Assoluzione per vizio totale di mente e applicazione della liberà vigilata

Redazione 07/03/05
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(Tribunale di Sorveglianza Firenze 11 novembre 2004)

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TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI FIRENZE
PER IL DISTRETTO DELLA CORTE D’APPELLO

Ordinanza in procedimento di sorveglianza
Ord. n°…………
R.G. n°…………

Il Tribunale di Sorveglianza, composto dai Sigg.:

1) dott. M. Niro Presidente
2) dott. M. Signorini Magistrato di Sorveglianza rel.
3) dott. L. Parra Esperto
4) dott. P. Servi Esperto

a scioglimento della riserva espressa nell’udienza del 16.12.2004
visti ed esaminati gli atti della procedura di sorveglianza in materia di appello avverso sentenza di proscioglimento concernente le disposizioni che riguardano misure di sicurezza nei confronti di
******, nato a, residente ***********************;
verificata la regolarità delle comunicazioni e notificazioni di rito;
ritenuto che:

con sentenza emessa dal Tribunale di Lucca in data 12.01.2004 ****** è stato assolto dai reati ascrittigli (calunnia e detenzione illecita di esplosivi), risalenti al 26.04.1999, in quanto commessi da persona non imputabile per vizio totale di mente;
contestualmente è stato ordinato il ricovero del ****** presso un ospedale psichiatrico giudiziario per un periodo non inferiore ad anni due a norma dell’art. 222 c.p.;
avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato ha proposto appello chiedendo la revoca della misura di sicurezza disposta dal primo giudice;
trattandosi di impugnazione contro sentenza di proscioglimento concernente disposizioni relative a misure di sicurezza, la Corte di Appello di Firenze, che aveva ricevuto l’atto di appello, ha trasmesso gli atti relativi a questo Tribunale, per competenza, ai sensi dell’art. 680 c. 2 c.p.p., norma che individua nel Tribunale di Sorveglianza il giudice dell’impugnazione quando la stessa è proposta, come nel caso di specie, contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza;
nell’appello, in particolare, si lamenta che il Tribunale di Lucca ha ordinato il ricovero del prevenuto ai sensi dell’art. 222 c.p., per un periodo non inferiore a due anni, senza alcuna motivazione in merito alla pericolosità sociale del soggetto, in contrasto con quanto disposto dalla Corte costituzionale nella sentenza 27 luglio 1982, n. 139, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 222 c. 1, 204 c. 2 (successivamente abrogato dall’art. 31 della legge 10 ottobre 1986, n. 663) e 205 c. 2 n. 2 c.p., nella parte in cui non subordinano il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario dell’imputato prosciolto per infermità psichica al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o dell’esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima al tempo dell’applicazione della misura;
il difensore dell’imputato censura, dunque, l’assoluta carenza di tale accertamento, poiché il giudice di primo grado ha fatto derivare, in modo pressoché automatico, dalla assoluzione per vizio totale di mente l’ordine di ricovero presso un ospedale psichiatrico giudiziario, laddove, invece, sia dalla perizia d’ufficio sia dalla consulenza svolta dal prof. Di Fiorino su incarico della difesa si deduceva agevolmente la non pericolosità sociale del prevenuto;
tutto ciò premesso, è indubbio che il giudizio di questo Tribunale ha per oggetto unicamente la questione dell’accertamento della persistenza o meno della pericolosità sociale dell’interessato, onde pervenire ad una decisione di conferma o di revoca (o, eventualmente, come vedremo, di trasformazione) della misura di sicurezza detentiva disposta con la sentenza emessa dal primo giudice, non essendo in discussione, evidentemente, l’assoluzione del ****** dai reati allo stesso ascritti per vizio totale di mente, quanto, piuttosto, le conseguenze dell’assoluzione medesima in materia di misure di sicurezza;
ebbene, la pericolosità sociale, ai fini dell’applicazione di misure di sicurezza, deve essere intesa, com’è noto, a norma dell’art. 203 c.p., come probabilità della commissione di ‘nuovi fatti preveduti dalla legge come reati’ e ‘la qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’articolo 133’ c.p. globalmente valutate;
ciò che si richiede, dunque, è la formulazione di un giudizio prognostico in ordine alla futura commissione di nuovi reati da parte del soggetto, giudizio che deve essere fondato su elementi obiettivi e specifici, ritenuti sintomatici di persistente pericolosità sociale (vedi Cass., prima sezione, 15.12.1984, n. 2842, Amato, CED);
nel caso di specie i reati commessi si collocano in un particolare contesto, caratterizzato sicuramente da rapporti conflittuali del prevenuto con i propri vicini di casa, vittime del delitto di calunnia, realizzato anche mediante la simulazione di tracce di reato (così per quanto riguarda il ritrovamento nelle pertinenze dell’abitazione del ****** di due candelotti di esplosivo ‘da cava’ che sarebbero stati utilizzati, secondo la denunzia orale dello stesso, per costringerlo a sottoscrivere una remissione di querela), ma altrettanto indubbiamente i predetti reati sono stati ‘condizionati’ dallo stato psichico dell’imputato, riconosciuto affetto da ‘sindrome delirante paranoicale’ per la quale ha subito anche ricoveri ospedalieri ed è stato seguito dai servizi psichiatrici;
diverse sono state le valutazioni espresse dal perito d’ufficio e dal consulente della difesa per quanto riguarda la sussistenza della predetta patologia e le conseguenze in punto di capacità di intendere e di volere del ****** al momento della commissione dei fatti;
il perito d’ufficio ha ritenuto, infatti, che l’interessato sia soprattutto un simulatore e che, conseguentemente, lo stesso avesse integra la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti per cui è processo, capacità solo offuscata, tutt’al più, da un lieve stato d’ansia;
il consulente di parte, invece, ha ritenuto ampiamente provata, anche alla stregua della documentazione clinica in atti, la sussistenza della predetta patologia, che escludeva la capacità di intendere e di volere del soggetto nel momento in cui ha compiuto le azioni penalmente illecite che hanno dato origine al processo;
