Alessandro Massari
Come di consueto, il Governo, in sede di approvazione della manovra finanziaria di fine anno, non risparmia sorprese e novità normative che interessano il settore degli appalti pubblici.
In realtà, ancora prima della manovra di bilancio 2019, abbiamo assistito al convulso iter di approvazione del d.l. semplificazione, il quale, rispetto alla bozza inizialmente sottoposta al CdM, è stato all’ultimo momento sottoposto ad un drastico intervento dimagrante. Deludendo le aspettative degli operatori, delle numerose e importanti modifiche al Codice che erano state previste nel testo iniziale (dalla semplificazione della progettazione per le manutenzioni, all’innalzamento delle soglie per il ricorso al prezzo più basso e alle procedure negoziate per i lavori; dalla facoltatività della terna dei subappaltatori, alla semplificazione della verifica della documentazione amministrativa; dalla modifica ai requisiti generali, agli incentivi, ecc.), il decreto 135/2018 ha confermato solo quella relativa ai gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice. Si preannunciano tuttavia, in fase di conversione del decreto, iniziato al Senato il 18 dicembre, emendamenti aggiuntivi che potrebbero anticipare, nella legge di conversione, ulteriori modifiche al Codice non inserite nell’atto del Governo.
Le norme in materia di semplificazione per le imprese
In particolare, il d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 (“Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”), ha previsto all’art. 5 (infelicemente rubricato “Norme in materia di semplificazione e accelerazione delle procedure negli appalti pubblici sotto soglia comunitaria”), l’allineamento del testo dell’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice, all’art. 57, par. 4 alla direttiva comunitaria 2014/24/UE, che considera in maniera autonoma le quattro fattispecie di esclusione indicate erroneamente, a titolo esemplificativo, nell’attuale lettera c).
Dopo la novella, è stata riformulata la lettera c) e introdotte le nuove lettere c-bis) e c-ter). La prima ipotesi richiama fedelmente la formula di apertura della norma precedente, prevedendo l’esclusione dalla gara qualora “c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”. L’ampia formulazione della disposizione in esame conferma l’interpretazione estensiva della stessa, diretta ad attribuire rilevanza escludente a numerose situazioni che interessano le imprese, come ad esempio le condotte anticoncorrenziali o di rilevanza penale, anche se non ricomprese nell’art. 80 e non definitivamente accertate. Sul punto, possono ancora ritenersi valide e applicabili le indicazioni contenute nelle linee guida ANAC n. 6, peraltro in fase di aggiornamento.
Sparisce, invece, dalla nuova norma sui requisiti di ordine generale la successiva elencazione esemplificativa di illeciti professionali, e introdotta dall’inciso “tra questi rientrano”. Le ipotesi originariamente contenute nell’elenco sono ora disciplinate come autonomi motivi di esclusione dall’art. 80. In forza della nuova lett. c-bis) l’operatore economico sarà estromesso dalla procedura qualora “abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
Infine, ai sensi della successiva lett. c-ter), l’esclusione sarà anche disposta nel caso in cui “l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”. È in questa parte della norma che si registrano, come attentamente osservato (Capotorto e Picardi), le novità più rilevanti, a partire dalla soppressione dell’inciso “non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio” riferito alla risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto per carenze evidenziate nella fase di relativa esecuzione. Tale precisazione, non presente nella corrispondente disciplina europea, ha infatti dato luogo a numerose difficoltà interpretative laddove subordinava l’esclusione dell’impresa, colpevole di gravi illeciti professionali, alla circostanza che la risoluzione contrattuale non fosse sub iudice o, alla circostanza che il relativo giudizio si fosse concluso con la soccombenza dell’appaltatore.
Orbene, la modifica apportata dal decreto, elimina dunque il riferimento all’insussistenza di un contenzioso pendente relativo alla risoluzione, finendo tuttavia per attribuire rilevanza escludente anche a risoluzioni contrattuali, per ipotesi, illecite o illegittime, riducendo indubbiamente le garanzie a tutela degli operatori economici. L’unica forma di tutela in tal senso è costituita dall’inserimento dell’obbligo di motivazione della stazione appaltante rispetto “al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”, che tuttavia non contempla tra gli elementi oggetto di ponderazione le eventuali contestazioni che l’operatore economico abbia mosso avverso il provvedimento di risoluzione.
Le nuove disposizioni trovano immediata applicazione per le procedure avviate con bandi o avvisi di indizione pubblicati successivamente al 15 dicembre 2018 (data di entrata in vigore del d.l. 135). Per i contratti conclusi senza pubblicazione di bandi o avvisi si terrà conto della data in cui sono stati inviati gli inviti a presentare le offerte. Scontato l’obbligo per le stazioni appaltanti di provvedere all’aggiornamento del modello di DGUE da rendere disponibile in via elettronica agli operatori economici, in attesa dell’aggiornamento ufficiale da parte del MITT.
Se il d.l. 135/2018, ha deluso le aspettative quanto a concrete misure di semplificazione, in compenso la manovra finanziaria 2019 di cui alla legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha introdotto almeno due disposizioni salutate con favore dalle stazioni appaltanti e dagli operatori economici.
La manovra finanziaria
Al comma 130 dell’articolo unico, si è prevista l’elevazione della soglia dei c.d. “micro-acquisti”, con relativa estensione della deroga all’obbligo di preventiva escussione degli strumenti elettronici: “All’articolo 1, comma 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: « 1.000 euro », ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: « 5.000 euro”.
