Per diritto all’immagine si intende, un diritto della persona a che la propria immagine non venga, divulgata, esposta o comunque pubblicata, senza il suo consenso e fuori dai casi previsti dalla legge.
Questa, una definizione un po’ approssimativa di tale Diritto che merita un maggiore impegno interpretativo. Il Diritto all’immagine rientra nella categoria dei diritti della persona, visti come Diritti assoluti e riceventi una tutela giuridica ai sensi dell’art. 2043 C.C. Questa norma prevede una esposizione al risarcimento del danno a carico del soggetto che con un fatto doloso o colposo rechi ad altri un danno ingiusto. Questa disposizione normativa ha posto una tutela generalizzata a una categoria di diritti problematica, a causa della sua inerenza agli aspetti interiori della persona e non patrimoniali. Alcuni autori riferiscono questi Diritti ad un unico diritto della persona a cui ricollegano diverse facoltà. Avverso tale tesi cd. “monistica”, una cd. “pluralistica” che identifica molteplici Diritti della persona tutelati (ex art. 2043), attraverso la “Tutela Acquiliana”. Il referente costituzionale di questi diritti è costituito dall’art. 2 Cost., in particolare. Il diritto all’immagine è disciplinato dall’art. 10 c.c. il quale dispone: qualora l’immagine della persona o dei genitori,del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei suoi congiunti, l’Autorità Giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso salvo il risarcimento del danno. Dalla lettera della norma rileva un primo aspetto, particolarmente significativo; sembrerebbe che la pubblicazione dell’immagine o la sua esposizione sia possibile, liberamente fino a dove la legge lo consenta, ma questa prima lettura va opportunamente integrata con gli articoli 96 e 97 della L.633/’41, i quali si pongono tra loro nei termini di regola – eccezione. L’art.96 L. 633/’41 stabilisce che sia necessario il consenso del soggetto, la cui immagine venga esposta, riprodotta o messa in commercio e ammette la revoca del consenso da parte del soggetto interessato, introducendo così la principio del “consenso” che si integra con l’art. 10 c.c. L’art. 97 L. 633/’41 dispone, che si possa prescindere dal consenso, nei casi in cui ciò sia giustificato da motivi di, notorietà del personaggio ritratto, o dall’ ufficio pubblico ricoperto, o dalla necessità di, giustizia, polizia, scopi scientifici, didattici, culturali, o quando la riproduzione sia collegata a fatti o avvenimenti, cerimonia di interesse pubblico o svoltosi in pubblico. La ratio giustificatrice della norma è chiara: in questi casi l’eccezione alla regola del consenso è motivata da esigenze superiori rispetto alla tutela del Diritto all’immagine, aventi parimenti fondamento nella Costituzione, ma considerato il principio del “bilanciamento degli interessi” in queste ipotesi prevalgono. La divulgazione di immagini raffiguranti personaggi pubblici, mostrano aspetti problematici soprattutto con riguardo alla tutela della “privacy”, quando si trascende in raffigurazioni che poco o nulla hanno a che vedere con la dimensione pubblica del personaggio celebre e che guardano ad aspetti privati e intimi del soggetto ritratto. Secondo alcuni autori, la tutela della “pricacy” dovrebbe soccombere rispetto al diritto di cronaca, ogni qualvolta il personaggio famoso è a conoscenza che i luoghi da lui frequentati lo espongono a “fotoreporter”, che ne captano e pubblicano fatti attinenti la vita privata dei vip (cd. Paparazzi). Ritornando ai problemi interpretativi posti dall’articolo 10 c.c. si evidenzia un ulteriore limite alla possibilità di divulgazione di immagine altrui, e cioè il rispetto del decoro e della reputazione del personaggio ritratto; entrambi i valori trovano riconoscimento costituzionale nell’art. 41 Cost. , ed attengono alla dignità della persona, anche se la reputazione ha connotati obiettivi, in quanto si sostanzia nell’opinione di cui il soggetto gode nella società. Le forme di tutela giurisdizionale previste dall’ordinamento giuridico ai diritti sono: LA TUTELA PREVENTIVA, LE RESTITUZIONI E IL RISARCIMENTO DEI DANNI. La tutela risarcitoria può spiegare tutta la sua efficacia nell’ambito di interessi di tipo patrimoniale; Ma riferita ai Diritti della persona si mostra insufficiente per diversi ordini di ragioni:
1) La sua “intempestività” essendo successiva rispetto alla lesione di interessi difficilmente o per nulla reintegrabili nella loro originaria condizione.
2) Il limite posto dall’art. 2059 c.c. secondo quanto affermato dalla Giurisprudenza, la quale esclude la risarcibilità del danno non patrimoniale frutto di lesione a diritti della personalità che non costituiscano reato. Bisogna tuttavia riconoscere, una sorta di apertura da parte della Giurisprudenza e dello stesso legislatore, nell’ampliare i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale; riferendoli alla tutela ex art. 2043 c.c.(Giurisprudenza) o prevedendone direttamente la risarcibilità ex art.29 comma IX, L.675/’96.
3) Difficile determinazione del “quantum” di risarcimento del danno in termini economici.
La tutela tramite il meccanismo della “Restituzioni” riferito alle lesioni dei Diritti della Personalità sembra impraticabile, essendo questi alieni da qualsiasi substrato materiale.
Le argomentazioni fin qui esposte dovrebbero condurre a ritenere che le forme di tutela più consone ad una protezione reale ed efficace dei Diritti della personalità siano costituiti dalla “Tutela Preventiva”, attribuendo una collocazione secondaria al risarcimento del danno. I mezzi di tutela predisposti dall’ordinamento avverso gli abusi dell’immagine altrui sono proprio, L’inibitoria ( esempio di tutela preventiva ) e il risarcimento del danno. Avendo accertato che il modello più utile di tutela dei Diritti della personalità, in generale, e del Diritto all’immagine, in particolare, è la tutela Preventiva, consideriamo “l’ordine inibitorio del Giudice”. I rimedi inibitori sono molteplici, e occorre verificare se si possa estendere l’applicazione anche a casi non espressamente indicati. Ossia è configurabile una inibitoria atipica avente valenza generale? Secondo alcuni autori vista l’atipicità dell’illecito civile, ne consegue l’atipicità dell’inibitoria.
Altri autori, ancorano l’atipicità dell’inibitoria all’art. 700cpc. La tutela cautelare potrà applicarsi ogni qual volta si tema la minaccia di un pregiudizio imminente e irreparabile verso un diritto, adottando così le misure cautelari idonee a preservarlo sino alla futura decisione.
Gli elementi indefettibili ai fini di tale tipo di tutela sono: Il cd. Periculum in mora, Il cd, fumus boni iuris e l’obbligo di instaurare successivamente un giudizio di merito. Ricorrendo tali requisiti spetterà al Giudice individuare la misura più consona ai fini della tutela nel caso di specie. Appare opportuno segnalare che anche il risarcimento del danno può adempiere a funzione di prevenzione, nella forma delle cd. ” Pene Private”.
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