Gli elementi per il ricorso in revocazione nel nuovo ordinamento tributario

Redazione 23/05/02
Di Maria Grazia Romano

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§ 1- Introduzione. La riforma del contenzioso tributario. § 2- Il ricorso in revocazione nel nuovo processo tributario. § 3- Le sentenze impugnabili. § 4- I motivi di revocazione. § 5- Il procedimento. § 6- Segue: Il contenuto del ricorso per revocazione. § 7- Segue: Lo svolgimento del giudizio e la decisione.

§ 1- Introduzione. La riforma del contenzioso tributario

Con la legge 30 dicembre 1991 n.413 e con il successivo D.Lgs. 31 dicembre 1992 n.546 “Disposizioni sul processo tributario” il legislatore ha, almeno in quello che era il suo disegno, cercato di dare una nuova identità al processo tributario([1]) modificandone la struttura ma soprattutto dando un nuovo volto e dei poteri più incisivi a quelli che si accingevano ad essere i nuovi giudici tributari.

Le caratteristiche fondamentali di questo nuovo processo, per la cui revisione non era più possibile attendere, possono essere così sinteticamente individuate:

– la riduzione dei gradi di giudizio da quattro a tre, rispettivamente affidati alla Commissione Provinciale, alla Commissione Regionale e alla Corte di Cassazione, con conseguente soppressione della Commissione Centrale la quale –comunque- continua nella sua attività fino al totale smaltimento delle controversie arretrate già pendenti avanti ad essa([2]);

– la facoltà per la Commissione provinciale di sospendere l’esecutività dell’atto impositivo, quando da esso possono derivare al ricorrente danni gravi ed irreparabili, nonché la facoltà di conciliare o definire in via breve la controversia, in tutto o in parte, se l’Ufficio del Ministero delle Finanze o il Concessionario della riscossione aderiscono ad un’apposita istanza del ricorrente;

– un sistema particolare per ottenere dall’Amministrazione finanziaria la tempestiva esecuzione delle decisioni del giudice tributario, siano esse oggetto di impugnazione nei successivi gradi di giudizio, oppure passate in giudicato, nel quale ultimo caso alla stessa Commissione che ha emesso la sentenza viene affidato il potere di istruire un processo detto di ottemperanza, che si conclude con l’ordine all’Amministrazione di eseguire il giudicato o in caso di inottemperanza con l’adozione di provvedimenti sostitutivi dell’ordine non eseguito;

– ed, in generale, tutto un sistema di preclusioni varie e successive che avvicinano molto il processo tributario a quello civile e che giustificano l’inevitabile necessità di avvalersi di professionisti abilitati per la difesa tecnica([3]).

Novità queste certamente importanti che fanno del processo tributario un istituto oggi degno di rilievo e, soprattutto, consono all’importanza degli interessi che vi sono in gioco.

Inutile dire che, a fianco di questi innegabili progressi, non mancano gli inconvenienti dovuti ai prevedibili maggiori costi che naturalmente graveranno sul contribuente per la necessità di servirsi di una difesa qualificata, nonché ai pesanti oneri che attendono il bilancio dello Stato per assicurare la necessaria complessa organizzazione del giudizio e per far fronte al pagamento delle spese giudiziali in caso di soccombenza.

Nel quadro della nuova riforma del processo tributario, anche per questa particolare forma di impugnazione qual’è, appunto, la revocazione, il legislatore delegato ha dettato una analitica ed articolata disciplina che ha permesso, all’istituto in esame, di trovare un proprio, seppur limitato, spazio all’interno del nuovo processo tributario.

§ 2- Il ricorso in revocazione nel nuovo processo tributario.

Tradizionalmente alla revocazione([4]) è attribuito il ruolo di rimedio contro l’ingiustizia della sentenza non appellabile o non più appellabile, sulla base della denuncia di specifici motivi che il legislatore, nella sua discrezionalità, ha contenuto in un elenco tassativo valutandoli di particolare gravità. La revocazione, quindi, è un mezzo di impugnazione previsto dalla legge quale estrema garanzia di tutela nei confronti di sentenze affette da vizi particolarmente gravi([5]) o che, comunque, presentano “indici o sintomi di ingiustizia”([6]).

Da qui la qualificazione della revocazione come mezzo di impugnazione a critica “vincolata”, nonché il suo carattere latu sensu di impugnazione straordinaria, ovvero consentita soltanto in casi eccezionali: questo naturalmente comporta “l’inammissibilità di ogni censura non compresa in detta tassativa elencazione, ed esclude di conseguenza anche la deduzione di motivi di nullità afferenti alle pregresse fasi processuali, che restano deducibili con le ordinarie impugnazioni”([7]).

Vediamo che, sulla base degli artt.395 e 396 c.p.c., si distingue tra revocazione ordinaria e straordinaria, con riguardo alla natura palese o occulta dei vizi della decisione.

In particolare la revocazione è ordinaria quando è fondata su un vizio palese, immediatamente rilevabile in relazione agli altri elementi già noti e, pertanto, deducibile negli ordinari termini di impugnazione: essa, quindi, condiziona il passaggio in giudicato della sentenza, poiché, al pari degli altri mezzi elencati dall’art.324 c.p.c., la sua proposizione impedisce la formazione del giudicato e, d’altra parte, non è più consentita una volta che questo sia intervenuto.

