Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi”.
Il regime dei rapporti patrimoniali tra coniugi ha subito una importante modifica con la legge n. 151/1975 di riforma del diritto di famiglia.
L’evoluzione dell’istituto della comunione
Invero, prima della entrata in vigore della legge predetta, il regime legale era rappresentato dalla separazione dei beni; la riforma, di converso, ha introdotto la comunione quale regime legale, derogabile, a favore della separazione, con un’apposita convenzione da stipularsi mediante atto pubblico o tramite dichiarazione contenuta nell’atto di celebrazione del matrimonio ex. art 210 c.c.
L’istituto in esame prevede uno schema normativo non finalizzato, come la comunione ordinaria di cui all’art. 111o c.c., alla tutela della proprietà individuale, bensì alla tutela della famiglia attraverso particolari forme di protezione della posizione di ciascun coniuge.
Come si evince dal disposto normativo, rimangono esclusi dalla comunione i beni personali del coniuge, così come elencati nell’art. 179 c.c.
Ciò premesso, è ora di fondamentale importanza analizzare le norme relative all’amministrazione dei beni facenti parte della comunione.
A tal proposito giova ricordare che l’articolo 180 c.c., rubricato ” Amministrazione dei beni della comunione” , stabilisce al comma 2 che il “compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personale di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi”.
Orbene, mentre gli atti di ordinaria amministrazione possono ben essere compiuti da ciascun coniuge disgiuntamente, così come disposto all’art. 180 co.1 c.c. per quelli di straordinaria amministrazione, come emerge dal tenore letterale della disposizione, la legge richiede tassativamente che entrambi coniugi vi provvedano congiuntamente.
Gli atti personali
Sono esclusi da questo regime gli atti personali di cui all’art. 184 co. 1 c.c. che stabilisce che gli atti che siano stati compiuti senza il consenso dell’altro coniuge debbano essere annullati. Il comma 2, inoltre, prevede che l’azione di annullamento si prescrive entro un anno dalla conoscenza dell’atto e in ogni caso entro un atto dalla data di trascrizione.
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