Introduzione
La legge 23.03.2016 n° 41 ha introdotto le due fattispecie autonome di reato dell’omicidio colposo stradale (art. 589-bis c.p.) e delle lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.) nell’ambito dei delitti contro la persona.
La ratio legis è evidente e non necessita (ad avviso dello scrivente) di eccessive spiegazioni.
L’inserimento delle due nuove norme incriminatrici nell’ambito dei delitti contro la persona testimonia quale sia il bene giuridico tutelato, l’incolumità personale, in particolare di chi si trova – come l’utente della strada – a circolare con il proprio veicolo esponendo se stesso ad un’attività necessariamente rischiosa e dovendo, giocoforza, confidare anche nel comportamento diligente e rispettoso delle norme della circolazione stradale anche degli altri utenti della strada (anche se, come noto, il principio di affidamento non vale mai, di per sé, ad escludere la responsabilità per colpa se non di fronte ad un comportamento abnorme ed imprevedibile della persona offesa).
Ed il segno della – mutata, secondo il Legislatore – prospettiva di maggiore “attenzione” alla tutela del bene giuridico incolumità personale risiede nell’inasprimento sanzionatorio.
Cioè nell’evidente – e significativo – aumento delle conseguenze ascrivibili (e necessariamente riservate) ad accertate condotte di guida particolarmente imprudenti o pericolose.
Non si sta parlando soltanto di condotte di guida negligenti, imperite o imprudenti, di per sé (ma occasionali e non connotate da gravità della colpa o dell’assunzione di un rischio con previsione, anche se non di accettazione, di un evento pericoloso per l’incolumità di terzi), che abbiano cagionato la morte o lesioni personali ad una o più persone offese per mera ed inescusabile disattenzione o violazione delle elementari norme cautelari tipiche o dettate dalla comune esperienza e dal buon senso.
Ma anche di condotte gravemente colpose e pericolose, per la grave trasgressione degli obblighi cautelari da parte del conducente del veicolo che si ponga volontariamente in condizione psicofisica tale da aumentare (in misura inaccettabile) il rischio della verificazione – poi concretizzatasi nella realtà – di eventi lesivi dell’altrui incolumità personale per l’alterazione psicofisica determinata dall’assunzione di sostanze stupefacenti oppure per lo stato di ebbrezza alcolica, ad esempio.
Si è, dunque, scelto di modificare il codice penale, mediante l’inserimento delle due norme incriminatrici suindicate (gli artt. 589-bis e 590-bis c.p.), riservando un trattamento sanzionatorio deteriore ai responsabili di gravi condotte colpose commesse con violazione delle norme sulla circolazione stradale e che abbiano con il loro comportamento gravemente colposo cagionato eventi lesivi, di natura ed entità più o meno intensa, alla altrui incolumità personale, nell’ambito di valutazioni riservate al legislatore e alle sue scelte discrezionali in materia penale e non (entro determinati limiti e nel rispetto degli obiettivi di scopo sopra determinati) manifestamente irragionevoli ed arbitrarie di per sè.
Ma la modifica del codice penale ha comportato la necessità di adeguare, giocoforza, anche il sistema delle sanzioni amministrative accessorie conseguenti all’accertamento delle suddette figure autonome delittuose di cui all’art. 222 Cod. Strada.
L’esigenza era quella di equiparare (come detto meglio, o almeno così si auspica, supra), sotto il segno di un evidente inasprimento sanzionatorio, le conseguenze ascrivibili ad accertate condotte di guida particolarmente imprudenti o pericolose.
Resta adesso da capire (o almeno da interrogarsi) se il risultato corrisponda alle aspettative.
Ed anche, soprattutto, se sia soddisfacente e razionale, nel suo disegno complessivo.
Cioè se il sistema delle sanzioni amministrative accessorie conseguenti all’accertamento di reati commessi con la violazione delle norme sulla circolazione stradale, per come previsto dal rimodulato art. 222 C.d.S., (ad opera della Legge n° 41/2016), sia ragionevole o almeno non manifestamente arbitrario.