Si parla, invece, di revocazione straordinaria in ipotesi nelle quali dal testo della sentenza non è dato scorgere il vizio revocatorio: con la conseguenza che, ove esso divenga noto dopo la formazione del giudicato, la revocazione sarà l’unico mezzo esperibile, mentre se il vizio è conosciuto in pendenza del termine per l’appello, sarà quest’ultimo il mezzo da utilizzare.

Merita –comunque- sottolineare che la accennata distinzione trova sì fondamento e ragion d’essere nell’art.324 c.p.c., ma non ha nessuna importanza nella sistematica dell’istituto che mantiene sempre la propria funzione di estrema ratio e di rimedio contro le preclusioni che possono incidere sulla giustizia della decisione([8]).

All’interno del processo tributario, va detto che già il previgente art.41 del D.P.R. n.636/72, rubricato “Revocazione” così disponeva: “Contro le decisioni delle Commissioni tributarie, che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate, è ammessa la revocazione ai sensi dell’art.395 e 396 del codice di procedura civile. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del presente decreto relative al giudizio dinnanzi alla commissione di secondo grado.”.

Normazione, questa, non certo cristallina e che impegnò la dottrina in un non facile compito di sintesi al termine del quale si giunse ad evidenziare le notevoli divergenze rispetto al pur considerato modello della revocazione processualcivilistica([9]).

Più lineare ed esauriente è, senza dubbio, la normativa vigente([10]), anche perché proprio la ben più articolata trasposizione di istituti del processo civile in quello tributario oggi risulta più coerente; ne è causa l’intero nuovo assetto del processo tributario stesso e, in generale, il sistema delle sue strette connessioni con quello civile, in ossequio, anche, alle previsioni della legge delega([11]).

Nel processo tributario, l’istituto è oggi disciplinato dagli artt.64-67 del d.lgs.n.546/1992([12]).

Ai sensi dell’art.64 del D.Lgs. 546, “Contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell’art.395 del c.p.c.”. Il secondo comma del medesimo articolo continua poi specificando che “Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per i motivi di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art.395 del c.p.c. purché la scoperta del dolo o della falsità dichiarata o il recupero del documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al n.6 dell’art.395 del c.p.c. siano posteriori alla scadenza del termine suddetto.” L’articolo, quindi, indica le sentenze impugnabili con la revocazione nonché i motivi che sono deducibili a conforto della stessa. E’ evidente che va esclusa la revocabilità dei provvedimenti delle commissioni tributarie che assumano la forma della ordinanza e del decreto.

§ 3- Le sentenze impugnabili.

Per quanto concerne le sentenze impugnabili con la revocazione, esse sono sia quelle adottate dalle commissioni provinciali che quelle rese dalle commissioni regionali, ove ricorrano le seguenti condizioni: a) le sentenze riguardano accertamenti di fatto([13]); b) le stesse o non siano ulteriormente impugnabili o che non siano in concreto altrimenti state impugnate. Sono, quindi, revocabili, per tutti i motivi di cui all’art.395 c.p.c., le sentenze delle commissioni tributarie regionali che, in quanto tali, non possono essere impugnate per questioni di merito, con ricorso per cassazione, nonché, secondo una parte minoritaria della dottrina,([14]) le sentenze delle commissioni tributarie provinciali, non impugnabili sul punto di fatto sul quale, per acquiescenza totale o parziale, si è formato il c.d. giudicato interno([15]).

Tale ultima affermazione –però- non può essere condivisa, infatti, così come ha già sostenuto autorevole dottrina, contro le sentenze di primo grado è possibile esperire soltanto il rimedio della revocazione straordinaria, visto che quella ordinaria si trova in rapporto di sussidiarietà con l’appello([16]), per cui ammettendo tale ultimo rimedio verrebbe a mancare il requisito della non ulteriore impugnabilità della sentenza, operando –di contro- il principio della risoluzione dei motivi di revocazione in motivi d’appello([17]).

Tale ultima posizione è ampiamente da condividere, visto che riconduce lo strumento della revocazione nell’alveo delle impugnazioni a carattere straordinario, mentre l’ammettere una più ampia applicazione della stessa (revocazione delle sentenze delle commissioni tributarie provinciali non appellate), significherebbe, sostanzialmente, consentire l’elusione del termine per l’appello innanzi alla commissione tributaria regionale.

§ 4- I motivi di revocazione.

Quanto poi ai motivi di impugnazione per revocazione, questi, come già detto sono tassativi.

