Le normative di riferimento
La Legge, però, va incontro al cittadino prevedendo tempi massimi che le aziende sanitarie sono tenute a rispettare, “pena” quanto si dirà a breve. La disciplina che indica come poter esercitare il proprio diritto è offerta dal D. Lgs. 29 aprile 1998, n. 124. Dal punto di vista sostanziale, invece, occorre far riferimento al Piano nazionale di governo delle liste di attesa (P.N.G.L.A.) 2010-2012 (Intesa Stato-Regioni del 28 Ottobre 2010) ancora in vigore, oltre ai Piani regionali (P.R.G.L.A.); alla Legge 23 Dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 282 (Finanziaria 2006) – che vieta la sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni – ed alla Legge 23 Dicembre 1994, n. 724, art. 3, comma 8 – che prevede l’obbligo di tenuta del registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari.
Preliminarmente è opportuno chiarire che il medico prescrittore (che sia di medicina generale-MMG, pediatra di libera scelta-PLS, ecc…) deve obbligatoriamente e precisamente indicare sul ricettario se si tratta di prima visita (o primo esame) ovvero di accesso successivo[1], il quesito diagnostico (il quale descrive il problema di salute che motiva la richiesta di effettuare la prestazione sanitaria) e la classe di priorità. Quest’ultima definisce i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie. Vi sono quattro classi : “U” (urgente) per la quale la prestazione è da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore; “B” (breve) secondo cui si deve eseguire entro 10 giorni; “D” (differibile) e quindi la prestazione è da operare entro 30 giorni se trattasi di visite, mentre 60 giorni se si discute di accertamenti diagnostici; infine “P” (programmata) secondo la quale deve eseguirsi entro 180 giorni. In caso di mancata indicazione della classe di priorità, la prestazione richiesta è da intendersi di classe “P”. Le classi di priorità relative a casi di ricovero sono invece quattro: “A”, ed il ricovero sarà da eseguirsi entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti o, comunque, da recare grave pregiudizio alla prognosi; “B”, e quindi il ricovero dovrà avvenire entro 60 giorni per i casi clinici che presentano intenso dolore, o gravi disfunzioni, ovvero grave disabilità, ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti, né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio alla prognosi; “C”, entro 180 giorni e trattasi di caso clinico che presenta minimo dolore, disfunzione o disabilità e che non appare suscettibile di rapido aggravamento né di pregiudizio alla prognosi; infine “D” e si discorrerà di ricovero senza attesa massima, ma comunque da effettuarsi entro 12 mesi, perché il caso clinico non causa alcun dolore, disfunzione o disabilità. Resta ferma la possibilità per le Regioni di derogare in meglio la disciplina, definendo tempi di attesa quindi inferiori.
Il Piano nazionale individua: 14 visite specialistiche ambulatoriali; 29 prestazioni di diagnostica strumentale; 5 prestazioni in day hospital o day surgery e 10 in regime di ricovero ordinario (in queste ultime due categorie, in Calabria ad es., si aggiungono altre prestazioni).
Premesso ciò, l’utente potrà effettuare la prenotazione della prestazione telefonicamente, online, allo sportello o anche in farmacia (che offra questo servizio).