O, per dirla più semplicemente, se l’aver voluto equiparare le sanzioni amministrative accessorie di cui all’art. 222 Cod. Strada (revoca o sospensione della patente di guida) ad una tipologia di fattispecie incriminatrici autonome eterogenee ed estremamente diversificate come quelle di cui agli artt. 589-bis c.p. e 590-bis c.p. sia una scelta razione, legittima, che rimane nei canoni (e nei limiti) della discrezionalità tradizionalmente riservata al Legislatore.
In caso contrario, dovremmo necessariamente concludere che siamo di fronte ad un automatismo sanzionatorio, ad una presunzione che non ammette prova contraria e che non consente alcuna valutazione delle circostanze e peculiarità del caso concreto.
In questo, ultimo, caso (vedremo se ci si rientra, o meno, nel prosieguo della narrazione), avremmo perso di vista i criteri ed i binari – tracciati in precedenza, per le sanzioni penali, ed invero ragionevoli – della ragionevolezza e della proporzionalità che deve caratterizzare il corpus di ogni sistema sanzionatorio.
Tanto che si tratti di sanzioni penali o di sanzioni accessorie all’accertamento di reati che, come noto, per la loro natura ancillare ed accessoria al procedimento penale nel quale si accerta la commissione del fatto di reato nel contraddittorio tra le parti, non possono considerarsi propriamente “pene” ma che rivestono un contenuto afflittivo per il soggetto che ne risulta destinatario (legittimamente o meno) pari e, spesso, anche superiore alle sanzioni penali tipiche o propriamente intese.
E’ evidente, infatti, che una modifica normativa che introducesse una sanzione amministrativa accessoria improntata ad una valutazione “automatica” o una presunzione che escluda prova contraria, senza consentire di tener conto delle circostanze del caso concreto e senza permettere al giudice di valutare l’adeguatezza e proporzionalità della sanzione da irrogare in base al comportamento obiettivamente tenuto dal prevenuto, sarebbe incostituzionale e non potrebbe essere tollerata dal sistema che, per ritornare “virtuoso” (o semplicemente, razionale, o, in via minimale, non manifestamente arbitrario ed irragionevole), dovrebbe escludere l’applicazione di un sistema automatismo o preclusione arbitraria ed impedire ad essa di operare a meno di non voler perdere la dimensione di diritto penale del fatto e di non sconfinare nel mero arbitrio, anticamera ed espressione della vera ingiustizia e, quindi, di un vulnus allo stesso sistema legale dell’ordinamento.
Ma procediamo con ordine.
Analizziamo, prima, il testo del novellato art. 222 Cod. Strada, cercando di comprendere (tramite le riflessioni che verranno sviluppate), poi, se il sistema sanzionatorio accessorio abbia un ambito di applicazione ben definito e se esso sia ragionevole o comunque non manifestamente arbitrario nel suo rimodulato disegno complessivo; individuando, infine, le questioni giuridiche poste dall’intervento riformatore e le possibili soluzioni e strategie difensive utili a ricondurre ad equità (ove fosse accertato che è iniquo) il processo di applicazione e di irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie ai reati commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale.
L’art. 222 Cod. Strada, come modificato dalla Legge n° 41/2016. Le sanzioni amministrative accessorie (alternative) della revoca o della – meno grave – sospensione della patente di guida. Quale si applica in caso di condanna per i reati di cui all’art. 589-bis e 590-bis c.p.? Incertezza e contraddittorietà del dettato normativo.
La Legge n° 41/2016 ha rimodulato modificandolo – come detto sopra – il testo dell’art. 222 C.d.S.
Il primo comma dell’art. 222 Cod. Strada prevede, quando da una violazione delle norme del codice della strada derivano danni alle persone, il potere-dovere del giudice di applicare con la sentenza di condanna le sanzioni amministrative pecuniarie previste nonché le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente.
Il secondo comma dell’art. 222 C.d.S., al primo e secondo periodo, procede, poi, ad una graduazione del periodo di tempo della sanzione amministrativa accessoria, che viene individuata nella sospensione della patente di guida, in relazione alla entità della lesione del bene protetto, l’incolumità personale.
E’ così previsto, in via crescente, che se dal fatto deriva una lesione personale colposa la sospensione della patente è da 15 giorni a 3 mesi; che se dal fatto deriva una lesione personale colposa grave o gravissima la sospensione della patente è fino a 2 anni; ed, infine, che nel caso di omicidio colposo la sospensione è fino a 4 anni (comma 2, terzo periodo, art. 222 C.d.S.).