tale ultima prospettazione è quella che il primo giudice ha ritenuto più convincente con le conseguenze che si sono sopra illustrate;
non è compito di questo Tribunale esprimere valutazioni sulla imputabilità del prevenuto, atteso che il giudizio da formulare in questa sede, come già detto, è circoscritto alla questione specifica della persistenza o meno della pericolosità sociale dell’interessato;
è interessante, tuttavia, notare, che, in altro processo a carico del ******, sempre per calunnia nei confronti del proprio vicino di casa (fatto del 1997), il Tribunale di Lucca, sulla base di analoghe perizie e consulenze, perveniva alle medesime conclusioni, assolvendo il ****** perché trattasi di persona non imputabile per mancanza di capacità di intendere e di volere (sentenza del 19.02.2001), ma la Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 31.01.2002, ha ribaltato il giudizio di primo grado, condannando l’imputato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione;
in relazione a quest’ultimo titolo esecutivo, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, con ordinanza del 9.10.2003, ha disposto l’ammissione del soggetto all’affidamento in prova al servizio sociale, in considerazione del positivo inserimento familiare dell’interessato e delle sue condizioni psichiche, affidamento che è in corso di esecuzione essendo iniziato il 12.11.2003 con scadenza fissata al 12.03.2005;
altro aspetto importante da evidenziare è che il perito ed il consulente della difesa, se hanno rassegnato conclusioni divergenti per quanto concerne la capacità di intendere e di volere del ******, sono invece pervenuti alle stesse conclusioni sul punto, che principalmente ora interessa, relativo alla pericolosità sociale del predetto (il primo giudice, rispondendo ad una sollecitazione del pubblico ministero, ha anche disposto al riguardo un supplemento di perizia): il perito, sentito all’udienza del 12.01.2004, ha affermato, quanto alla pericolosità sociale del prevenuto, che ‘attualmente non esiste una concreta pericolosità date le sue scadute condizioni fisiche e psichiche e data la pratica impossibilità per le sue condizioni di quasi invalidità fisica di venire in contatto con l’ex vicino di casa che è il suo nemico storico’ ed inoltre che l’interessato segue le cure prescrittegli (vedi ancora dichiarazioni del perito in ordine alla cura cui il ****** è sottoposto: ‘attualmente invece sono certo che la fa perché in questa ultima perizia ho visto che è molto rallentato e poi sono certo, dalle medicine che sua moglie mi ha fatto vedere e dal comportamento del periziando, che è un malato sedato con psicofarmaci’); il consulente della difesa, dal canto suo, ha sostenuto che il soggetto, convenientemente seguito dai servizi (come è avvenuto in questi anni), non è socialmente pericoloso, e che non c’è stato il minimo contrasto con i vecchi vicini che vivono in altra frazione del Comune di residenza del prevenuto;
si può dunque trarre, sulla base delle relazioni degli specialisti che hanno esaminato l’interessato nel corso del tempo per perizie o consulenze loro affidate nell’ambito dei procedimenti penali instaurati nei confronti del ******, questa prima essenziale conclusione: non sussiste la probabilità che quest’ultimo commetta ulteriori reati purché venga adeguatamente seguito, come pare sia accaduto negli ultimi anni, dai servizi psichiatrici; ne consegue però anche che – assumendo come base la diagnosi di ‘ sindrome delirante paranoicale’ – possono riemergere situazioni di crisi se il soggetto decidesse di interrompere i rapporti con i servizi e di non seguire più le cure prescritte;
la condizione di pericolosità sociale, quindi, come spesso accade per i malati psichici che hanno già commesso fatti di rilievo penale, è subordinata al grado di consapevolezza della malattia da parte del soggetto ed al grado di adesione prestata ai programmi terapeutici ritenuti più adeguati dagli specialisti;
alla stregua dell’art. 133 c.p., altri elementi devono essere considerati: vi è stata la reiterazione nel reato (calunnia) con diversi apprezzamenti giudiziali in ordine all’imputabilità del ******, ma nel corso degli ultimi anni non risultano ulteriori condotte illecite; le condizioni personali, soprattutto quelle sanitarie, sono state definite ‘scadute’; vi è in corso un affidamento in prova al servizio sociale; la situazione di contrasto con i precedenti vicini di casa appare sopita, per il cambiamento di abitazione e per le precarie condizioni anche fisiche del ******;
in ultima analisi si ritiene, alla luce dei dati sopra evidenziati, che, se non può essere ancora formulato un giudizio rassicurante di cessazione di pericolosità sociale, appare tuttavia del tutto inadeguata ed anzi potenzialmente dannosa per l’interessato la misura di sicurezza detentiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, per quanto già detto proprio sulle attuali condizioni del soggetto;
appare, invece, senz’altro più idonea al caso di specie – capace di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela della persona interessata e di controllo della sua pericolosità sociale – la misura non segregante della libertà vigilata, accompagnata da prescrizioni di contenuto terapeutico, misura che questo Tribunale ritiene opportuno applicare, considerata la specificità della situazione in esame, esclusivamente per garantire la continuazione del rapporto del soggetto con i servizi psichiatrici e del programma terapeutico in atto;
del resto, l’automatica applicazione della misura di sicurezza detentiva del ricovero in o.p.g. è stata oggetto di censura da parte della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 253 del 2-18 luglio 2003, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 222 c.p. proprio nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e far fronte alla sua pericolosità sociale;
deve essere, dunque, riformata la sentenza emessa dal primo giudice, oggetto dell’impugnazione in esame, nella parte in cui ordina il ricovero del prevenuto presso un ospedale psichiatrico giudiziario, anziché prevedere la sottoposizione dello stesso alla più elastica misura della libertà vigilata, con prescrizioni di valenza terapeutica.

