Questi poteri dell’autorità amministrativa esercitati ai sensi dell’art. 25 Cod. civ. esprimono non già una funzione di tutela nel merito, o di controllo sulla mera opportunità delle determinazioni o gestionale o di indirizzo, che sarebbero – specie alla luce delle riforme liberalizzatrici del 1997/2000 (art. 13, comma 1, l. 15 maggio 1997, n. 127; art. 1, comma 1, l. 22 giugno 2000, n. 192; d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361) – incompatibili con l’autonomia privata degli enti destinatari; ma piuttosto una forma di vigilanza, cioè di controllo di legittimità rispetto alla legge funzionale alla salvaguardia dell’interesse interno e istituzionale dell’ente, in rapporto a quanto giustifica la sua esistenza giuridica come tale, cioè alla preservazione del vincolo di destinazione del patrimonio allo scopo voluto dal fondatore e a suo tempo stimato meritevole di separazione di responsabilità con l’atto di riconoscimento giuridico della ***.
È ammissibile, in siffatta prospettiva, una sollecitazione ab extra diretta all’uso del potere di annullamento, mera segnalazione di terzi, inidonea a veicolare (quasi fosse un rimedio concorrente o alternativo), pretese di definizione di contenziosi in relazione all’interesse immediato e diretto del denunziante (interesse che invece ha la sua ordinaria tutela in giustizia e nelle pertinenti sedi). Ma per essere, se del caso, presa in considerazione occorre pur sempre che si inserisca nel margine di un detto controllo e che non ne ecceda. Pertanto, l’intervento di annullamento operato dalla Giunta regionale, pur formalmente ancorato sulla violazione delle disposizioni statutarie sulla composizione degli organi fondazionali, si appalesa in realtà funzionalmente ispirato a un controllo affetto da sviamento allorquando non valuti la conformità rispetto alle finalità istituzionali ma investa contingente convenienza su singoli atti di gestione del personale dipendente, riguardo a una vicenda di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
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