Tali previsioni non sono state in alcun modo modificate o intaccate dalla Legge n° 41/2016.
Dal disposto dell’art. 222, comma 2, primo, secondo e terzo periodo (rimasto immutato anche a seguito dell’intervento riformatore suddetto, come sopra chiarito), emerge chiaramente che il giudice, in caso di sentenza di condanna per i reati di lesioni personali colpose gravi o gravissime ed in caso di omicidio colposo commesso con violazione delle norme del codice della strada (delitti in tutto e per tutto corrispondenti alle fattispecie incriminatrice autonome degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.), è tenuto ad applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, di cui si prevede soltanto una variazione della durata in relazione alla gravità del fatto e delle conseguenze lesive, prevedendosi appunto che, in caso di morte, sia aumentato (fino a 4 anni) il periodo di sospensione della patente, nell’ambito di una valutazione discrezionale del Legislatore.
Ed anche il successivo comma 2-bis dell’art. 222 Cod. Strada prevede che la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida fino a 4 anni (cioè quella prevista in caso di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale) sia ridotta fino a un terzo in caso di sentenza di applicazione pena senza giudizio ex artt. 444 e ss. c.p.p.
Dal tenore della norma, sembrerebbe, dunque, certo che, tanto in caso di lesioni personali colpose gravi o gravissime che di omicidio colposo commessi con violazione delle norme del codice della strada, la sanzione amministrativa accessoria che deve applicare il giudice con la sentenza di condanna sia la sospensione della patente di guida, di cui varia soltanto, nell’ambito della previsione legislativa improntata ad un criterio di gradualità della sanzione accessoria dipendente dalla gravità del fatto e delle conseguenze lesive del reato ex art. 133 c.p. (e sicuramente ragionevole), il periodo di tempo.
Tutto chiaro?
Decisamente no.
Infatti, nell’ambito del quadro sopra descritto, rimasto inalterato, la legge n° 41/2016 ha introdotto – nel comma 2 dell’art. 222 C.d.S. – un quarto periodo che così recita: “Alla condanna, ovvero all’applicazione della pena su richiesta delle part a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida… (il testo prosegue ma questa è la parte rilevante ai fini della analisi, ndr.)”.
Con la novella normativa si introduce così un elemento di incertezza normativa nella individuazione della sanzione amministrativa accessoria da applicare in caso di condanna per reato commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale.
Infatti, l’art. 222 C.d.S. prevede, al secondo comma, periodo primo, secondo e terzo, in caso di condanna per i reati di lesioni colpose gravi o gravissime e di omicidio colposo commessi con violazione delle norme del codice della stradale (delitti – lo si ribadisce – in tutto e per tutto corrispondenti alle fattispecie incriminatrici autonome degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.), la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.
Ma lo stesso secondo comma dell’art. 222, al quarto periodo, stabilisce invece che in caso di condanna per lesioni o omicidio colposo stradale si applica in via automatica la diversa – e più grave – sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.
Ma allora, quale delle due sanzioni amministrative accessorie si deve applicare in caso di condanna per i reati di cui gli artt. 589-bis e 590-bis c.p.?
Quella (meno grave) della sospensione della patente di guida, prevista dall’art. 222, comma 2, periodi primo, secondo e terzo, del C.d.S.?
Oppure quella (più grave) della revoca della patente di guida, prevista, in via automatica, dal nuovo quarto periodo del secondo comma del medesimo art. 222 del C.d.S. ?
Si tratta di un dilemma, che – ad avviso dello scrivente – non può essere sciolto né in via interpretativa né in via giurisprudenziale visto che il giudice è soggetto soltanto alla legge ed, in questo caso, essendovi due previsioni contrastanti, non si può escludere l’una o l’altra a seconda delle peculiarità del caso concreto.
E ciò anche perché ogni valutazione è impedita dalla “automaticità” della previsione della revoca della patente di guida del quarto periodo, comma secondo, dell’art. 222 C.d.S., in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., che impone di applicare tale (più grave) sanzione amministrativa accessoria e non consente alcun margine di apprezzamento e di scelta tra le sanzioni amministrative accessorie alternative (sospensione oppure revoca) in caso di condanna per i reati in considerazione delle circostanze e delle peculiarità del caso concreto.
