Magistrato della Corte dei Conti
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In materia di assistenza obbligatoria, vige un duplice regime prescrizionale ( breve quinquennale od ordinario decennale) a seconda che si verta o meno nell’ ipotesi prevista dall’ art. 129 R.D. n° 1827/1935, secondo cui si prescrivono in anni cinque le rate di pensione “ non riscosse “ .
Il termine prescrizionale breve quinquennale è applicabile , quindi, solo allorquando ricorra la fattispecie di cui all’ anzidetta disposizione normativa, ossia laddove sia ravvisabile il presupposto della liquidità del credito da intendersi non secondo la nozione comune desumibile dall’ art. 1282 c.c. , bensì quale effetto diretto del procedimento amministrativo di liquidazione della spesa.
In sostanza,essendo la fase di erogazione comprensiva delle due sottofasi di liquidazione e di pagamento, è sufficiente che essa si sia concretizzata nella messa a disposizione dell’ avente diritto delle relative somme a cui non sia seguita la riscossione delle stesse da parte del beneficiario.
In tal caso, il procedimento contabile liquidatorio ha avuto corso e si è perfezionato con l’ esigibilità degli importi dovuti come attestati nel Modello TE08 emesso dall’ Inps quale Ente pagatore delle provvidenze civili in virtù di quanto prescritto dall’ art. 130 del D. Leg.vo n° 112/1998.
Se a detta esigibilità non segue la riscossione, le rate non percepite sono assoggettate al termine breve a favore dell’ Istituto previdenziale.
Per l’ altrettanto, il concetto di erogazione è fondamentale per individuare l’ osservanza del termine di 120 giorni normativamente sancito per l’ adempimento tempestivo da parte delle P.A. soccombenti su sentenze di condanna provvisoriamente esecutive.
Il chè significa che l’ esecuzione non è qualificabile come tardiva e, pertanto, non è giustificata l’azione esecutiva del ricorrente vittorioso in giudizio, qualora l’ Ente abbia reso esigibile entro tale termine le somme di cui al titolo giudiziale di condanna, seppure esse non siano state ancora oggetto di riscossione.
Ne segue, di converso, che l’ esecuzione è necessariamente tardiva quando all’ esito dei 120 giorni la messa a disposizione ( rectius: l’ esigibilità ) non si sia avuta, in quanto il procedimento di erogazione si sia limitato alla sola fase della liquidazione, non seguita dal pagamento.
Ciò – fermo restando – che l’ Ente ben può procedere alla tardiva erogazione previa adozione delle cautele di rito in ipotesi di azionamento in executivis del titolo onde evitare indebite duplicazioni di pagamento .
A tal fine, giova evidenziare che, a seguito dell’ entrata in vigore della Legge n° 326/2003, il ricorrente deve notificare il titolo giudiziale munito di formula esecutiva, attendere 120 giorni per il pagamento in via amministrativa e soltanto all’ esito del decorso infruttuoso di tale termine, è facoltizzato alla notifica dell’ atto di precetto per sorte, sorte e spese o sole spese. Dalla data di detta notifica, decorre l’ ulteriore termine codicistico di giorni 10 per la notifica del pignoramento.
Pertanto, il Legislatore ha eliminato radicalmente la possibilità che il creditore possa procedere alla notifica del titolo con pedissequo precetto prima che sia spirato il termine dei 120 giorni, la cui previsione è ovviamente finalizzata a consentire alle Amministrazioni debitrici di disporre di un lasso di tempo sufficientemente ragionevole per l’ esecuzione tempestiva senza vedersi ulteriormente aggravate di costi per oneri accessori aggiuntivi rispetto a quelli già contemplati nel provvedimento giurisidizionale e di spese di precetto.
Ordunque, il termine quinquennale sanziona, a favore dell’ Ente erogatore, il ritardo del creditore nel riscuotere quanto di sua spettanza.
Al contrario, il termine decennale sanziona la P.A. debitrice per il non aver iniziato ovvero portato a termine il procedimento liquidatorio .
Ne deriva che il termine ordinario è invocabile in tutti quei casi ove non sussista la liquidità del credito nella accezione di cui sopra ( ad esempio: verbale sanitario ( cosiddetto Modello A/San ) non liquidato ).
Ovviamente, ben può accadere ( come spesso accade ) che l’ Istituto pagatore non abbia alcuna responsabilità nell’ omessa erogazione tempestiva delle provvidenze civili amministrativamente o giudizialmente riconosciute, qualora trattasi di atti pregressi ( ante passaggio all’ Inps ) per i quali le P.A. competenti ( Ministeri Tesoro ed Interno – ex Uffici Prefettizi ora U.G.T. )non avevano provveduto a tempo debito ad attivare e concludere il procedimento liquidatorio. Tuttavia, se il subingresso dell’ Ente non muta affatto il regime prescrizionale di cui sopra ( per cui il termine permane decennale anche nell’ ipotesi che la mancata erogazione nei termini di legge sia imputabile a detti dicasteri), ha comunque diretta incidenza in punto responsabilità amministrativa erariale ossia risponde del danno chi era tenuto ad effettuare nei termini normativamente prescritti la liquidazione ed il pagamento del quantum dovuto ed ha omesso di farlo. Danno all’ Erario concretizzatesi nelle maggiori somme corrisposte per oneri accessori, ivi compresi gli interessi successivi se il provvedimento giustificativo dell’ esborso è meramente amministrativo ( ad esempio: verbale sanitario o decisione della Commissione medica adita in sede di ricorso amministrativo ) ovvero – qualora sia intervenuto provvedimento giurisdizionale – nei maggiori importi , oltrechè per accessori, anche per spese di lite ed, eventualmente, di precetto e di procedura esecutiva.
Il diritto di credito relativo a qualsiasi somma dovuta all’ assistito a titolo di sorte capitale in senso stretto ( ratei arretrati ) e/o oneri accessori di legge ( interessi legali e rivalutazione monetaria se dovuta ) , che non sia stata posta in riscossione , è assoggettato a prescrizione decennale trattandosi di credito il liquido ai sensi e per gli effetti del citato art. 129
( Cass. S.L. nn° 11808/1993-9825/2000 e 2868/2004 ).
In particolare, il termine breve previsto dall’ art. 2948 n° 4 c.c. trova applicazione solo per i ratei già liquidati , mentre quello ordinario concerne il diritto al pagamento in un’ unica soluzione dei ratei arretrati maturati prima della liquidazione e della relativa somma per interessi e per rivalutazione. Questi ultimi costituiscono, difatti, parte integrante del credito-base , secondo la disciplina dei crediti di lavoro estesa alla materia previdenziale per effetto delle sentenze della Consulta nn° 156/1991 e 196/1993 salvi i limiti alla cumulabilità delle due componenti posti dall’ art. 16 L. n° 412/1991 , secondo una distinzione analoga a quella applicabile anche ai crediti pensionistici nei confronti dell’ INPS o per prestazioni periodiche nei confronti dell’ INAIL ( Cass. S.L. nn° 517/1996- 5251/1980- 3180/1996-7882/1997 e 9825/2000 ).
Quindi: la prescrizione breve presuppone liquidità ed esigibilità del credito e cioè che questo, una volta scaduto, sia messo a disposizione del creditore, che possa riscuoterlo, mentre non è sufficiente la semplice idoneità del credito ad essere determinato, ancorché prontamente nel suo ammontare.
Ne segue che in caso di ritardato pagamento del solo importo capitale di tali prestazioni, neanche alla pretesa relativa agli interessi ed alla rivalutazione, che costituiscono componenti essenziali dei crediti assistenziali in forza della pronunzia della Corte Costituzionale n° 196/1993 può applicarsi la prescrizione quinquennale ( Cass. S.L. nn° 292/1998 e 9803/1998 ).
Nell’ ipotesi di credito per accessori sui ratei a titolo di assegno mensile di assistenza di cui all’ art. 13 della L. n° 118/1971, quale componente del credito avente ad oggetto detti ratei, la S.C. ha sancito il principio per cui il termine invocabile è quello breve solo allorquando detto credito possa ritenersi liquido, nel senso che anche per esso relativamente agli oneri accessori ( oltrechè per la sorte capitale ) sia stato completato il procedimento amministrativo di liquidazione con messa a disposizione delle somme dovute a favore dell’ avente diritto operando, in caso contrario, la prescrizione decennale ( ex plurimis: Cass. S.L. nn° 6006/1998 – 11535/1995 e 2823/1992).
Come è noto, l’ eccezione di prescrizione non è rilevabile di ufficio. Se, tuttavia, tale eccezione sia stata sollevata dall’ obbligato, il quale erroneamente l’ abbia qualificata come quinquennale, il Giudice ha peraltro il potere-dovere di rilevare il decorso del termine decennale.
Ciò in quanto il richiamo alla prescrizione breve non può intendersi, in mancanza di contrarie indicazioni, come rinuncia agli effetti del tempo eccedente il quinquennio e fermo restando che i limiti posti dal principio del contraddittorio e dal principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato di cui all’ art. 112 c.p.c. vanno riferiti ai fatti e non alle qualificazioni giuridiche ( Cass. S.L. n° 8369/1999 ).
In relazione alla rivalutazione monetaria, occorre precisare che la giurisprudenza ritiene che agli interessi sui ratei arretrati dei crediti assistenziali e previdenziali maturati in data anteriore alla liquidazione , sia prima che dopo l’ entrata in vigore della L. n° 412/1991, si applica il termine prescrizionale decennale , dovendosi, però, cumulare per i ratei anteriori la rivalutazione monetaria, mentre per quelli maturati successivamente al 31.12.1991 ( per i quali opera l’ alternatività degli accessori previsti dalla suddetta normativa ) l’ importo degli interessi va portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti al beneficiario della prestazione per il maggior danno della diminuzione del valore del credito ( Cass. S.L. n° 3116/2004 ).
In quanto alla decorrenza del termine , le S.U. della Cassazione con la sentenza n° 10955/2002 hanno puntualizzato che il credito per accessori dovuti sui ratei di provvidenze civili tardivamente corrisposti si prescrive nel termine di dieci anni a decorrere, per le somme calcolate sul primo rateo , dal 121° giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi , dalla scadenza di ciascuno di essi.
Il chè senza che possa attribuirsi al mero pagamento dei ratei arretrati l’ effetto interruttivo di cui all’ art. 2944 c.c. , salvo che il “ solvens2 non abbia considerato parziale il pagamento stesso , con riserva di provvedere successivamente al versamento di ulteriori somme e senza che possa il pagamento della sola sorte capitale ritenersi sufficiente a costituire liquidazione della prestazione, tale da determinare l’ applicabilità della prescrizione quinquennale ( Cass. S.L. nn° 3437/1999 – 7030/2003 – 12305/2003 e 18012/2003 ).
Conseguenza di siffatto assunto è che il termine ordinario si applica sia al diritto al pagamento in un’ unica soluzione dei ratei arretrati maturati ante liquidazione, sia al diritto alla percezione della relativa somma per accessori di legge, senza che la liquidazione dei soli ratei dovuti per sola sorte capitale e senza accessori, costituisca riconoscimento del debito, quale atto idoneo interruttivo del decorso del termine prescrizionale ex art. 2944 c.c. ( Cass. S.L. n° 3858/1999 ).
Nell’ ipotesi di sentenza di condanna al pagamento delle provvidenze civili, l’ Ente erogatore dovrà attenersi al disposto giurisdizionale , potendo configurarsi tre differenti ipotesi:
a) Il Giudice accoglie il ricorso e condanna al pagamento degli interessi come per legge : essi decorrono dal 121 ° giorno l’ insorgere del diritto;
b) Il Giudice decide lui stesso da quale data decorrono gli interessi legali e la indica in sentenza;
c) Il Giudice riconosce invalido civile il ricorrente a seguito di espletamento di C.T.U. medico-legale che fissa una diversa decorrenza della provvidenza rispetto alla data a cui risale la domanda amministrativa.
In tal caso, se la sentenza condanna al pagamento degli interessi come per legge, questi devono intendersi dal 121° giorno la data di decorrenza della provvidenza.
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