In proposito, l’art.64 del D.Lgs.546/92, ha fatto esplicito ed integrale rinvio all’art.395 c.p.c., con la conseguenza che sono tali:

a) -il dolo di una parte a danno dell’altra, consistente nell’artificio o raggiro soggettivamente diretto ed oggettivamente idoneo, anche sotto forma di silenzio o mendacio([18]), a paralizzare la difesa avversaria e ad impedire al giudice l’accertamento della verità([19]). Non integra, invece, il dolo revocatorio la semplice violazione dell’obbligo di lealtà e probità che incombe sulle parti e sui loro difensori([20]);

b) – le prove riconosciute o dichiarate false, prove, quindi, che siano state successivamente riconosciute false dalla parte che si è giovata delle medesime o che siano state dichiarate false con sentenza sulla quale si sia formato il giudicato([21]). Naturalmente la prova rivelatasi falsa deve aver influito sulla decisione impugnata, deve cioè essere stata decisiva ai fini dell’orientamento del giudice ovvero aver concorso alla pronuncia([22]);

c)- il rinvenimento di documenti decisivi che la parte interessata non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario. Occorre però che si tratti di documenti dotati di efficacia decisiva nella formazione del convincimento del giudice. La giurisprudenza ha –comunque- specificato che per concretarsi tale ipotesi di revocazione si deve aver il concorso di tre requisiti: 1)l’esistenza di documenti decisivi preesistenti alla pronuncia revocanda, conseguentemente risulta inammissibile il ricorso per revocazione fondato su di un documento formato successivamente alla sentenza gravata([23]); 2)l’impossibilità di produrre tale documentazione nel corso del precedente giudizio di merito per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario. In ogni caso, già nel ricorso per revocazione devono essere indicati sia la natura della impossibilità della produzione([24]) sia il giorno in cui la parte ha avuto conoscenza del documento, pena l’inammissibilità della revocazione([25]); 3)la decisività del documento o dei documenti che il giudice non ha potuto a suo tempo esaminare. Ovviamente, si ritiene decisivo, non qualsiasi documento che possa influenzare il convincimento del giudice, ma solo quell’atto idoneo a formare un diverso convincimento del giudice e –perciò- a condurre ad una diversa decisione, attenendo a circostanze di fatto risolutive([26]);

d)- l’errore di fatto risultante dagli atti e documenti di causa, ossia quella falsa percezione della realtà, quella svista materiale immediatamente rilevabile ex actis, che cada su di un fatto estraneo al giudizio e sia idoneo a condizionarlo. Ovviamente, tale errore deve consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile in base al tenore degli atti e documenti di causa([27]), pertanto, l’errore deve essere decisivo e non cadere su di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, in caso contrario deve ritenersi inammissibile il mezzo di gravame([28]);

e)- il contrasto con sentenza precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata. In tal caso, comunque, è necessario che il giudice della sentenza revocanda non si sia pronunciato sulla relativa eccezione([29]). Resta inteso che il contrasto di giudicato che concretizza l’ipotesi di cui al n.5 dell’art.395 c.p.c., si ha allorché la precedenza sentenza abbia avuto ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad esso antitetico([30]);

f)- il dolo del giudice accertato con sentenza passata in giudicato.

§ 5- Il procedimento.

Circa il procedimento va detto che mentre l’art.41 del D.P.R. n.636/1972 si limitava a richiamare “in quanto applicabili, le disposizioni del presente decreto relative al giudizio innanzi alla Commissione di secondo grado”, il D.Lgs. n.546/92 detta per il procedimento di revocazione una disciplina ben più articolata, in ordine al giudice competente, ai termini di impugnazione ed alla loro decorrenza, alle modalità di proposizione e deposito del ricorso nonché al contenuto dello stesso ed, infine, allo svolgimento del giudizio.

Restano –comunque- operanti, in via residuale ed in quanto compatibili, le norme del codice di procedura civile, in forza del generale richiamo di cui all’art.1, comma 2, del D.Lgs. citato([31]).

Non sorgono problemi per quanto attiene all’individuazione del giudice competente, infatti, ai sensi dell’art.65, comma 1, del D.Lgs.n.546, competente per la revocazione è la stessa commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata([32]).Ove però la Commissione sia divisa in più sezioni, è discusso se l’istanza di revocazione debba necessariamente essere decisa dalla medesima sezione che ha pronunciato la sentenza impugnata; la dottrina e la giurisprudenza più recenti propendono per la soluzione negativa([33]); naturalmente è necessario evitare di assegnare la causa alla stessa sezione laddove il motivo di revocazione invocato consista nel dolo del giudice e quest’ultimo faccia ancora parte del collegio giudicante([34])o, secondo altri, ricusato dalle parti([35]). Nel caso, infine, in cui l’impugnazione sia proposta dinnanzi ad una Commissione incompetente, questa potrà rilevare la propria incompetenza ai sensi dell’art.5, D.Lgs. 546, indicando –altresì- la Commissione competente e così rendendo incontestabile la competenza dichiarata ove il processo venga riassunto nei termini([36]).

Riguardo ai termini per ricorrere ed alla loro decorrenza, è necessario distinguere a seconda che si tratti di revocazione ordinaria o straordinaria, e che la stessa sentenza venga, o meno, notificata ad istanza di parte. La revocazione ordinaria, di cui all’art.395 nn.4 e 5 del c.p.c., fondata quindi su vizi palesi intrinseci alla sentenza e come tali rilevabili nella sentenza stessa, deve essere proposta entro il termine ordinario di 60 giorni dalla notificazione della sentenza o, ex art.38, comma 3 del D.Lgs. 546, entro il termine annuale in assenza di notificazione([37]).

