Autorità indipendenti: i rapporti tra AGCM e AGCOM

Redazione 28/01/19
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Può accadere che un’Autorità indipendente trasversale si trovi a vigilare su comportamenti che ledono l’interesse che essa è preposta a difendere ma che, al contempo, si svolgono in campi governati da una diversa Autorità indipendente di settore. In questi casi, possono porsi talune questioni relative alla competenza delle Autorità indipendenti coinvolte. Così è accaduto in relazione all’AGCM e all’AGCOM nel caso di pratiche commerciali scorrette.

Autorità indipendenti di settore e Autorità indipendenti trasversali

Le funzioni attribuite alle Autorità indipendenti non sono inquadrabili all’interno di un’unica categoria.

Ad ogni modo, potremmo compendiare le attività generalmente svolte dalle Autorità indipendenti attraverso la seguente elencazione: attività di regolazione, attività amministrative in senso stretto (rilascio di autorizzazioni e adozione di provvedimenti), funzioni arbitrali e contenziose, attività sanzionatorie, attività consultive.

Non necessariamente ciascuna Autorità indipendente possiede svolge tutte le attività appena elencate. I poteri ad esse attribuiti dipendono molto dal settore in cui esse operano.

A tal fine è possibile distinguere tra Autorità indipendenti di settore e Autorità indipendenti trasversali.

Le Autorità indipendenti di settore (come la Consob, Ivass e l’AGCOM) sono preposte alla tutela di interessi di rilievo pubblicistico peculiari di uno specifico settore economico.

Le Autorità indipendenti trasversali (come l’AGCM e il Garante per la protezione dei dati personali), invece, sono preposte alla tutela di specifici interessi di rilievo pubblicistico in ogni settore dell’ordinamento.

Può accadere che un’Autorità  indipendente trasversale si trovi a vigilare su comportamenti che ledono l’interesse che essa è preposta a difendere ma che, al contempo, si svolgono in campi governati da una diversa Autorità indipendente di settore. In questi casi possono porsi possono porsi talune questioni relative alla competenza delle Autorità indipendenti coinvolte.

È quanto avviene con riferimento ai rapporti tra AGCM e AGCOM nel caso di pratiche commerciali scorrette nel settore delle telecomunicazioni e, in particolare, nel caso di addebito di servizi non richiesti sulla SIM da parte delle compagnie telefoniche.

Approfondisci con:Il procedimento amministrativo davanti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

Rapporti tra AGCM e AGCOM nel caso di pratiche commerciali scorrette

L’AGCM (detta anche “Antitrust”) ha la funzione di vigilare sulla concorrenza e sul corretto funzionamento del mercato in generale. Ciò implica che talvolta l’attività di vigilanza dell’AGCM può attenere al corretto funzionamento del mercato in specifici settori economici come, ad esempio, quello delle comunicazioni elettroniche. Al contempo, il Codice del Consumo assegna a tale autorità il compito di proteggere il consumatore da specifiche condotte abusive suscettibili di essere attuate nei più disparati settori economici. Tra queste possono rientrare le condotte di addebito di servizi non richiesti sulla SIM da parte delle compagnie telefoniche.

L’AGCOM esercita, invece, funzioni a tutela dell’utenza dell’ambito delle comunicazioni elettroniche (funzioni disciplinate dall’apposito Codice delle comunicazioni elettroniche).

L’art. 19, comma 3, Codice del consumo (nel recepire l’art. 3, par. 4, della direttiva 29/2005/CE) ha previsto che “in caso di contrasto le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici”.

Apparentemente, dunque, le funzioni dell’AGCOM sembrerebbero destinate a prevalere sulle funzioni attribuite dalle disposizioni del Codice del consumo all’AGCM, sulla base del principio di specialità.

Sulla questione è intervenuta, in diverse occasioni, l’Adunanza Plenaria.

In prima battuta, l’Adunanza Plenaria (con sentenze nn. 11, 12, 13, 15 e 16 del 2012), sulla scorta del principio di specialità suesposto, ha affermato che spetta all’AGCOM, e non all’AGCM, la competenza a sanzionare le violazioni delle prescrizioni dettate dal Codice delle comunicazioni elettroniche in materia di attività anticoncorrenziale da parte dei gestori degli impianti di telecomunicazioni

In seguito, però l’Adunanza Plenaria (con sentenza n. 3 del 2016) ha ritenuto necessario operare un distinguo, che muove dalla seguente considerazione di ordine generale: alla luce delle generali attribuzioni disposte dalla legge, mentre la pratica commerciale aggressiva è inequivocabilmente attratta nell’area di competenza dell’AGCM, la violazione degli obblighi informativi su servizi telefonici è invece, di per sé, suscettibile di sanzione da parte dell’AGCOM.

Nello specifico caso di addebito di servizi non richiesti sulla SIM da parte delle compagnie telefoniche si sarebbe in presenza del caso particolare di una pratica commerciale aggressiva che ingloba la violazione degli obblighi informativi contenuti nel codice delle comunicazioni elettroniche.

Ciò posto, l’Adunanza Plenaria ha questa volta affermato la competenza dell’AGCM e non dell’AGCOM, ma sempre sulla scorta del principio di specialità. Infatti, l’addebito di servizi non richiesti sulla SIM costituisce una progressione di più condotte lesive che, muovendo dalla violazione di meri obblighi informativi, ha come effetto ulteriore e specializzante quello di realizzare una pratica anticoncorrenziale vietata ovvero di una pratica commerciale aggressiva.

Il principio di specialità espresso dall’art. 19 del Codice del Consumo, dunque, non va applicato avuto riguardo alle materie regolate, bensì alle fattispecie concrete: l’accento va posto non sulla specialità del settore delle comunicazioni rispetto alla concorrenza in genere, bensì sul fatto che la violazione degli obblighi informativi abbia comportato l’effetto ulteriore di dar luogo ad una pratica commerciale scorretta.

Da ultimo, è intervenuta la Corte di Giustizia con sentenza del 13 settembre 2018 nelle cause riunite C‑54/17 e C‑55/17.

La Corte di Giustizia ha innanzitutto precisato che effettivamente la nozione di «fornitura non richiesta» (ai sensi dell’allegato I, punto 29, della direttiva 2005/29/CE) ricomprende condotte consistenti nella commercializzazione, da parte di un operatore di telecomunicazioni, di carte SIM sulle quali sono preimpostati e preattivati determinati servizi (quali la navigazione Internet e la segreteria telefonica) senza che il consumatore sia stato previamente ed adeguatamente informato né di tale preimpostazione e preattivazione né dei costi di tali servizi.

Alla Corte di Giustizia era stato chiesto se il principio di specialità, sancito dalla direttiva 29/2005/CE, ostasse ad una interpretazione dell’art. 19 del Codice del consumo del tenore di quella offerta dall’Adunanza Plenaria n. 3 del 2016. Vale a dire se il principio di specialità ostasse a una interpretazione dell’art. 19 del Codice del consumo che, pur in presenza di una disciplina di settore regolante in maniera compiuta le pratiche commerciali vietate in uno specifico settore economico (cioè il Codice della comunicazioni elettroniche), impone l’applicazione della normativa generale sulle pratiche scorrette del Codice del Consumo (con conseguente competenza dell’AGCM e non dell’AGCOM).

La Corte di Giustizia ha concluso che non contrasta con il diritto europeo la normativa nazionale che attribuisce i poteri sanzionatori all’AGCM, con esclusione della competenza dell’Autorità di settore (AGCOM).

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