L’attività libero-professionali in regime intramoenia
Venendo ora ancora più da vicino all’oggetto del presente contributo, si noti l’art. 3, comma 10, D. Lgs. 124/1998 il quale stabilisce che “le regioni disciplinano i criteri secondo i quali i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere determinano, entro trenta giorni dall’efficacia della disciplina regionale, il tempo massimo che può intercorrere tra la data della richiesta delle prestazioni di cui ai commi 3 e 4 – di diagnostica strumentale e di laboratorio e per le altre prestazioni specialistiche erogate inregime ambulatoriale e quelle in ricovero diurno finalizzato ad accertamenti diagnostici – e l’erogazione della stessa. Di tale termine è data comunicazione all’assistito al momento della presentazione della domanda della prestazione, nonché idonea pubblicità a cura delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere”. Purtroppo, questa comunicazione o “idonea pubblicità” ancora non sempre si riscontra nei fatti. Il comma successivo si preoccupa poi di prevedere il caso in cui le regioni non adempiano a quanto detto prima e, allora, vi provvederà il Ministro della Sanità, previa diffida, tenendo conto di determinati parametri ivi enunciati e i direttori generali provvedono a determinare il tempo massimo di cui al comma 10 entro trenta giorni all’efficacia del provvedimento di natura ministeriale. In caso di adempimento della regione diffidata, le determinazioni del Ministro cesseranno di avere effetto. Ma cosa succede, quindi, se allo sportello l’utente/assistito si sente rispondere che è disponibile, per effettuare la prestazione, una data successiva a quella di cui avrebbe diritto? Ebbene, qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato come affermato sopra, ex art. 3, comma 13, del Decreto Legislativo detto, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero professionale intramuraria. La richiesta di ricevere la prestazione in intramoenia deve essere presentata al Direttore Generale dell’Azienda di riferimento e deve riportare i dati personali dell’interessato, l’accertamento richiesto, la prima data disponibile comunicata in fase di prenotazione, specificare l’urgenza, il proprio diritto a conoscere i tempi massimi intercorrenti tra la richiesta di prestazioni e la loro erogazione e, appunto, l’istanza di usufruire, nel caso di impossibilità di rispettare i predetti tempi, di attività libero-professionali in regime intramoenia. A parere di chi scrive è inoltre opportuno avvisare già da ora il destinatario che, in difetto di risposte in merito, si provvederà a richiedere (ed effettuare) la prestazione presso una struttura sanitaria privata e che, successivamente, si richiederà il rimborso delle spese sostenute – al netto del costo del ticket (ove dovuto).La differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione (ticket, laddove non si fosse totalmente esenti, si ripete, nel qual caso non si dovrà pagare nulla) e l’effettivo costo di quest’ultima effettuata in intramoenia è posta, in misura uguale, a carico dell’azienda sanitaria di appartenenza e dell’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, sulla scorta delle tariffe vigenti.Si badi bene che, l’ottenimento del rimborso delle spese sostenute per affidarsi a diverse strutture private non è affatto condizionato alla buona riuscita della prestazione affinché la patologia venga eliminata, ma è possibile conseguire il rimborso, anche solo per prestazioni sanitarie che offrano l’opportunità di migliorare le proprie condizioni di integrità psico-fisica, in quanto la disciplina ha ad oggetto la tutela di un diritto primario e fondamentale inteso in senso lato della persona – ossia il diritto alla salute[2]. Il rimborso è dunque riconosciuto anche per quelle terapie che consentono di elidere o attenuare gli effetti della patologia, se del caso, anche mediante potenziamento delle capacita residue (diverse abilità) del soggetto[3].In definitiva, quando la prestazione è indifferibile ed incompatibile con i tempi di attesa, il malato si può domandare che l’ospedale assicuri la prestazione medica in intramoenia senza pagare alcunché oltre (eventualmente) al ticket oppure, in assenza, ci si potrà recare dal medico privato e poi chiedere il rimborso all’azienda sanitaria.In via del tutto residuale si precisa che se il cittadino intenderà procedere con una prenotazione della prestazione presso una struttura sanitaria specifica, indicando anche il medico specialista, i tempi di attesa, in questo caso, si intenderanno quelli comunicati come primi disponibili e che, nel diverso caso in cui si rifiuti semplicemente la prima data utile, si rischierà di uscire dalla garanzia prevista dalla propria priorità assegnata.
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NOTE
[1] Secondo l’All. A del P.R.G.L.A. della Calabria (D.P.G.R. del 2 Dicembre 2011, n. 126), per primo accesso si intende il primo contatto che il paziente ha con la struttura sanitaria ospedaliera per il proprio specifico problema di salute ovvero gli accessi di pazienti noti, affetti da malattie croniche, che presentino una fase di riacutizzazione o l’insorgenza di un nuovo problema, non necessariamente correlato con la patologia cronica, tale da rendere necessaria una rivalutazione complessiva e/o una revisione sostanziale della terapia; rientrano invece tra gli accessi successivi al primo, i controlli successivi ad un inquadramento diagnostico già concluso nonché le visite finalizzate ad un approfondimento diagnostico ovvero le prestazioni con indicazione del codice di esenzione per patologia sulla ricetta.
[2] Cass. Civ., Sentenza n. 2923 del 27 Febbraio 2012.
[3] Trib. di Castrovillari, Sentenza. n. 1112/2013.
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