Si può dunque ritenere aggiornato alla nuova soglia anche il Comunicato del Presidente ANAC 30/10/2018 («Indicazioni alle stazioni appaltanti sull’applicabilità dell’art.40, comma 2, del Codice dei contratti pubblici agli acquisti di importo inferiore a 1.000 euro»: L’Autorità ritiene che, per gli acquisti infra 1.000 euro, permanga la possibilità di procedere senza l’acquisizione di comunicazioni telematiche, in forza della disposizione normativa da ultimo citata, non abrogata a seguito dell’emanazione del Codice dei contratti pubblici»).
Desta invece perplessità la mancata modifica dell’analoga previsione prevista per gli enti del SSN all’art. 15, comma 13, lett. d) della l. 135/2012. Difetto di coordinamento o precisa voluntas legis? In attesa delle opportune precisazioni da parte dell’ANAC o del MEF si può ritenere, per eadem ratio, che l’innovazione della legge di bilancio 2019 abbia carattere generale per tutte le amministrazioni pubbliche comprese nell’ambito soggettivo dell’art. 1, comma 450, l. 296/2006. Non si comprenderebbe invero un trattamento differenziato per gli enti del SSN, anzi più meritevoli di un intervento semplificatorio per le acquisizioni di più modesta entità caratterizzate spesso da urgenza di provvedere.
Particolare attenzione, invece, dovrà essere prestata al principio del divieto di artificioso frazionamento, anche in ragione delle conseguenze connesse all’elusione dell’obbligo di ricorso agli strumenti elettronici (art. 1, comma 1, l. 135/2012: nullità del contratto, illecito disciplinare, responsabilità amministrativa).
Ulteriore misura di semplificazione introdotta dalla l. 145/2018 è quella rivolta alle procedure negoziate per l’affidamento di lavori pubblici. Il comma 912 stabilisce che “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2019, le stazioni appaltanti, in deroga all’articolo 36, comma 2, del medesimo codice, possono procedere all’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici e mediante le procedure di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo 36 per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro”.
Si tratta di disposizione che non modifica direttamente l’art. 36 del Codice, ma impone una lettura e applicazione coordinata con la novella.
Anzitutto la norma ha carattere transitorio e temporaneo, con efficacia limitata fino al 31.12.2019, “nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici”. Ricordiamo che il disegno di legge delega pre-approvato dal CdM, prevede, entro un anno dall’entrata in vigore della stessa legge delega, l’adozione di “un nuovo Codice dei contratti pubblici in sostituzione di quello di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ovvero modificandolo per quanto necessario”.
L’ambito oggettivo di applicazione riguarda esclusivamente l’affidamento di lavori e dunque non è affatto estensibile a servizi e forniture.
Il quadro, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019, che risulta dal combinato disposto dell’art. 36, comma 2 del Codice e dell’art. 1, comma 912 della l. 145/2018 si può così riassumere:
- per lavori di importo inferiore a 40.000 euro, è consentito l’ affidamento diretto “anche senza previa consultazione di due o più operatori economici”;
- per lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro, è consentito l’affidamento diretto, “previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici” (ovviamente nel rispetto del generale principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti stabilito dal comma 1 dell’art. 36);
- per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro, è consentito l’affidamento mediante la procedura di cui all’art. 36, comma 2, lett. b) e quindi “mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici (…) individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”;
- per lavori di importo pari o superiore a 350.000 euro e inferiore a un milione di euro, è consentito l’affidamento mediante la procedura di cui all’art. 36, comma 2, lett. c) e quindi “mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici”;
- per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro mediante ricorso alle procedure ordinarie.
Sono oramai note le preoccupazioni espresse sui media dal Presidente dall’ANAC, e da alcune parti politiche, sul possibile abuso della nuova modalità di affidamento diretto per i lavori da 40.000 a infra 150.000 euro. D’altra parte, non può trattarsi di un affidamento diretto “puro”, atteso l’obbligo della consultazione tra almeno tre operatori economici, da individuarsi nel rispetto del generale principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti, stabilito dal comma 1, art. 36 (rispetto al quale non è stata prevista – né sarebbe stato possibile prevedere – alcuna specifica deroga). È inoltre dubbio se la consultazione debba avvenire secondo la procedura negoziata di cui alla lett. b), e quindi con uno schema di gara “informale”, ovvero la medesima consultazione possa declinarsi con uno schema di mera indagine di mercato, e dunque con maggiore semplificazione, mediante acquisizione di tre “preventivi. La norma non opera un collegamento diretto alla procedura di cui alla lett. b), e, anzi, associa la “consultazione” allo schema dell’affidamento diretto, rendendola quindi “ancillare” rispetto a tale modalità semplificata”. Tuttavia, è da ritenere che i principi generali di trasparenza e imparzialità impongano in ogni caso l’apertura in seduta pubblica delle offerte-preventivi (oppure, per i lavori di manutenzione ordinaria disponibili sul MepA, tramite le garanzie offerte dal sistema informatico).
Non sarà ovviamente possibile applicare il meccanismo dell’esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’art. 97, comma 8, che richiede invece almeno dieci offerte ammesse. Piuttosto si dovrà prestare maggiore attenzione a fenomeni di collegamento sostanziale tra gli operatori economici da invitare, anche ai fini dell’applicazione del principio di rotazione. Come osservato dall’ANAC nelle linee guida n. 4 (par. 3.6.) “In ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: (…) affidamenti o inviti disposti, senza adeguata giustificazione, ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali opera il divieto di invito o affidamento, ad esempio per la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 80, comma 5, lettera m) del Codice dei contratti pubblici”.
Dedicheremo nel prossimo numero un Dossier di approfondimento a tutte le novità introdotte dal d.l. Semplificazione e dalla legge di bilancio 2019.
Alessandro Massari
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