Per la revocazione straordinaria, invece, ovvero quella esperibile in base ai motivi di cui ai nn.1, 2, 3 e 6 dell’art.395 c.p.c., essendo fondata su vizi occulti, in quanto esteriori alla sentenza, deve essere proposta nel termine di 60 giorni decorrenti dal momento in cui la parte è venuta a conoscenza del vizio legittimante([38])([39]).

Appare evidente come la disciplina ora delineata si differenzi da quella processualcivilistica per ciò che attiene la durata del termine di impugnazione che l’art.325 c.p.c. fissa, invece, in trenta giorni([40]).

§ 6- Segue: Il contenuto del ricorso per revocazione.

Ai sensi poi dell’art.65, comma 2, del citato decreto 546, il ricorso per revocazione deve contenere, a pena di inammissibilità, gli elementi previsti dall’art.53, comma 1, del medesimo decreto e quindi l’indicazione della Commissione adita e delle parti, gli estremi della sentenza impugnata, l’esposizione sommaria dei fatti e l’oggetto della domanda (consistente, in particolare, nella richiesta di revocazione della sentenza – judicium rescindens – e nelle conclusioni di merito – judicium rescissorium).

E’, inoltre, necessaria la specifica indicazione del motivo di revocazione che, a sua volta, deve essere accompagnata dalla duplice prova: a) del fatto che legittima la revocazione straordinaria, b) del momento in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza.

Appare evidente come tra gli elementi del ricorso, previsti a pena di inammissibilità, il più rilevante, trattandosi, appunto, di un mezzo di impugnazione a critica vincolata, è proprio l’enunciazione del motivo di revocazione. Non è, infatti, sufficiente il mero richiamo all’astratta fattispecie normativa, ma si rende necessaria l’esplicazione delle ragioni e dei fatti addotti a sostegno della domanda. Ma anche l’indicazione del momento esatto in cui il ricorrente è venuto a conoscenza del motivo di revocazione è indispensabile al fine di consentire la valutazione della tempestività del ricorso medesimo([41]).

In sostanza il ricorso deve contenere gli elementi previsti dall’art.53 per il ricorso in appello e deve essere proposto e depositato con le medesime forme e modalità di tale ricorso. Conseguentemente, l’atto di gravame va notificato in una delle tre forme previste dall’art.16 del D.Lgs.546; la costituzione in giudizio avviene, ai sensi dell’art.22, mediante deposito -nel termine perentorio di trenta giorni dall’avvenuta notifica- dell’originale o di copia del ricorso notificato presso la Commissione tributaria competente.

§ 7- Segue: Lo svolgimento del giudizio e la decisione.

Circa infine, lo svolgimento del giudizio va detto che ai sensi dell’art.66 del D.Lgs.n.546 “Davanti alla commissione tributaria adita per la revocazione, si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti ad essa in quanto non derogate da quelle della presente sezione” ovvero da quelle dedicate alla revocazione.

Il legislatore del 1992, così statuendo, ha innovato rispetto al passato poiché, mentre l’art.41 del DRP 636/72, richiamava in ogni caso la disciplina del giudizio di secondo grado([42]), con la nuova articolata disciplina sulla revocazione delle sentenze, egli ha potuto adottare la stessa soluzione adottata nel processo civile, con l’art.400 c.p.c., con il richiamo in via generale, per quanto non disposto, alla disciplina della fase che si svolge innanzi al giudice in concreto legittimato a conoscere della revocazione; tutto questo, naturalmente, nel pieno rispetto del generale criterio direttivo dettato dall’art.30, comma 1, lett.g) della legge delega del 1991.

Va anche detto che secondo autorevole dottrina([43]), sostenuta anche da alcune pronunce giurisprudenziali([44]), nel procedimento innanzi al giudice della revocazione sarebbe applicabile l’orientamento civilistico in base al quale il giudice, accertati i fatti posti a fondamento dell’istanza, ha il potere-dovere di trarne ogni conseguenza giuridica ritenuta opportuna. In questo modo il giudice è libero di valutare i fatti dedotti e di inquadrarli, al di là delle prospettazioni di parte, in una delle fattispecie previste dall’art.395 c.p.c. con l’unico vincolo di non limitare la causa pretendi dedotta dall’autore. Conseguenza naturale di ciò è che nel giudizio di revocazione possono essere esercitati i poteri istruttori concessi agli organi giurisdizionali tributari dall’art.7 del D.Lgs. n.546/92 e può essere disposta l’assunzione di nuovi mezzi di prova.

In ordine poi alle modalità ed ai termini di produzione dei documenti e delle memorie, della trattazione di pubblica udienza e, in generale, per tutto lo svolgimento del processo di revocazione, sono interamente applicabili le disposizioni previste per il giudizio dinanzi alla commissione tributaria competente a conoscere dell’impugnazione. Naturalmente il nuovo rito si applica, con gli opportuni correttivi([45]) ai giudizi di revocazione pendenti in primo grado al 1.4.1996, o per i quali pendesse a tale data il termine di impugnazione, ex art.72, commi 1 e 2, del D.Lgs.n.546.

