Oltre al conforto della giurisprudenza comunitaria [su cui si veda CGUE 12.07.2011: affinché l’hosting provider sia considerato al corrente dei fatti o delle circostanze che rendono manifesta l’illegalità del contenuto immesso sul portale telematico, è sufficiente che egli sia stato al corrente di fatti o di circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità di cui trattasi]occorre ricordare come la relazione che lega il titolare del diritto di proprietà intellettuale violato e il fornitore di servizi, non vincolati fra loro da alcun rapporto contrattuale, vada collocata sul piano extracontrattuale in termini di relazione da “contatto sociale”, che obbliga i soggetti interessati a comportarsi secondo correttezza e buona fede, in prospettiva solidaristica e, quindi, proteggendo gli interessi altrui. Nel caso in esame, invece, il portale non ha provato quale pregiudizio avrebbe subito la propria attività di hosting provider qualora avesse adottato le tecnologie disponibili per effettuare la necessaria attività di verifica e di controllo ex post attraverso la ricerca individualizzata dei contenuti illeciti segnalati dal titolare dei diritti violati, anche a prescindere dalla conoscenza dei singoli URL di riferimento.
L’onere di diligenza specifica
Esiste un principio nel nostro ordinamento che richiede un onere di diligenza specifica, e di grado qualificato, nel senso di dover esigere che un fornitore di servizi della società dell’informazione (ISP) adotti tutte le misure che gli si possano ragionevolmente richiedere al fine di impedire l’utilizzo illecito dei contenuti memorizzati sulla sua piattaforma in violazione dei diritti di proprietà intellettuale. La diligenza esigibile del fornitore di servizi dipende dallo stato della tecnica e, nella fattispecie in esame, le risultanze peritali hanno ·accertato che, all’epoca dei fatti per cui è causa, esistevano almeno due strumenti tecnologici· che avrebbero consentito all’hosting provider di effettuare la verifica e il controllo, mirati e successivi, dei contenuti illeciti che gli venivano segnalati mediante il titolo del programma televisivo e non necessariamente attraverso gli specifici URL di riferimento. Il portale, altresì, non ha fornito la dimostrazione del fatto di essersi trovato nella situazione giuridica oggettiva di non conoscibilità ex post dei contenuti audiovisivi illeciti segnalati mediante l’indicazione dei programmi televisivi dai quali erano estratti.
Sostanzialmente quindi il portale non ha adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili nel caso di specie per impedire la diffusione illecita dei contenuti audiovisivi e quindi non ha agito secondo la diligenza che può essere ragionevolmente richiesta all’hosting provider, accertandosi la responsabilità a titolo di cooperazione colposa mediante omissione, per la violazione dei diritti di cui agli artt. 78 ,ter e 79 LDA, con relativo risarcimento, secondo le norme ordinarie in materia di risarcimento del danno.
Tribunale di Roma sentenza n. 693/2019
Il Tribunale di Roma, con la sentenza 693/2019 del 10 gennaio 2019, ha quindi condannato la piattaforma Vimeo a un risarcimento di 8,5 milioni di euro nei confronti di RTI, società del Gruppo Mediaset, per la pubblicazione e la mancata rimozione di video tratti da programmi tv coperti da diritto d’autore.
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