Mutuo condizionato

Redazione 05/02/20
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Per quanto riguarda il contratto di mutuo c.d. condizionato, nel quale la somma mutuata è impiegata non già per concedere liquidità al mutuatario per le finalità indicate in contratto, bensì per costituire un’ ipoteca a garanzia di una pregressa esposizione del mutuatario verso la banca, e così trasformare il pregresso debito da chirografario a privilegiato, si osserva innanzi tutto che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il mutuo fondiario non è mutuo di scopo, non essendo previsto quale requisito per la sua validità che la somma erogata dall’istituto mutuante debba essere necessariamente destinata ad una specifica finalità che il mutuatario sia tenuto a perseguire, né l’istituto mutuante è tenuto a controllare l’utilizzazione che viene fatta di detta somma, risultando piuttosto il contratto in questione connotato dalla possibilità di prestazione da parte del proprietario di immobili (rustici o urbani) a garanzia ipotecaria (Cass., n. 4792/2012; n. 9511/2007; n.317/2001).

L’inquadramento della Suprema Corte

Qualora il mutuo fondiario sia erogato in favore di chi sia già debitore verso la stessa banca ad altro titolo ed interamente destinato all’estinzione del debito scaduto chirografario, la Suprema Corte ha puntualizzato che “..in tale prassi negoziale, la nuova concessione di credito, oltre che voluta, è effettivamente realizzata e il finanziato utilizza il ricavato per pagare i vecchi debiti. Ne consegue che si è sicuramente fuori dal campo della simulazione perché, in assenza di un finanziamento di scopo, il beneficiario non aveva alcun vincolo di destinazione della somma accordata. Invero, proprio la circostanza che il netto ricavo del mutuo sia stato destinato ad estinguere un altro debito dimostra che l’importo è stato effettivamente erogato dal mutuante e che esso, sia pure per breve lasso di tempo, è entrato nella disponibilità del mutuatario” (così Cass., n. 23669/2006).

La revocatoria fallimentare

La fattispecie, che si riscontra frequentemente in ambito fallimentare, determina eventualmente la astratta revocabilità dell’operazione ex art. 67 l.f. (la cui legittimazione spetta esclusivamente al curatore fallimentare) o anche ai sensi dell’art. 2901 e ss. c.c.
Conseguentemente, quanto la somma oggetto di mutuo sia entrata nella disponibilità del debitore, anche se per breve tempo per poi essere immediatamente destinata al pagamento di passività preesistenti, il contratto non può considerarsi affetto da nullità o invalidità.

Il mutuo fondiario

Per la Cassazione, sezione I civile, ordinanza 13 novembre 2019-21 gennaio 2020, n. 1193  il limite di finanziabilità ex art. 38, secondo comma TULB, è elemento essenziale del contenuto del contratto ed il suo mancato rispetto determina la nullità del contratto stesso, costituendo un limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare e agevolare e sostenere l’attività di impresa.

È errato il provvedimento che definisce l’opposizione allo stato passivo ove una Banca è stata ammessa in parte in chirografo ed in parte con il privilegio ipotecario in virtù di finanziamento fondiario: il Tribunale avrebbe dovuto accertare il detto limite di finanziabilità riguardo al valore cauzionale corrente del complesso immobiliare in proporzione alla somma effettivamente erogata.

Con la sentenza 21 gennaio 2020 n. 1193 (testo in calce) la Suprema Corte di Cassazione, sez. I civile, torna a pronunciarsi in materia di superamento del limite di finanziabilità del mutuo fondiario.

Per poter comprendere la vexata questio occorre fare una premessa in merito alla disciplina del credito fondiario, che è uno speciale finanziamento con il quale il legislatore ha previsto delle finalità sociali non disponibili e quindi non derogabili dalla autonomia della parti, al fine di giungere alla realizzazione di molteplici interessi pubblici, (cfr. Cass. 9219/1995) che di seguito si indicano:

l’esigenza di recuperare le somme erogate nel più breve tempo possibile;
consentire il rispetto integrale del contratto anche dopo la risoluzione dello stesso, riconoscendo il diritto potestativo al terzo che partecipa alla vendita forzata di subentrare nel contratto risolto senza l’autorizzazione del Giudice ed il consenso del creditore (cfr art.41 V comma TUB);
tutela del debitore da eventuali rischi espoliativi. (cfr. CA Venezia, sent n. 2660 del 25 maggio).

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