Per concludere va infine detto che ai sensi e per gli effetti dell’art.67 del D.Lgs. 546, “Ove ricorrono i motivi di cui all’art.395 del c.p.c. la commissione tributaria decide il merito della causa e detta ogni altro provvedimento consequenziale”. L’articolo citato, quindi, prende in considerazione il solo caso in cui il giudizio di revocazione si concluda con l’accoglimento dell’impugnazione; naturalmente la sentenza conclusiva del relativo processo può anche decretare l’inammissibilità del ricorso (per carenza dei presupposti, per intempestività o irregolarità di deposito, ect.) ovvero l’infondatezza nel merito della medesima. Il giudice, quindi, ravvisa prima la sussistenza del motivo di impugnazione e, una volta revocata la pronuncia (conclusione della fase rescindente), provvede poi a decidere il merito della causa (dando luogo alla cosìdetta fase rescissoria) ed adotta tutti i provvedimenti necessari.

Il giudice della revocazione pronuncia, comunque, un’unica sentenza attesa la peculiarità della formulazione dell’art.67 in confronto a quanto previsto dall’art.402, comma 2, del codice di procedura civile([46]).

Note:
[1] Sul processo tributario si veda in generale: RUSSO, Manuale di diritto tributario, Milano, 1996; Idem, Processo Tributario, in Enc. Dir., 1987, vol.XXXVI, 770 ss; MILITERNI-VELLA, Il processo tributario, Napoli, 1974; FANTOZZI, Diritto Tributario, Torino, 1998; TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Torino, 1997; LUPI, Lezioni di diritto tributario. Parte generale, Milano, 1992, 259 ss; CONSOLO, Dal contenzioso al processo tributario, Milano, 1992.

[2] Nel D.P.R. 26 ottobre 1972 n.636 le commissioni tributarie avevano una ben diversa articolazione, infatti, esse si distinguevano in Commissioni tributarie di primo grado, Commissioni tributarie di secondo grado e commissione tributaria centrale. Le prime avevano competenza e sedi identiche a quelle dei tribunali, le seconde avevano sede in ciascun capoluogo di provincia ed avevano competenza a conoscere delle impugnazioni avverso le decisioni delle commissioni di primo grado che hanno sede nel territorio della provincia. La commissione tributaria centrale, infine, aveva sede in Roma ed era competente a conoscere delle impugnazioni contro le decisioni di secondo grado.

[3] Sulla riforma del processo tributario, cfr. in particolare: DRIGANI-LUNELLI, Guida al nuovo processo tributario, Milano, 1996; BAFILE, Il nuovo processo tributario, Padova, 1994; MOSCHETTI, Profili costituzionali del nuovo processo tributario, in Riv. dir. Trib., 1994, I, 837; BELLAGAMBA, Il nuovo contenzioso tributario, Torino, 1996.

[4] Sull’istituto della revocazione in diritto processuale civile cfr. ATTARDI, La revocazione, Padova, 1959; ATTARDI, Le nuove disposizioni del processo civile, Padova, 1991, 202ss; COLESANTI, Sentenza Civile (revoca della), in Noviss.Dig.it.,XVI, Torino, 1969, 1163; CONSOLO, La revocazione delle decisioni della Cassazione e la formazione del giudicato, Padova, 1989; FAZZALARI, Il processo ordinario di cognizione, II, Torino, 1990, 357.

[5] Cfr: MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino, 1998, 385; PISTOLESI, Commento agli artt.64 e ss., in BAGLIONE-MENCHINI-MICCINESE, Il nuovo processo tributario – Commentario, Milano, 1997, 561.

[6] Cfr: ATTARDI, La revocazione, cit., 49.

[7] CASS., 9.6.1994, n.5603, in Mass.Giur.it., 1994, 508.

[8] In tal senso DE STEFANO, La revocazione, Milano, 1957, 64, il quale nota che “il fine della giustizia, della conformità alla situazione giuridica sostanziale, è una delle chiavi di volta dell’istituto”.

[9] Come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo del presente lavoro, l’art.64 del D.Lgs. n.546/92 fa riferimento alle decisioni che “involgono accertamenti di fatto”, precisazione, questa, che non si rinviene nell’art.395 c.p.c. E’ stato così ipotizzato che tale precisazione costituisse una limitazione o restrizione della revocazione tributaria rispetto a quella civilistica. La dottrina, che ha affrontato la problematica, seppur con riferimento all’art.41 del D.P.R. n.636/72 – che conteneva un’analoga espressione – ha ritenuto che “l’involgimento di accertamenti di fatto, più che un limite, costituisce semmai il confine naturale della revocazione, posto che i giudizi di diritto pronunciati dal giudice sono valutati di per sé e, comunque, quel che rileva, in ordine ad essi ed ai fini del loro sindacato, è la non conformità al paradigma normativo, ma non la causa determinativa di detta divergenza; e, in particolare, contro le decisioni dei giudici tributari, la decisione è esperibile anche per il motivo contemplato nel n.5 dell’art.395 consistente nel contrasto con precedente giudicato, giacché tale contrasto non viene in considerazione quale inosservanza del secondo giudice del divieto di giudicare nuovamente (ossia quale error in procedendo), bensì quale errore sul fatto costituito dalla esistenza del giudicato formatosi in precedenza” e che “non sfuggono alla revocazione le decisioni di puro rito, purché, s’intende, involgano accertamenti sul fatto (processuale); e tanto meno le decisioni relative a questioni di fatto estimative nonché a questioni di fatto concernenti la misura delle pene pecuniarie”. Così RUSSO Processo tributario,in Enc.dir., XXXVI, Milano, 1987, 824 e in senso conforme, GLENDI, La revocazione delle decisioni delle Commissioni tributarie, in Dir.prat.trib., 1981, I, 127 s. Contra ATTARDI, La revocazione nel nuovo processo tributario, in Giur.it., 1975 IV, 118 ss; TOMASICCHIO, Manuale del contenzioso tributario, Padova, 1978, 221.

