Azione risarcitoria da lesione dell’interesse legittimo: è legittimo il nuovo termine di decadenza?

Redazione 31/01/19
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Il Codice del processo amministrativo prevede un termine decadenziale piuttosto breve (120 giorni) per l’esercizio dell’azione risarcitoria. Ci si è chiesti se tale termine sia applicabile anche alle azioni relative ai fatti anteriori all’entrata in vigore del Codice e se dia luogo ad una irragionevole disparità di trattamento tra soggetti titolari di analoghe posizioni sostanziali.

 Azione risarcitoria e tutela dell’interesse legittimo

Non vi sono più dubbi sul fatto che l’interesse legittimo non vada più considerato come interesse indirettamente protetto o come posizione di stampo meramente processuale, né come interesse alla sola legittimità dell’azione della PA.  Oggi si ritiene, infatti, che l’interesse legittimo sia una situazione sostanziale direttamente tutelata dall’ordinamento, equiparata dalla Costituzione al diritto soggettivo (ex artt. 24, 103 e 113 Cost), nell’ambito della quale assume rilievo centrale il bene della vita cui aspira il privato.

Dall’evoluzione del concetto di interesse legittimo appena descritta discende l’esigenza di assicurarne piena ed effettiva tutela, così come avviene in relazione ai diritti soggettivi.

Ciò è avvenuto in prima battuta con la nota pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 500/1999, che ha ricondotto l’azione risarcitoria del danno derivante dalla lesione dell’interesse legittimo nell’ambito della responsabilità aquiliana ex art 2043 c.c. Secondo le Sezioni Unite, infatti, l’art. 2043 c.c. sancisce il diritto al ristoro delle conseguenze negative derivanti dalla lesione di una qualunque posizione soggettiva meritevole di tutela secondo l’ordinamento, compresi gli interessi legittimi.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 500/1999, hanno poi precisato che “la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto. Ciò non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale. Potrà infatti pervenirsi al risarcimento soltanto se l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento. In altri termini, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo”.

L’obiettivo di assicurare la piena tutela dell’interesse legittimo è stato portato a compimento con l’introduzione del Codice del Processo Amministrativo (D.lgs. n. 104/2010).

In tale corpus normativo sono molteplici gli strumenti di tutela previsti, tra cui: l’azione di nullità, l’azione di annullamento, l’azione risarcitoria, l’azione avverso il silenzio, l’azione di condanna pubblicistica e l’accertamento atipico.

Con particolare riferimento all’azione risarcitoria, il codice ha avuto senz’altro il merito di sancirne l’autonomia rispetto alle impugnazioni.

D’altra parte, il legislatore del Codice del processo amministrativo ha previsto un termine piuttosto ristretto per l’esercizio dell’azione risarcitoria, che non ha mancato di suscitare questioni interpretative e dubbi di legittimità costituzionale.

Sul punto: La tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo”

Legittimità costituzionale del nuovo termine per l’azione risarcitoria

In base all’art. 30 c.p.a. la domanda risarcitoria deve essere formulata, a pena di decadenza, entro 120 giorni dalla verificazione del fatto o dalla conoscenza del provvedimento.

Tuttavia, ove il pregiudizio sia conseguenza del mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento stabilito dall’art 2 l. n. 241/1990, il termine di 120 giorni non decorre finché perdura l’inadempimento (e, in ogni caso, non prima che sia trascorso un anno dalla scadenza del suddetto termine).

Se prima è stata proposta l’azione di annullamento, la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio (con i motivi aggiunti) o, comunque, entro 120 giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.

Come si vede, a prescindere da quale dies a quo si prenda in considerazione, la nuova disciplina prevista dall’art. 30 c.p.a. risulta più sfavorevole rispetto al termine di prescrizione quinquennale cui era sottoposta l’azione risarcitoria nella fase precedente all’introduzione del codice del processo amministrativo.