Riservando al prosieguo ogni valutazione sulla legittimità costituzionale di una simile previsione “automatica” (censurata, in parte, dalla Corte Costituzionale, come meglio si dirà infra), occorre rilevare che nel caso di specie questo “pasticcio” è stato, indubbiamente, causato da un difetto di coordinamento normativo.
Nel senso che, quando il legislatore è andato a modificare l’art. 222 C.d.S. introducendo la revoca della patente di guida in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. ed intendendo equiparare il sistema delle sanzioni accessorie all’accertamento dei suddetti reati, si è dimenticato che nel medesimo articolo, al comma 2, nei periodi precedenti (uno, due e tre), era prevista la (diversa e meno grave) sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in caso di condanna per lesioni personali colpose gravi o gravissime ed in caso di omicidio colposo commessi con violazione delle norme del codice della strada; delitti in tutto e per tutto identici alle fattispecie incriminatrici autonome di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. che voleva introdurre e che ha poi di fatto inserito nel codice penale nell’ambito dei delitti contro la persona.
E si è anche dimenticato (dimostrando una certa recidivanza) che nello stesso articolo, al successivo comma 2-bis, era prevista – ancora e sempre – la riduzione fino a un terzo in caso di sentenza di patteggiamento della sospensione della patente di guida fino a 4 anni, e cioè la sanzione accessoria prevista in caso di omicidio colposo.
Il Legislatore però non ha “toccato” le previsioni dell’art. 222 C.d.S., comma 2, periodi primo, secondo e terzo, e, neppure, il comma 2-bis del medesimo articolo, andandole o ad espungere o a modificare di conseguenza al quarto periodo che voleva introdurre (ed ha di fatto inserito).
Per effetto di ciò ci troviamo una parte del medesimo articolo, il 222 C.d.S., al secondo comma ai periodi primo secondo e terzo per la precisione, che prevede la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente in caso di condanna per lesioni colpose gravi o gravissime e di omicidio colposo commessi con violazione delle norme del codice della strada, ed un’altra parte del medesimo comma dello stesso articolo 222, il quarto periodo, che prevede invece la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente in caso di condanna, anche a seguito di applicazione pena senza giudizio, per i delitti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. Fattispecie incriminatrici autonome nuove ma del tutto identiche e speculari ai reati di lesioni e omicidio colposi in precedenza esaminati e colpiti con la sanzione accessoria della sospensione.
Si tratta, dunque, di un dilemma all’italiana, causato da approssimazione e da superficialità dell’intervento legislativo.
Il dilemma però, a ben vedere, potrebbe essere risolto anche a favore dell’imputato.
Vediamo come.
Dal momento che una parte dell’art. 222 comma 2 C.d.S., ai periodi primo secondo e terzo, prevedono la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente in caso di condanna per omicidio e lesioni colpose stradali, ed, invece, il quarto periodo, secondo comma, del medesimo articolo impone in via automatica la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida in caso di condanna per i delitti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., sussiste un evidente contrasto ed un’incertezza su quale sia la sanzione amministrativa accessoria da applicare in caso di condanna dell’imputato per tali reati.
Ed allora si potrebbe ritenere, in tale situazione di incertezza, che all’imputato vada applicata, in base al principio del favor rei, la (meno grave) sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, in luogo della revoca.
Una simile soluzione – oltre ad essere improntata ad equità – avrebbe anche un aggancio normativo, considerando che il medesimo articolo 222 C.d.S., al comma 2, periodi uno, due e tre, prevede la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in caso di condanna per i reati di lesioni ed omicidio colposo ed anche il successivo comma 2-bis del medesimo articolo individua nella sospensione la sanzione accessoria riservata alla condanna per l’omicidio colposo, consentendo di censurare comunque l’”illegalità” della sanzione accessoria della revoca della patente in base alla suddette disposizioni ed anche di denunciare la sua contrarietà alla costituzione per la natura “automatica” della sanzione.
