Il fatto
La Corte di appello di Genova dichiarava inammissibile l’impugnazione in quanto proposta da soggetto privo di mandato difensivo.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Proponeva ricorso per cassazione l’imputato articolando i seguenti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata considerazione del fatto che – pur non essendo stato depositato nemmeno in allegato al ricorso alcun atto di nomina – sarebbe stato assolutamente singolare che il difensore avesse proposto l’impugnazione senza alcuna investitura da parte dell’imputato.
La richiesta formulata dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione
Il Procuratore Generale depositava conclusioni scritte chiedendo che venisse dichiarato il ricorso inammissibile.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il ricorso inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.
Gli ermellini osservavano prima di tutto come, pur dovendosi dare atto della presenza di un orientamento della Cassazione per cui risulta valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’art. 96 cod. proc. pen., in presenza di elementi inequivoci dai quali la designazione possa desumersi per “facta concludentia“ (Sez. 5, Sentenza n. 36885 del 03/02/2017 Rv. 271270 – 01 Sez. 4, n. 34514 del 08/06/2016 – dep. 05/08/2016, omissis, Rv. 267879 – 01; Sez. 2, n. 31193 del 17/04/2015 – dep. 17/07/2015, omissis, Rv. 264465 – 01), si faceva però presente come, nel caso di specie, mancasse – al momento della decisione in grado di appello – alcun elemento per ritenere la presenza di una nomina implicita/in difetto di alcun elemento riferibile all’imputato personalmente e presente in atti univocamente espressivo di una manifestazione di volontà – anche implicita – dell’imputato medesimo mentre, per stimarsi sussistente una nomina implicita del difensore, occorre che questa nomina possa univocamente e evidentemente essere ricollegata a un comportamento processualmente riscontrabile da parte dell’imputato tale da evidenziare in maniera incontrovertibile il conferimento da parte dello stesso di mandato fiduciario trattandosi di un’ipotesi assolutamente eccezionale perché contrastante con il principio generale della necessaria formalizzazione della nomina al fine di rendere la stessa oggettivamente riconoscibile in ragione della serietà e pluralità di conseguenze che la nomina del difensore di fiducia ha in termini di comunicazioni, notificazioni e conseguenti oneri.
Tal che se ne faceva conseguire come, in tutti i casi in cui non sia possibile individuare all’interno del fascicolo una condotta inequivocabilmente espressiva di tale volontà, non si può in alcun modo ritenersi presente alcuna nomina implicita.
Una volta compiuta questa disamina di ordine giuridico, i giudici di Piazza Cavour mettevano in risalto il fatto che, nel caso di specie, non risultasse sussistere – anche alla stregua della formulazione del motivo di ricorso – alcuna condotta concreta evincibile dal fascicolo processuale univocamente interpretabile quale nomina fiduciaria, né risultava esservi allegazione relativa a depositi erroneamente non presi in considerazione da parte della Corte territoriale.
La Corte, pertanto, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, come visto anche prima, dichiarava il ricorso proposto inammissibile.
Volume consigliato
Autori e vittime di reatoIl presente volume, pubblicato grazie al sostegno economico dell’Università degli Studi di Milano (Piano di sostegno alla ricerca 2016/2017, azione D), raccoglie i contributi, rivisti ed aggiornati, presentati al convegno internazionale del 7 giugno 2016, al fine di consentire, anche a coloro che non hanno potuto presenziare all’evento, di vedere raccolte alcune delle relazioni, che sono confluite in un testo scritto, e i posters scientifici che sono stati esposti, in quella giornata, a Palazzo Greppi (Milano) e successivamente pubblicati sulla Rivista giuridica Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it). Raffaele Bianchetti è un giurista, specialista in criminologia clinica; lavora come ricercatore presso il Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano e come magistrato onorario presso il Tribunale di Milano. Da anni insegna Criminologia e Criminalistica e svolge attività didattica all’interno di corsi di formazione post-lauream e di alta formazione in Italia e all’estero; partecipa come relatore a convegni, congressi e incontri di studio nazionali ed internazionali; fa parte di gruppi di ricerca, anche di natura transnazionale, coordinandone alcuni come responsabile dei progetti. È autore di scritti monografici e di pubblicazioni giuridiche di stampo criminologico, alcune delle quali sono edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Membro componente di comitati scientifici e di comitati redazionali, è condirettore di due collane editoriali.Luca Lupária Professore Ordinario di Diritto processuale penale nell’Università degli Studi di Roma Tre e visiting professor in Atenei europei e americani, è autore di scritti monografici su temi centrali della giustizia penale e di oltre cento pubblicazioni scientifiche, apparse anche su riviste straniere e volumi internazionali. È responsabile di programmi e gruppi di ricerca transnazionali sui diritti delle vittime, sulle garanzie europee dell’imputato e sui rimedi all’errore giudiziario. Condirettore di collane editoriali, è vice-direttore della rivista “Diritto penale contemporaneo” .Elena Mariani è laureata in giurisprudenza e specialista in criminologia clinica. Da oltre dieci anni collabora con la Catte- dra di Criminologia e Criminalistica del Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano, effettuando seminari e attività di ricerca sui temi della giustizia penale minorile, della vittimologia, dell’esecuzione penale e delle misure di prevenzione. Svolge da anni attività didattica in corsi di formazione post-lauream e di alta formazione presso diversi atenei italiani. È autrice di una monografia in tema di sistema sanzionatorio minorile e per gli adulti edita in questa Collana e di varie pubblicazioni in materia criminologica, edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Attualmente è componente esperto del Tribunale di Sorveglianza di Milano e dottoranda di ricerca in diritto penale presso l’Università degli Studi di Milano. Elena Mariani, a cura di Raffaele Bianchetti, Luca Lupària | 2018 Maggioli Editore 36.00 € 34.20 € |
Conclusioni
La sentenza in commento è sicuramente assai interessante in quanto si affronta il tema della nomina difensiva implicita.
Orbene, se in questo decisum, gli ermellini rilevavano l’esistenza di un pregresso orientamento nomofilattico secondo il quale risulta valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’art. 96 cod. proc. pen., in presenza di elementi inequivoci dai quali la designazione possa desumersi per “facta concludentia“, si evidenzia tuttavia la necessità che un siffatto comportamento concludente debba emergere all’interno del fascicolo processuale.
Va da sé dunque, come tra l’altro evidenziato in questa stessa pronuncia, che, ove si dovesse verificare un caso analogo a quello trattato in tale decisione, ossia si impugni un provvedimento in Cassazione evidenziandosi come nel giudizio di merito vi sia stata una nomina implicita non considerata dal giudicante, sia onere del ricorrente indicare la condotta concreta univocamente interpretabile quale nomina fiduciaria alla luce di quanto previsto nel fascicolo processuale.
Ove ciò non sia possibile, è pertanto sconsigliabile intraprendere, perlomeno alla luce di quanto statuito in questa decisione, una linea difensiva del genere.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento