Pubblica amministrazione: controlli, partecipazione e trasparenza

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Efficienza, efficacia e economicità nella p.a.

Il cambiamento radicale del sistema normativo della P.a, ed in particolare degli Enti locali, attuato con Legge 18 ottobre 2001  n.3, Riforma del Titolo V, ha stimolato in tutti gli attori interessati (soggetti politici o funzionari) mutamenti sia culturali che professionali, che impegnavano a misurarsi con valori sempre più strettamente collegati al risultato e non semplicemente agli adempimenti formali rispettosi dei principi dell’imparzialità e del buon andamento previsti dall’art.97 della Costituzione.

L’Ente locale ha fondamentalmente  contribuito a migliorare la qualità della vita dei cittadini e a favorire lo sviluppo economico e sociale della comunità amministrata, dando la possibilità a tutti di essere attori delle scelte, che influenzeranno il futuro della società locale.

La scarsità delle risorse ha imposto sempre di più all’Ente locale di gestire con efficacia ed efficienza le risorse a sua disposizione e di orientare la propria capacità organizzativa al raggiungimento dei risultati attesi.

Il modello organizzativo dell’Ente locale, però, risulta spesso inadeguato rispetto alla complessità gestionale, che deriva dalla molteplicità dei servizi di pertinenza. La  caratteristica dell’Ente è che non solo ha un forte legame con il territorio ma ne subisce anche l’influenza. L’evoluzione del sistema normativo deve attuare il cambiamento della cultura amministrativa prospettando un diverso approccio al sistema Ente locale da parte della classe politica, la quale avrebbe dovuto attuare strategie idonee al cambiamento della società.

Tutto ciò comporta che venga attuato il controllo non solo sugli adempimenti, ma anche sulla coerenza tra gli obiettivi definiti e gli aspetti strutturali e procedurali dell’organizzazione.

Le performances delle P.a.

Le norme adottate, tuttavia, il più delle volte, non sono di grande aiuto. Imporre funzioni dirigenziali per legge non può certo aiutare a formare una vera e propria classe manageriale, che dovrebbe essere reclutata in base alla non sola competenza giuridica, ma anche  tenendo conto, innanzitutto, della capacità e delle attitudini organizzative di “problem solving”. E’ questo il vero aspetto cruciale che avrebbe dovuto implicare la costruzione di un sistema secondo cui si potesse conoscere sia la produttività dell’organizzazione esistente, con l’utilizzo di indicatori quantitativi, sia le modifiche degli equilibri interni ed esterni, attraverso indicatori sul livello dei servizi, sia infine, attraverso l’evoluzione delle performances, la struttura venutasi a determinare a seguito degli interventi adottati.

Questa logica avrebbe permesso di individuare e di correggere gli errori e le anomalie che si sarebbero determinati nel funzionamento di un’organizzazione, le quali possono costituire ostacoli fra gli obiettivi programmati e quelli attesi. In qualsiasi attività, infatti, è opportuno, e sotto molti aspetti è indispensabile, il rispetto di determinate regole, programmi ed intendimenti e che vengano raggiunti i risultati sperati e programmati.

Sotto questo aspetto, si segnala il decreto legislativo 286/99 con il quale, oltre a dettare una nuova disciplina del sistema dei controlli interni, si intendeva perfezionare l’organizzazione delle varie forme di controllo interno attraverso la previsione di specifici obblighi a carico delle amministrazioni, quali: l’adozione di un sistema informativo alimentato da rilevazioni periodiche di costi, prodotti, attività quale supporto al controllo di gestione; l’individuazione di indicatori di efficienza, efficacia ed economicità; l’individuazione di standard qualitativi dei servizi al pubblico e l’attribuzione agli utenti cittadini di diritti soggettivi relativamente ai servizi resi; il coinvolgimento degli utenti nella valutazione dell’attività amministrativa e dei servizi pubblici erogati; le valutazioni comparative dei costi dei rendimenti e dei risultati fra unità operative, sia all’interno di ciascuna amministrazione che fra amministrazioni diverse.

Il controllo di gestione è lo strumento essenziale che consente all’Ente locale un maggior controllo dei costi per l’erogazione dei servizi, l’interfacciarsi con il sistema di pianificazione e, il controllo di tutto il processo.  Il controllo di gestione e le altre forme di valutazione interne rafforzano i diritti all’informazione degli amministratori e dei cittadini nei confronti dei dirigenti, garantendo il superamento del formalismo della burocrazia e della persistente prevalenza della P.a. nei confronti del cittadino.

Va segnalato, inoltre, che il d.lgs n. 267/2000 ha raccolto in maniera sistematica tutta la normativa dagli anni ‘90 ridisegnando il ruolo dell’Ente locale ed incidendo profondamente sull’ordinamento della P.a. Locale.

Tutt’al più tale decreto legislativo all’art. 147 prevede un’approfondita valutazione della produttività dei fattori impiegati nell’erogazione dei servizi, sia in fase preventiva di scelta del modello organizzativo che in fase consultiva, per valutarne la convenienza economica rispetto agli obiettivi, nonché l’efficacia presso il cittadino. Infatti, il principio del “consumer satisfaction management” impartito dal D.lgs 150/2009, accentua la necessità di controllo di gestione pubblico tenuto al rispetto dei principi di uguaglianza, di imparzialità, di continuità delle prestazioni, di diritto di scelta dell’utente, di partecipare al processo erogativo, ecc. (Direttiva P.C.M. 7/1/1994).

Tale principio è inteso come capacità delle P.a. di gestire in modo attivo e partecipato i diversi interventi che mirano ad assicurare nel tempo la soddisfazione di utenti, cittadini ed altri. Il decreto dà centralità ai sistemi di gestione delle performance nelle P.A. attraverso la definizione del ciclo di gestione delle performance. Nell’art. 8 comma 1 vengono individuate tutte le dimensioni di performance organizzativa che le pubbliche amministrazioni devono poter misurare valutare e quindi migliorare. Tra queste, la rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari dei servizi e delle attività anche attraverso modalità interattive; lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, gli utenti, i soggetti interessati; lo sviluppo di forme di partecipazione.

Sulla base di questo concetto, il Dipartimento della Funzione Pubblica, proprio al fine di promuovere la customer satisfaction nella Pubblica Amministrazione, ha avviato diverse iniziative sia per quanto riguarda la qualità effettiva sia dal punto di vista del miglioramento della qualità percepita.

Vedi anche:”La pubblica amministrazione: definizione, principi, struttura e profili di criticità”

L’ordinamento gestionale degli Enti locali

Da quanto sin qui detto, emerge come nel corso degli anni l’ordinamento gestionale degli Enti locali ha subito profonde ed incisive modifiche, sia per quanto riguarda i rapporti interni tra soggetti politici e burocrati, sia per quanto riguarda i rapporti con i cittadini.

Si tratta di aspetti di enorme importanza che, oltre ad evidenziare la necessità di controllo della gestione dei costi, dei risultati e delle performance, impongono anche la necessità di dialogare con il cittadino, il quale, in questo modo, può esprimere le proprie esigenze, nonché scegliere fra una serie di modalità di prestazioni diverse.

Si può affermare, in conclusione, che la legislazione circa l’agire della P.a., pone l’accento non tanto su prescrizioni di carattere tipicamente formali, ma sulle finalità da raggiungere: l’economicità e l’efficacia dell’azione amministrativa, nonché la trasparenza dei rapporti con i cittadini. Tali regole dovrebbero incidere di più sulla cultura organizzativa della Pubblica Amministrazione Locale, perché l’approccio con il cittadino la costringe a più stretti rapporti di trasparenza, che tengano conto dei citati criteri di economicità, efficienza ed efficacia nella propria attività.

Ad oggi, purtroppo, ancora non ci siamo!

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