Nel vigente diritto tributario, la cartella esattoriale rappresenta un titolo esecutivo emanato da una pubblica amministrazione, al fine di riscuotere un contenzioso nei confronti del contribuente.
Ogni cartella esattoriale deve contenere dei requisiti essenziali; l’importo e il nome del funzionario responsabile del procedimento amministrativo.
Non rappresenta un motivo di nullità della cartella esattoriale il caso in cui il contribuente, in corso di giudizio, dimostra che le precedenti notifiche, non contenevano le informazioni relative alla modalità di pagamento.
Sono numerosi i ricorsi eseguiti a seguito di ricezione di una cartella esattoriale, in cui viene dedotto quale unico motivo di doglianza che la cartella esattoriale ha costituito il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della omissione della notificazione del processo verbale di accertamento.
Il destinatario della stessa pretesa deduce un intervenuto fatto sopravvenuto estintivo del titolo e quindi contesta la legittimità dell’azione esecutiva intrapresa dall’esattore.
In casi di questo genere, la cartella esattoriale non è titolo valido per la riscossione delle somme; nello specifico ciò accade quando non vi è prova in atti che i verbali riportati nella cartella esattoriale e di cui si asserisce il mancato pagamento, risultino essere stati ritualmente notificati alla società opponente. La cartella di pagamento attenendo alla fase della riscossione delle somme, presuppone la formazione di un titolo divenuto esecutivo alla conclusione del provvedimento sanzionatorio (verbale di accertamento, ritualmente notificato, non opposto o non annullato) di conseguenza se tanto non è, la cartella di pagamento può essere annullata.
In merito a tale argomento vi è stata una notevole svolta.
La Cassazione Civile a SS.UU., con la nota sentenza 22/09/2017 n° 22080[i] ha chiarito che: “L’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria comminata per violazione del codice della strada, va proposta ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 e non nelle forme della opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., qualora la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione del codice della strada, il termine per la proponibilità del ricorso, a pena di inammissibilità, è quello di trenta giorni decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento”.
Lo stesso principio è stato richiamato anche dalla Suprema Corte di Cassazione Sezioni unite civili nella Sentenza 27 aprile 2018, n. 10261.
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Fondamento cardine della sentenza
La omessa o tardiva notifica del verbale è fatto estintivo contestuale alla formazione del titolo esecutivo e non sopravvenuto alla formazione del ruolo.
L’azione per dedurre il fatto estintivo/impeditivo costituito dalla omessa o invalida notifica del verbale di accertamento non può che essere quella disciplinata dall’art. 7 del D.lgs. 150/2011 nel termine di 30 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Infatti tale azione è da ritenersi omnicomprensiva e consente al giudice ordinario di conoscere qualsiasi vizio dell’atto sanzionatorio compreso quello attinente al suo procedimento di formazione.
Per il principio di conservazione degli atti, ovviamente, la domanda può essere anche introdotta con citazione ma il termine di decadenza è sempre quello di trenta giorni decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento, sia se conosciuta mediante estratto di ruolo, sia se conosciuta attraverso notifica postale.
Da ciò, si può ben evincere che vi è una stretta correlazione tra l’iscrizione a ruolo del procedimento e l’estratto di ruolo (atto impugnato e impugnabile) o la notifica della cartella di pagamento.
La citazione, invece, (al pari di un ricorso per il quale rileva la data di deposito) non comporta nessuna connessione tra i due aspetti sopra elencati.
Appare evidente la differenza che si evidenzia rispetto la precedente dottrina.
Ne consegue che, i ricorsi presentati oltre l’indicato termine decadenziale, dovranno ritenersi inammissibili.
Notifica della cartella esattoriale a mezzo posta privata
Sempre in tema di opposizioni all’ esecuzione ex art. 615 c.p.c. è importante chiarire un nuovo aspetto riguardante le notifiche a mezzo posta privata.
Ebbene, a partire dal 10 settembre 2017, gli atti giudiziari possono essere sottoposti a notifica posta privata.
In merito la Cassazione ha ben chiarito che la liberalizzazione del servizio postale è ammessa solo a partire dalla data sopra citata, di conseguenza, si esclude qualsiasi efficacia retroattiva della norma introduttiva del nuovo sistema.
A tal riguardo è importante tener conto delle seguenti Ordinanze: n. 3010 del 7 febbraio 2018; n. 2173 del 29 gennaio 2018 e n. 23887 dell’11 ottobre 2017.
Questi provvedimenti giurisdizionali, oltre a riguardare casi di notifiche di cartelle esattoriali o atti processuali, rappresentano una novità per l’utilizzo del servizio postale privato senza incorrere nel vizio di notifica.
Per far sì che possano essere ritenute valide le notifiche avvenute tramite un ente postale privato c’è bisogno che quest’ultimo sia in possesso di una specifica licenza rilasciata dall’AGCOM.
Nel caso in cui sia avvenuta una notifica attraverso un ufficio postale privato prima del 10 settembre 2017 si può invocare l’inesistenza dell’atto ricevuto.
Casi in cui vi è prescrizione del credito
La dottrina cambia nel caso in cui viene sollevata una eccezione di prescrizione del credito portato dalla cartella esattoriale.
I giudici della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 23397 depositata in data 17.11.2016, hanno definitivamente stabilito che le pretese della Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Comuni, Regioni etc.) si prescrivono nel termine “breve” di cinque anni, eccetto nei casi in cui la sussistenza del credito non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo.
Già con la sentenza n. 280/05 i giudici costituzionali osservarono che, sotto il profilo del principio del diritto di difesa (art. 24 Cost.), non è “consentito lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione”; l’arco temporale di potenziale riscossione del credito erariale non può e non deve apparire “certamente eccessivo e irragionevole”.
La Corte di Cassazione, richiamando la precedente giurisprudenza, ha affermato dunque che la mancata impugnazione di un avviso di accertamento della Pubblica Amministrazione o di un provvedimento esattoriale dell’Ente della Riscossione produce unicamente la definitività del credito statale (non più confutabile in futuro, eccetto le ipotesi di vizio di notifica dell’atto originario): tale circostanza non determina “anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.”.
Ebbene, la trasformazione da prescrizione quinquennale in decennale si perfeziona soltanto con l’intervento del “titolo giudiziale divenuto definitivo”; nel caso che ci occupa, la cartella esattoriale, costituisce – per propria natura incontrovertibile – semplice atto amministrativo di autoformazione e pertanto è privo dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.
Nel caso in questione, non viene posto nessun vincolo tempistico di iscrizione a ruolo.
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Note
[i] corte-cassazione-s-s-u-u-sentenza-22080-17-del-22-9-2017/
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