Ci si è quindi chiesti se il nuovo termine di 120 giorni sia applicabile anche alle azioni risarcitorie relative ai fatti anteriori all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

In proposito si ricorda infatti che secondo l’Adunanza Plenaria n. 3/2011 “la disciplina recata dal codice del processo amministrativo, in ordine all’autonoma proponibilità dell’azione risarcitoria, è estensibile a situazioni anteriori al 16 settembre 2010, data di entrata in vigore del codice, in quanto ricognitiva di principi evincibili dal sistema normativo antecedente all’entrata in vigore del codice, quali quello dell’assenza di una stretta pregiudiziale processuale e dell’operatività di una connessione sostanziale di tipo causale tra rimedio impugnatorio e azione risarcitoria”.

Pacifico quindi che anche per i fatti anteriori al codice del processo amministrativo sia possibile esperire l’azione risarcitoria in via autonoma, resta da capire se a tale azione si applichi il termine di 120 giorni previsto dall’art. 30 c.p.a.

Sul punto sono emersi due orientamenti.

In base ad una tesi maggioritaria, il nuovo termine sarebbe inapplicabile retroattivamente, trattandosi di disciplina limitativa del diritto di azione.

In base ad una tesi minoritaria, sarebbe applicabile il principio tempus regit actum e con esso, quindi, il nuovo termine previsto dall’art. 120 c.p.a.

L’Adunanza Plenaria, con sentenza n. 6/2015, ha risolto il contrasto appena delineato affermando che il termine decadenziale di 120 giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall’articolo 30 c.p.a., non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all’entrata in vigore del codice.

Ciò sia in quanto l’innovazione legislativa comporta una compressione del diritto di azione, sia in quanto in base all’art. 2 dell’Allegato 3 al Codice “per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti”. L’Adunanza Plenaria ha infatti ritenuto applicabile la norma appena citata (non solo nel caso di successione di norme processuali, ma anche) nel caso di sostituzione di un termine di prescrizione (di natura sostanziale) con un termine decadenziale (di natura processuale ma avente rilievo sostanziale).

Tale soluzione è stata confermata anche dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 57/2015, in base alla quale “l’art. 2 del Titolo II dell’Allegato 3 non è altrimenti interpretabile che nel senso della sua riferibilità anche (e a maggior ragione) all’ipotesi di successione tra un termine sostanziale, qual è quello di prescrizione, ed un termine processuale precedentemente non previsto, quale appunto il termine di decadenza sub art. 30 c.p.a., essendo una diversa lettura della predetta disposizione (nel senso, restrittivo, della sua riferibilità solo a termini processuali «in corso») innegabilmente contra Constitutionem, per la compromissione, che ne deriverebbe, non solo della tutela ma della esistenza stessa della situazione soggettiva”.

Ciò posto, la Corte Costituzionale ha da ultimo confermato la piena legittimità del termine previsto dall’art. 30 c.p.a. e negato che esso comporti una irragionevole disparità di trattamento tra situazioni soggettive sostanzialmente analoghe (cioè tra interesse legittimo e diritto soggettivo).

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 94/2017 ha infatti affermato che il legislatore gode di ampia discrezionalità in tema di disciplina degli istituti processuali, con solo limite della non manifesta irragionevolezza delle scelte compiute. In proposito “la previsione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione risarcitoria non può ritenersi il frutto di una scelta viziata da manifesta irragionevolezza, ma costituisce l’espressione di un coerente bilanciamento dell’interesse del danneggiato di vedersi riconosciuta la possibilità di agire anche a prescindere dalla domanda di annullamento (con eliminazione della regola della pregiudizialità), con l’obiettivo, di rilevante interesse pubblico, di pervenire in tempi brevi alla certezza del rapporto giuridico amministrativo”.

Inoltre, secondo la Corte Costituzionale “la necessità che davanti al giudice amministrativo sia assicurata al cittadino la piena tutela, anche risarcitoria, avverso l’illegittimo esercizio della funzione pubblica (sentenze n. 191 del 2006 e n. 204 del 2004) non fa scaturire, come inevitabile corollario, che detta tutela debba essere del tutto analoga all’azione risarcitoria del danno da lesione di diritti soggettivi. È evidente, infatti, che le due situazioni giuridiche soggettive poste in comparazione sono differenti: entrambe sono meritevoli di tutela, ma non necessariamente della stessa tutela. Dalla non omogeneità delle situazioni giuridiche soggettive poste a raffronto discende, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’infondatezza della censura di violazione del principio di uguaglianza”.

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