Fatto
Il caso ha a oggetto una serie di appartamenti di proprietà di alcune società che furono occupati da una massa di persone; seguito, di questo evento la Procura ordinò il sequestro penale degli immobili e lo sgombero; ma nessuna ufficio del Ministero dell’interno vi provvide per almeno sei anni.
Le ragioni dell’attesa sono state dichiarata dalla Corte d’Appello di Firenze, secondo la quale era da escludere una responsabilità aquiliana del Ministero dell’Interno, stabilendo che la scelta fu discrezionale, per evitare possibili disagi all’ordine pubblico.
Per il Collegio, il Ministero non avrebbe posto in essere alcuna condotta illecita lesiva dei diritti degli attori nella misura in cui, dando corso ad una tattica “attendista”, aveva esercitato discrezionalmente il proprio potere amministrativo.
Intervenuta la Corte di Cassazione, per i fatti di causa, la stessa si è interrogata in ordine a due quesiti:
“(a) se sia consentito agli organi della pubblica amministrazione, deputati a dare attuazione ai provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, astenervisi o sindacarne il contenuto;
(b) in caso di risposta negativa al quesito che precede, se i fatti così come accertati dalla Corte d’appello rendevano incolpevole, e quindi non risarcibile, il danno causato dalla p.a. alle odierne ricorrenti.”
Decisione
Relativamente alla prima questione, le conclusioni della pronuncia risultano particolarmente chiare.
Difatti, è stato dapprima contestato il ragionamento del Ministero, secondo cui uno sgombero forzoso avrebbe innescato problematiche di ordine pubblico, evidenziando la relativa assurdità dell’inerzia stessa in quanto proprio l’occupazione abusiva di una massa di persone costituisce un problema di ordine pubblico, giunge alla chiara affermazione che segue: “Che in uno Stato di diritto la pubblica amministrazione abbia l’obbligo ineludibile di dare attuazione ai provvedimenti giurisdizionali è questione talmente ovvia ed elementare che pare a questa Corte sinanche ultroneo dovervisi soffermare vieppiù”.
Nella specie, vista e considerata la separazione fra poteri dello Stato, una volta che vi sia un provvedimento giurisdizionale esecutivo non è ammissibile alcuno spazio per esercitare un potere discrezionale in ordine.
Da ultimo, relativamente alla seconda questione la Corte non lascia spazio a interpretazioni: “La Corte d’appello ha ritenuto infatti che la p.a., chiamata a dare esecuzione ad un provvedimento giudiziario, avesse la facoltà di scegliere se e quando darvi attuazione. S’è già detto, tuttavia, che tale pretesa discrezionalità è impensabile in uno stato di diritto. L’unica discrezionalità di cui la p.a. gode, quando sia chiamata a dare attuazione ad un provvedimento giudiziario, è verificare se quel provvedimento esista davvero.”
La Suprema Corte ha agito con rinvio al giudice di secondo grado, non prima di aver affermato il seguente principio di diritto:
“La discrezionalità della p.a. non può mai spingersi; se non stravolgendo ogni fondamento dello Stato di diritto, a stabilire se dare o non dare esecuzione ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria, a maggior ragione quando questo abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Costituzione o dalla CEDU, come nel caso del diritto di proprietà, tutelato dall’art. 41 Cost. e dall’art. 6 CEDU ed art. 1 del Primo Protocollo addizionale CEDU. E’ pertanto colposa la condotta dell’amministrazione dell’interno che, a fronte dell’ordine di sgombero di un immobile abusivamente occupato, trascuri per sei anni di dare attuazione al provvedimento di sequestro con contestuale ordine di sgombero impartito dalla Procura della Repubblica”.
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