[10] Cfr: BAFILE, op. cit., 177 ss; BATISTONI FERRARA, Appunti sul processo tributario, Padova, 1995, 119 ss; TURCHI, “La revocazione”, in Il processo tributario, a cura di TESAURO, Torino, 1998, 804 ss; CHIZZINI, Note su termine di revocazione contro le decisioni della Commissione centrale, in Giur. Trib., n.10/1996, 913; COLLI VIGNARELLI, Aspetti essenziali del processo tributario, in Rass. Trib., 1997, fasc.3, 614 ss; MAGLIONE, Della revocazione nel nuovo processo tributario, in Boll. Trib., 1998, fasc.4, 327 s.

[11] Su tali tematiche CHIRIZZI, “I rapporti tra codice di procedura civile e processo tributario”, in Il Processo tributario, a cura di TESAURO, cit., 3 ss.

[12] Cfr: PERRUCCI, Al via il nuovo processo tributario, in Boll. Trib., 1996, fasc.6, 421-427.

[13] Il significato dell’espressione “accertamenti di fatto” non è pacifico in dottrina ma si ritiene generalmente che essa comprenda tutti i giudizi di fatto, anche se relativi a decisioni in rito. In tal senso GLENDI, La revocazione delle decisioni delle Commissioni tributarie, cit., 71; CONSOLO, Revocazione, Commentario delle leggi sul contenzioso tributario, Milano, 1990, 1009; RUSSO, Processo tributario, cit., 824; Cfr: Cass. SS.UU., 8.2.1983 n.101, in Giur.it., 1983, I, 1, 1878. Resta ovviamente escluso che eventuali vizi in procedendo possano comportare l’utilizzo di tale straordinario mezzo di gravame. In tal senso, preme evidenziare che “in tema di contenzioso tributario è stato ritenuto inammissibile il ricorso per revocazione proposto per far valere i vizi relativi alla mancata convocazione in udienza ed alla mancata notifica della decisione di secondo grado”. In termini: Commiss. Trib. Reg.Lazio 03.03.1998 in Tributi, 1999, 743 con nota di BONINI.

[14] In tal senso BLANDINI, Il processo tributario, Sole24Ore Ed., Milano, 2000, 239.

[15] Su tale tematica: BIANCHI, Poteri del giudice tributario di secondo grado e presupposti del giudicato interno, Nota a Cass., Sez. trib., 28.4.2000, n.5427 e Cass., Sez. trib., 9.6.2000, n.7904, in Riv. Giur. Trib., 2000, 1097; VOGLINO, Ulteriori conferme sulla formazione progressiva del giudicato interno nel processo tributario, Nota a Cass., sez.I, 29.11.1990, n.11205, in Boll. Trib., 1992, 871; BRILLI, In tema di nullità insanabili non dedotte in appello e di formazione del giudicato interno, Nota a Cass., 6.9.1990, n.9197, in Foto it., 1991, I, 102; TOSCANO, Il c.d. giudicato interno o implicito e questioni che ne derivano…, Nota a Cass., 20.11.1989, n.4958 in Giust. Civ., 1990, I, 674; PROTO PISANI, In tema di giudicato interno, giudicato esterno e preclusioni, Nota a Cass., 23.10.1986, n.6221 in Foro it., 1986, I, 3009.

([16] ) La giurisprudenza ha, infatti, affermato che il ricorso in revocazione è ammissibile esclusivamente avverso decisioni definitive ovvero, relativamente al caso di revocazione ordinaria, contro le sole sentenze di appello, in concorrenza al ricorso per cassazione: Cfr.: Commiss. Trib. Prov. Palermo 22..12.1998, in Rass.amm.sic, 1999, 533; Cass. Sez.trib.29.11.2000 n.15319 in Mass.Foro it. 2000.

[17] TESAURO, Processo tributario, Digesto, disc.priv., Sez. comm., XI, Torino, 1994, 24; CONSOLO, Note rapide in tema di concorso fra revocazione ed altre impugnazioni delle decisioni tributarie ed applicabilità dell’art.398 del codice di procedura civile nel contenzioso tributario, in Rass. Trib., 1989, II, 457; BAFILE, cit., 176; BELLAGAMBA, Il contenzioso tributario dopo il D.L. 16 maggio 1996, n.259, Torino, 1996, 202 e 204.

[18] In tal caso, la giurisprudenza precisa che il mendacio o il silenzio serbato dalla parte su fatti decisivi della causa siano veramente tali da impedire un’efficiente attività difensiva della controparte o –comunque- in grado da pregiudicare l’accertamento della verità, tutto ciò legato anche ad un comportamento processuale attuativo dell’iniziale disegno fraudolento: Cass. 05.06.1993 n.6322.

[19] Cfr: BELLAGAMBA, Il contenzioso tributario, cit., 203; TROVATO, Lineamenti del nuovo processo tributario, Padova, 1996, 290; in giurisprudenza CASS., 29.7.1994, n.7576, in Mass. Giust. Civ., 1994; CASS., 30.3.1992, n.3863, in Giur. It., 1993, I, 1.

[20] Cass. 29.08.1994 n.7576.

[21] Si è esclusa, nel processo tributario, l’esperibilità della revocazione quando la dichiarazione di falsità delle prove sia contenuta in una sentenza inidonea a rivestire autorità di cosa giudicata tra le parti del giudizio di revocazione, poiché queste ultime non hanno partecipato al giudizio sul falso o non sono state in condizione di parteciparvi. In tal senso SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, 1996, 641.

[22] Per esempio, è stato ritenuto che “la decisione con cui la commissione centrale si è pronunciata su un ricorso sulla base della ritenuta veridicità di un fatto (nella specie, avvenuta notifica di un avviso di accertamento presso la sede della società contribuente) che è stato dichiarato falso (in quanto, viceversa, la notifica de qua era avvenuta nella casa comunale a mani di persona che non aveva la rappresentanza legale della società destinataria della notifica stessa) dal giudice penale con pronuncia definitiva resa successivamente alla decisione stessa” fosse soggetta legittimamente ad un ipotesi di “revocazione ai sensi dell’art.395 n.2 c.p.c.” Commiss. Trib. Centr. 20.01.1993 n.435 in Riv. Legisl. Fisc. 1995, 1330.

[23] In termini: Cass. Trib. 17.03.2000 n.3116 in Giust. It., 2000, 1958. Cfr.: Cass. 18.08.1997 n.7653 in Mass. 1997, 759; Cass. 18.05.1996 n.4610 in Mass. 1996, 433.

[24] Per esempio, è stato sostenuto che “nel ricorso per revocazione non sussiste causa di forza maggiore ex art.395 n.3 c.p.c., nel caso di ritardata produzione di certificati catastali quanto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 8 e 11 l.n.154/1988, sia esclusa la valutazione automatica, in materia di successioni”, Commiss. Trib. II grado Trieste 06.11.1989 in Fisco 1990, 6829.

[25] Commiss. Trib. Centr. 07.07.2000 n.4167, in Fisco 2000, 12053.

[26] Cfr.: Cass. 15.05.1996 n.4508; Cass. 29.07.1986 n.4847.

[27] Cass. 26.10.1998 n.10635; Cass. 12.03.1999 n.2214.

[28] Commiss. Trib. Lazio 18.01.1999 in Tributi 1999, 743. Inoltre, la giurisprudenza ha chiarito in modo inequivoco che non si configura come errore di fatto -che a norma dell’art.395 n.4 c.p.c. dà ingresso al ricorso per revocazione- il ragionamento posto alla base della decisione della commissione tributaria centrale nella interpretazione delle norme: in termini Commiss. Trib. Centr. 16.12.1988 n.8594 in Riv. Legisl. Fisc. 1989, 1460; Cfr.: Cass. 06.02.1990 n.791; Cass. 09.10.1991 n.10578; Cass. 03.12.1996 n.10794; Cass. 03.04.1999 n.3289.

[29] Fra le tante: Cass. SS.UU. 14.02.1994 n.1431.

[30] Cass. 07.10.1996 n.8761; Cass. 03.07.1987 n.5813.

[31] L’art.1, comma 2, del D.Lgs. n.546/92, dispone che “I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”. In questo modo la disciplina dettata dal codice di procedura civile si pone quale fonte immediatamente secondaria e generalizzata rispetto alla normativa dettata nel decreto così che il passaggio da una normativa all’altra si giustifica per l’esistenza di una lacuna nella normativa speciale e nella compatibilità della disciplina generale del codice di procedura civile con quella specialmente prevista dal decreto. Cfr: GLENDI, L’influenza delle recenti modifiche al c.p.c. sulla disciplina del processo tributario (anche in vista di una sua progettata riforma), in Riv. Dir. proc., 1992, 135 s; FINOCCHIARO-FINOCCHIARO, Commentario al nuovo contenzioso tributario, Milano, 1996; RUSSO, Processo tributario, op. cit., 783.

[32] Cfr: BELLAGAMBA, Il contenzioso tributario, cit., 205; GAFFURI-TURCHI, Il processo tributario, in Giur. It., 1999, 2429 s.

[33] In tal senso CONSOLO, Revocazione, cit., 1029; CASS., 14.5.1991, n.5397, in Mass. Giur. It., 1991, 460; Comm. Trib.centr., 21.12.1979, n.13704, in Comm. Trib. Centr., 1980, I, 257; CASS., 7.8.1968, n.2831, in Mass. Giust. Civ., 1968. Contra ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, 3^ed, II, Napoli, 1960, 620.

[34] Cfr: MANDRIOLI, op. cit., II, 462, nota 1; BELLAGAMBA, op. cit., 205; SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, 1996, 641;CASS., 3.3.1987, n.2222, in Mass. Giur. It., 1987, 342.

[35] Cfr: ANDRIOLI, Commento, cit., 644.

