Discrezionalità amministrativa e riparto di giurisdizione

Redazione 07/01/19
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La natura discrezionale del provvedimento può rilevare ai fini del riparto di giurisdizione tra G.O. e G.A. Vediamo in che modo.

Riparto di giurisdizione ordinaria tra G.O. e G.A.

In base all’art. 103 Cost. il criterio ordinario che consente di distinguere la giurisdizione del G.O. rispetto a quella del G.A è quello della causa petendi: il riparto va operato in relazione alla posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio. Bisogna, pertanto, far riferimento alla natura della situazione soggettiva controversa e verificare se il privato vanti un vero e proprio diritto soggettivo oppure sia titolare di un interesse legittimo, solo quest’ultimo conducendo alla giurisdizione ordinaria del giudice amministrativo.

In base a una impostazione risalente, per stabilire se ci si trovi di fronte a un diritto soggettivo oppure ad un interesse legittimo occorrerebbe guardare alla distinzione tra provvedimento “discrezionale” e provvedimento “vincolato”: nel primo caso  l’Amministrazione possiede ampia libertà di apprezzamento e il privato non potrà che vantare un interesse legittimo, la cui cognizione è devoluta (in via generale) al G.A.; nel secondo caso il comportamento dell’Autorità Amministrativa è completamente vincolato dalla legge e il privato risulta titolare di un diritto soggettivo perfetto, tutelabile innanzi al G.O..

A tal fine, per “discrezionalità” amministrativa deve intendersi la facoltà di scelta da parte della PA di quale, fra più comportamenti giuridicamente leciti, sia il più idoneo per il soddisfacimento dell’interesse pubblico. Tale discrezionalità può avere ad oggetto l’an (cioè l’opportunità della stessa emanazione di un determinato provvedimento), il quid (il contenuto del provvedimento), il quomodo (le modalità accessorie del provvedimento) o il quando (individuazione del momento più opportuno per l’emanazione del provvedimento).

Tale approccio può considerarsi ancora valido?

La discrezionalità: un criterio valido ma non esaustivo

Le Sezioni Unite, con sentenza del 19 aprile 2017 n. 9862, hanno osservato che il criterio che si fonda sul margine di apprezzamento dell’Autorità Amministrativa, pur non potendosi considerare tout court “erroneo”, non può ritenersi “esaustivo”.

È vero che l’interesse legittimo tendenzialmente si correla all’esercizio di un potere discrezionale dell’Amministrazione. Non è però altrettanto vero che, di fronte ad un provvedimento vincolato, il privato vanti sempre diritti soggettivi.

Non può trascurarsi come ben possono sussistere posizioni di interesse legittimo in relazione a provvedimenti vincolati, laddove questi ultimi siano emanati con il precipuo fine della cura di interessi pubblici (e non per la soddisfazione di interessi privati).

Inoltre, un atto potrebbe essere “vincolato” quanto all’emanazione ma restare “discrezionale” quanto all’apprezzamento dei requisiti soggettivi del richiedente.

Pertanto, al fine della distinzione tra “diritto soggettivo” e “interesse legittimo”, all’utilizzo del criterio che fa leva sulla distinzione tra provvedimento discrezionale e provvedimento vincolato occorre aggiungere quello che si fonda sulla natura delle norme che si assumono violate. Si sostiene, infatti, che mentre la violazione di “norme di azione” (ossia di norme dirette a disciplinare i poteri degli organi pubblici) comporta la lesione di interessi legittimi, la violazione di “norme di relazione” (vale a dire di norme che disciplinano i rapporti tra Pubblica Amministrazione ed i cittadini) comporta la lesione di diritti soggettivi.

I due criteri appena menzionati non si escludono reciprocamente ma si integrano.

Di norma, alla violazione di norme di azione corrisponde un interesse legittimo. Non è però sempre vero che la violazione di norme di relazione (ossia di quelle che disciplinano concretamente il rapporto tra amministrazione e cittadini) dia sempre luogo a diritti soggettivi: ciò avviene unicamente nell’ipotesi in cui la legge non riservi all’Autorità Amministrativa alcun apprezzamento discrezionale, consentendole di emanare solo atti vincolati. Questa è la ragione per cui, per ravvisare un diritto soggettivo (con conseguente affermazione della giurisdizione del G.O.) occorre fare riferimento sia al criterio della vincolatività del provvedimento, sia al criterio della natura delle norme violate (di relazione).

Ambito di applicazione

Sulla base dei criteri appena descritti, è possibile ritenere la giurisdizione del G.O., ad esempio, nel caso di diniego illegittimo di iscrizione all’albo degli agenti di commercio e di diniego illegittimo di iscrizione nell’albo degli avvocati di chi ha superato l’esame. In entrambi i casi, infatti, si è di fronte a un provvedimento vincolato posto in violazione di norme di relazione.

Con particolare riferimento al rimborso delle spese mediche sostenute all’estero, che involge una discrezionalità amministrativa di tipo tecnico, la Suprema Corte a Sezioni Unite Civili, con sentenza n. 2867 del 6 febbraio 2009, ha precisato quanto segue: “in materia di richiesta di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all’estero per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico (art. 5, L. 23 ottobre 1985, n. 595 e relativo decreto del ministero della sanità del 3 novembre 1989, come successivamente modificato), la giurisdizione spetta al giudice ordinario sia nel caso che siano addotte situazioni di eccezionale gravità ed urgenza, prospettate come ostative alla possibilità di preventiva richiesta di autorizzazione, sia nel caso che l’autorizzazione sia stata chiesta e che si assuma illegittimamente negata, giacché viene comunque in considerazione il fondamentale diritto alla salute, non suscettibile di essere affievolito dalla discrezionalità meramente tecnica dell’amministrazione in ordine all’apprezzamento dei presupposti per l’erogazione delle prestazioni”.

In tal caso, la PA dispone di una discrezionalità non amministrativa, bensì squisitamente tecnica, senza che possa dubitarsi della natura di norma di relazione della disciplina in materia di rimborso delle spese sanitarie sostenute  dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all’estero per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico, recata dall’art. 5, L. 23 ottobre 1985, n. 595 e dal relativo decreto del ministero della sanità del 3 novembre 1989.

Viceversa, va ritenuta la giurisdizione del G.A., ad esempio, nelle controversie aventi ad oggetto il rilascio del permesso di costruire. Non vi è dubbio che in tal caso si sia in presenza di un provvedimento vincolato posto (eventualmente) in violazione di norme di azione. Si consideri, infatti, che il fine delle norme urbanistiche consiste nell’ordinato sviluppo del territorio, valore che senza dubbio incarna un interesse di natura pubblicistica per la cui cura concreta l’ordinamento attribuisce un potere alla PA.

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