P.Q.M.
Visti gli artt. 203, 222 e 228 c.p., 579, 678 e 680 c.p.p., visto il parere del P.G. favorevole all’accoglimento dell’appello, pronunciando nella procedura in epigrafe indicata nei confronti di ******, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lucca in data 12.01.2004

REVOCA

la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per il periodo di anni due

DISPONE

che il predetto venga sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata per il periodo di anni uno con le seguenti prescrizioni:

1) divieto di trasferire, senza l’autorizzazione del Magistrato di Sorveglianza territorialmente competente, la propria residenza o dimora in un Comune diverso da quello stabilito;
2) obbligo di informare gli organi di Polizia ai quali viene affidata la vigilanza di ogni mutamento di abitazione nell’ambito del Comune;
3) divieto di abbandonare il proprio domicilio dalle ore 22.00 alle ore 7.00;
4) divieto di associarsi a persone pregiudicate;
5) divieto di tenere o portare con sé armi o altri strumenti atti ad offendere;
6) obbligo di presentarsi una volta ogni quindici giorni, ed ogni qualvolta sarà richiesto, all’autorità incaricata della vigilanza;
7) obbligo di conservare e di presentare ad ogni richiesta degli organi di Polizia la carta precettiva contenente le prescrizioni;
8) divieto di allontanarsi senza l’autorizzazione del Magistrato di Sorveglianza territorialmente competente dalla provincia del luogo di residenza;
9) obbligo di mantenere contatti con il Centro di servizio sociale per adulti territorialmente competente secondo la frequenza che sarà stabilita dal Centro stesso e comunque non meno di una volta ogni mese. Il libero vigilato dovrà presentarsi la prima volta al Centro di Servizio Sociale entro 5 giorni dalla data di inizio della libertà vigilata;
10) obbligo di mantenere costanti contatti con il servizio psichiatrico pubblico competente per territorio secondo la frequenza indicata dai relativi operatori e di seguire scrupolosamente le indicazioni terapeutiche dei medesimi operatori.

Firenze, 16.12.2004
il presidente il magistrato estensore
Il cancelliere Depositato in cancelleria il

Redazione

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