[36] Cfr: PISTOLESI, Commento agli artt.64 e ss., in BAGLIONE-MENCHINI-MICCINESE, Il nuovo processo tributario – Commentario, cit., 573.

[37] Il legislatore, quindi, ha positivamente risolto il dubbio relativo all’operatività, nel processo tributario, del termine lungo di impugnazione, dalla dottrina generalmente ritenuto non applicabile sotto il vigore della precedente disciplina. Tra i tanti TESAURO, Lineamenti del processo tributario, Rimini, 1991, 225; D’AYALA VALVA, Sui termini del processo tributario ed il principio espresso dall’art.327 del codice di procedura civile, in Rass. Trib., 1989, II, 996; RUSSO, Processo tributario, cit., 800. In senso favorevole all’operatività dell’art.327 c.p.c., si vedano, tra le più recenti: CASS., 14.6.1995, n.6724, in Mass. Giur. It., 1995, 786; CASS., 11.5.1995, n.5162, in Mass. Giur. It., 1995, 628; CASS., 26.11.1994, n.10057, in Giur. Imp., 1995, 235.

[38] Costituisce un eccezione alla regola suddetta l’ipotesi in cui uno degli eventi di cui al 395cpc, sia precedente alla notifica della sentenza; in tal caso, infatti, i 60 giorni decorreranno comunque dalla notifica, poiché “sarebbe del tutto irrazionale costringere colui che è venuto a conoscenza di uno degli eventi in questione in momento anteriore alla notifica della sentenza……… a proporre l’impugnazione per revocazione senza conoscere se l’evento abbia influito sulla decisione” CASS., 14.11.1979, n.5918, in Giur. It., 1980, 1, I, 1640.

[39] Non sussistono al riguardo contrasti in dottrina anche se alcune tesi contrarie si erano andate profilando; tra queste: MICHELI, Corso di diritto tributario, Torino, 1981, 252, secondo cui, appunto, il termine per proporre la revocazione nel sistema previdente era sempre di trenta giorni ed il dies a quo era costituito dalla notificazione della decisione, salvo per i motivi previsti dai nn.1, 2, 3 e 6 dell’art.395, il cui termine decorreva dal giorno in cui era stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o era stato recuperato il documento o era passata in giudicato la sentenza che aveva accertato il dolo del giudice. Tesi questa confortata anche da qualche isolata pronuncia giurisprudenziale: Comm. Trib. Centr., 9.6.1982, n.3075 e Comm. Trib. Centr., 22.2.1988, n.1778.

[40] Che il termine breve di impugnazione per revocazione sia di sessanta giorni, è stato ribadito dalla stessa Cassazione con riferimento al giudizio avanti alla Commissione centrale: CASS., 16.4.1996, n.3593, in Riv. di Dir. Trib., 1996, fasc.12, 1160 s, con nota di TURCHI, Il termine della revocazione tra vecchio e nuovo processo tributario.

[41] Elementi questi tutti richiesti a “a pena di inammissibilità” la cui mancata o inesatta indicazione, quindi, rilevabile anche d’ufficio, preclude al giudice l’esame del merito del ricorso. Così: CASS., 7.1.1984, n.108, in Mass. Giur. It., 1984, 28; CASS., 6.7.1983, n.4570, in Mass. Giur. It., 1983, 1197.

[42] Richiamo, questo, giustificato dalla mancanza di una compiuta disciplina del procedimento di revocazione delle decisioni rese dagli organi della giustizia tributaria, con la conseguenza che era parso opportuno richiamare in blocco le norme dettate per un altro mezzo di impugnazione. Fu così scelto l’appello devoluto alla commissione tributaria di secondo grado, in quanto in tale procedimento non erano previste limitazioni di sorta alle facoltà di cognizione ed istruttorie del giudice tributario. In tal senso GLENDI, La revocazione delle decisioni delle commissioni tributarie, cit., 106; RUSSO, Processo tributario, in Enc. Dir., cit., 826; TESAURO, Lineamenti del processo tributario, cit., 225.

[43] MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino, II, 1995, 463, nota 3.

[44] Cfr: CASS., 5.1.1979, n.34, in Mass. Giust. Civ., 1979; CASS., 12.3.1984, n.1687, in Mass. Giust. Civ., 1984.

[45] Cfr: RAU-ALEMANNO, Nuovo processo tributario: la disciplina transitoria, in Boll. Trib., 1996, 504; TURCHI, Il termine della revocazione tra vecchio e nuovo processo tributario, nota di commento a CASS., 16.4.1996, n.3593 in Riv. Dir. Trib., 1996, 1160 s.

[46] In dottrina c’è chi comunque sostiene l’applicabilità della regola di cui all’art.402, comma 2, del codice di procedura civile al processo tributario nonostante il disposto dell’art.35 del D.Lgs. 546 che vieta espressamente l’emissione di sentenze definitive. In tal senso: BLANDINI, Il processo tributario, op. cit., 247, per il quale “considerato che la violazione del divieto delle sentenze non definitive non è, in alcun modo, sanzionata, l’eventuale adozione, da parte di una commissione tributaria, di una sentenza che non definisca il giudizio, certamente non invalida la decisione”; EBREO-PETRUCCI, Il processo tributario, Ed.Theorema, 1996, sub art.67, 200.

Redazione

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