In tema di responsabilità da cose in custodia la Corte di Cassazione, in virtù dei principi consolidatisi nel tempo, ha avuto modo di affermare come: a) l’art. 2051 Cc sottintende un criterio di individuazione della responsabilità che esula da qualsivoglia concetto di colpa, pertanto, grava sul danneggiato l’onere di provare il rapporto causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, a prescindere dalla pericolosità o meno della cosa o dalle sue caratteristiche intrinseche; b) l’eventuale obiezione afferente ad omissioni, violazioni di legge o a condotte imprudenti del custode rileva ai soli fini dell’imputazione della responsabilità ex art. 2043 Cc, a meno che con la stessa non s’intenda dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di provocare il danno ovvero a supporto del rapporto di causalità tra la cosa e l’evento dannoso; c) il caso fortuito, costituito dal fatto naturale o del terzo, deve risultare oggettivamente imprevedibile ed inevitabile, secondo la teoria della regolarità causale o della causalità adeguata, senza che possa assumere alcun rilievo la diligenza o meno del custode. Tuttavia, l’imprevedibilità risulta comunque concetto necessariamente influenzato dalle condizioni della cosa e dalla maggiore o minore pericolosità intrinseca della cosa.
Questi i principi di diritto riassunti nell’ordinanza n. 18075, della II Sezione civile della Corte di Cassazione pubblicata in data 10 luglio 2018.
Il fatto
Il Tribunale di Catanzaro prima, e la Corte d’Appello della stessa città successivamente, rigettavano la domanda risarcitoria di un utente della strada, avanzata nei confronti dell’ANAS responsabile, a dire dello stesso, dei danni cagionati all’autovettura di proprietà in conseguenza del sinistro stradale verificatosi per la presenza di una macchia oleosa sul manto stradale che aveva comportato la perdita di controllo dell’autovettura.
Il Giudice del gravame riteneva sussistente l’esimente del caso fortuito, in considerazione del pericolo imprevedibile e inevitabile creato occasionalmente da terzi, con il rilascio della sostanza oleosa, sostanza, peraltro, neppure rinvenuta in sede di controllo dei dipendenti ANAS effettuato lo stesso giorno dell’incidente, nel corso del turno di servizio eseguito tra le 7.30 e le 13.30. Conseguentemente, non poteva rinvenirsi una responsabilità dell’Ente gestore ovvero l’inefficace organizzazione della sua attività di controllo e manutenzione.
Propone allora ricorso per cassazione l’automobilista soccombente eccependo, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2043 Cc.
Decisione della Cassazione
Ciò posto il Giudice di legittimità premette come <<questa Corte (cfr. Cass. n. 2480/2018, Cass. n. 2481/2018, Cass. n. 2482/2018), all’esito di una ricognizione degli orientamenti nel tempo consolidatisi nella giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. (anche in rapporto a quella di cui all’art. 2043 c.c.), ha enunciato, tra gli altri, i seguenti principi di diritto: a) «l’art. 2051 cod. civ., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima»; b) «la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 cod. civ., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso»; c) «il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere». Sotto quest’ultimo profilo (sub c), si è, peraltro, precisato (sempre dalle sentenze sopra citate) “che l’imprevedibilità – idonea ad esonerare il custode dalla responsabilità – deve essere oggettiva, dal punto di vista probabilistico o della causalità adeguata, senza alcun rilievo dell’assenza o meno di colpa del custode; tuttavia, l’imprevedibilità è comunque di per sé un concetto relativo, necessariamente influenzato dalle condizioni della cosa, di più o meno intrinseca pericolosità in rapporto alle caratteristiche degli eventi in grado di modificare tali condizioni ed alla stessa interazione coi potenziali danneggiati”. Sicché, “può rilevarsi come l’oggettiva imprevedibilità si esaurisca nel tempo: una modifica improvvisa delle condizioni della cosa, a mano a mano che il tempo trascorre dal suo accadimento in rapporto alle concrete possibilità di estrinsecazione della signoria di fatto su quella, comporta che la modifica finisca con il fare corpo con la cosa stessa, sicché è a questa, come in effetti modificata anche dall’evento originariamente improvviso, che correttamente si ascrive il fatto dannoso che ne deriva”.>>.
La Corte territoriale si è attenuta a tali principi, avendo correttamente ritenuto l’esistenza del caso fortuito che, in quanto tale, elide la responsabilità del custode.
Per quanto concerne, infine, l’invocata tutela alternativa della responsabilità da fatto illecito, ex art. 2043 Cc, la Corte di Cassazione osserva che <<una volta ritenuta insussistente la responsabilità ex art. 2051 c.c. per essere l’evento dannoso determinatosi a seguito di “caso fortuito”, ciò riverbera necessariamente pure sulla responsabilità ex art. 2043 c.c., che viene anch’essa elisa, in quanto il “fortuito”, dovuto a fattore naturale o fatto del terzo e, quindi, estraneo alla sfera comportamentale del danneggiante, si palesa, di per sé, quale causa efficiente da sola capace di determinare l’evento dannoso e, quindi, capace di assorbire interamente il rapporto eziologico materiale ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p.>>.
In definitiva, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
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