a mezzo telefax di istanze della parte privata, compresa quella che segnala un legittimo impedimento del difensore per improvvise ragioni di salute, e la conseguente doverosità per il giudice che ne sia portato tempestivamente a conoscenza di valutarle, a pena di nullità assoluta per violazione del diritto di difesa, ha tuttavia precisato che, in ragione della scelta effettuata dalla parte, che comunque non rispetta la previsione dell’art. 121 cod. proc. pen., incombe sulla parte istante il rischio della mancata tempestiva trasmissione dell’istanza al giudice competente a valutarla.
Tal che, alla stregua di questo approdo ermeneutico, la riconosciuta possibilità di dedurre in sede d’impugnazione l’omessa valutazione della richiesta di rinvio onera la parte di verificare, mediante un sostituto processuale, un addetto allo studio, oppure un’interlocuzione telefonica con la cancelleria interessata, che l’istanza trasmessa a mezzo fax sia effettivamente pervenuta nella cancelleria del giudice competente a valutarla e sia stata tempestivamente resa nota.
Orbene, la Cassazione, nella decisione in commento, riteneva di dover aderire a quest’ultimo indirizzo nomofilattico stante il fatto che, ad avviso della Corte, tale impostazione era idonea a contemperare le contrapposte esigenze valorizzate dagli indirizzi interpretativi prima illustrati.
Da ciò si giungeva a rilevare che, solo in casi estremi, in cui l’impedimento sia insorto improvvisamente ed inevitabilmente, e sia tale da impedire una qualsiasi attivazione da parte del difensore, potrà esentarsi lo stesso dalle doverose verifiche circa l’esito dell’inoltro a mezzo fax, salvo l’onere di offrire adeguata prova delle circostanze che le hanno impedite.
Una volta individuato l’orientamento interpretativo da doversi seguire, si riteneva la doglianza difensiva invocata nel presente procedimento infondata in quanto, da un lato, l’istanza di rinvio de qua aveva ad oggetto un legittimo impedimento per concomitante impegno processuale ed è stata trasmessa alla cancelleria del Tribunale penale sei giorni prima della data dell’udienza, per cui, innanzitutto, non si trattava di un impedimento estemporaneo e improvviso, dall’altro, nei sei giorni tra l’invio del fax e l’udienza, il difensore aveva tempo e modo per accertarsi se l’istanza trasmessa fosse stata effettivamente portata a conoscenza del Giudice designato, per poter essere da questi valutata.
Pertanto, la natura dell’impedimento addotto e l’assenza di verifiche successive alla trasmissione della richiesta inducevano i giudici di legittimità ordinaria a ritenere che il difensore non avesse assolto al proprio onere di diligenza, che scaturiva dall’aver scelto per l’invio dell’istanza una modalità diversa da quella ordinaria fissata dal legislatore dato che, se l’invio a mezzo fax dell’istanza era in sé ammissibile, tuttavia il difensore, avendone il tempo e la possibilità, avrebbe dovuto farsi carico di accertarsi che la propria richiesta di rinvio fosse stata effettivamente posta all’attenzione del Giudice assegnatario del processo, la cui omessa valutazione dell’istanza, pertanto, non appariva (secondo la Corte) in tal caso idonea a integrare alcuna nullità.
Conclusioni
La sentenza in questione si ritiene non condivisibile alla luce delle seguenti ragioni.
Va prima di tutto osservato che le Sezioni unite (sentenza n. 40187 del 27/3/2014, Rv. 259928) hanno affermato, come visto anche prima, che è viziata da nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, la sentenza emessa senza che il giudice si sia pronunciato su istanza di rinvio per legittimo impedimento a comparire, trasmessa via fax, dovendosi riconoscere alla parte privata la possibilità di avvalersi di tale modalità di trasmissione in ragione dell’evoluzione del sistema di comunicazioni e di notifiche e della formulazione letterale dell’art. 420 ter, comma 5, cod. proc. pen., che pretende soltanto che l’impedimento sia «prontamente comunicato» al giudice senza dettare specifiche formalità, mentre l’orientamento nomofilattico a cui si è fatto riferimento nella pronuncia in commento, invece, in assenza di una norma che preveda appositamente ciò, impone al difensore, che ha trasmesso l’istanza di rinvio per legittimo impedimento, di porre in essere una serie di doverose verifiche circa l’esito dell’inoltro a mezzo fax quali quelle di verificare, mediante un sostituto processuale, un addetto allo studio, oppure un’interlocuzione telefonica con la cancelleria interessata, che l’istanza trasmessa a mezzo fax sia effettivamente pervenuta nella cancelleria del giudice competente a valutarla e sia stata tempestivamente resa nota.
Ebbene, non può non farsi presente al riguardo che, proprio perché si tratta di una situazione in cui il difensore versa in una condizione di legittimo impedimento, ben potrebbe accadere che costui sia impossibilitato a fare queste verifiche, vuoi perché non ha sostituti o addetti dello studio per espletare questa incombenza, vuoi perché non riesce a contattare telefonicamente la cancelleria interessata (che, se nei piccoli Tribunali, non accade quasi mai, invece, nei grandi Tribunali, si verifica molto spesso).
Del resto, se è vero che in questa pronuncia si afferma che il difensore può sempre offrire adeguata prova delle circostanze che hanno impedito di compiere tali verifiche, è altrettanto vero che potrebbe accadere come tale prova difficilmente possa essere fornita (esempio: come si può dimostrare che il cancelliere del Tribunale non ha risposto al telefono?).
Ad ogni modo, sarebbe opportuno che su tale questione reintervenissero le Sezioni Unite stante l’esistenza di ben tre indirizzi nomofilattici venutosi a formare su tale questione giuridica.
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