Si tratterebbe, dunque, di una soluzione di “buon senso”, rispettosa del sistema e della legge, e che consentirebbe di superare il problema (che pure esiste e che tra poco andremo ad analizzare) della legittimità costituzionale della previsione in via automatica di una sanzione amministrativa accessoria come la revoca della patente che deve essere applicata in ogni caso di condanna per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. negando al giudice il potere di scelta tra le due sanzioni amministrative accessorie da applicare in caso di condanna (sospensione o revoca) ed impedendo ogni valutazione da parte dello stesso delle peculiarità e delle circostanze del caso concreto che potrebbero condurre, valutati i parametri di cui all’art. 133 c.p., ad una diversa scelta nella determinazione della sanzione amministrativa accessoria al reato per cui è intervenuta la condanna penale da applicare all’imputato.
Leggi anche:”La fattispecie di omicidio stradale”
L’art. 222 Cod. Strada, come modificato dalla Legge n° 41/2016
Illegittimità costituzionale della norma, nella parte in cui prevede l’automatica revoca della patente di guida in tutti i casi di condanna per omicidio e lesioni stradali.
Informazione provvisoria della Corte Costituzionale del 20.02.2019 (con riserva di deposito delle relative motivazioni) che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 222 C.d.S. escludendo ogni automatismo nella revoca della patente nelle ipotesi di condanna per omicidio e lesioni stradali non aggravati dalla alterazione psicofisica per l’assunzione di sostanze stupefacenti o dallo stato di ebbrezza del conducente, nel giudizio promosso dal Tribunale di Torino con ordinanza n° 139 del 08.06.2018 (Atto di promovimento) e riconosciuto al giudice il potere di valutare, caso per caso, se applicare, in alternativa alla revoca, la meno grave sanzione della sospensione della patente.
Una previsione ed anticipazione (ragionevole) sulle motivazioni della Corte Costituzionale – Illegittimità costituzionale dell’automatismo di cui all’art. 222 C.d.S. per contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità (artt. 3 e 27 Cost.) – Quali le possibili soluzioni per un’illegittimità costituzionale della norma destinata a retroagire ex nunc quanto ai suoi effetti (al momento del deposito delle motivazioni), ma non ancora manifestatasi ex tunc ? – Riflessioni libere.
Esaminata la intrinseca contraddittorietà della norma di cui all’art. 222 Cod. Strada – per come si presenta, attualmente, all’esito dello sgangherato intervento normativo riformatore della Legge n° 41/2016 – non resta che da affrontare la questione della legittimità costituzionale del secondo comma, quarto periodo, dell’art. 222 C.d.S. nella parte in cui impone al giudice, in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. (anche a seguito di patteggiamento con pena sospesa), l’applicazione in via automatica e senza alcuna discrezionalità della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.
La Corte Costituzionale, decidendo sulla questione di legittimità sollevata con atto di promovimento dal Tribunale di Torino, ha comunicato, in data 20.02.2019 (con riserva di depositare le relative motivazioni), la propria decisione in merito.
In particolare, la Consulta ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alla previsione automatica della revoca della patente di guida in relazione alla condanna per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. aggravati dallo stato di ebbrezza e dall’alterazione psicofisica causata dall’assunzione di droghe, ritenendo evidentemente che la (più grave) sanzione della revoca della patente sia ragionevole e proporzionata alla gravità delle condotte colpose ascrivibili al conducente e del pericolo arrecato alla circolazione stradale da chi si pone alla guida in condizioni psicofisiche inidonee a condurre veicoli esponendo se stessi e gli altri al rischio della verificazione di eventi dannosi alla altrui incolumità per il sostanziale disinteresse per gli altri che esse connotano e denotano, nell’ottica di far prevalere le esigenze di sicurezza sociale e prevenzione di fronte a così gravi trasgressioni delle norme cautelari e delle regole di comportamento.
Tuttavia, la Corte Costituzionale ha dichiarato, invece, costituzionalmente illegittimo l’art. 222 C.d.S. nella parte in cui prevede la revoca automatica della patente di guida in tutti i casi di condanna per i delitti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., e, dunque, anche nei casi NON AGGRAVATI DALL’USO DI SOSTANZE STUPEFACENTI O DALLO STATO DI EBBREZZA DEL CONDUCENTE, senza riconoscere, in tali ipotesi, al giudice il potere di valutare, caso per caso, se applicare la meno grave sanzione della sospensione della patente di guida in luogo di quella più grave della revoca.
La Corte Costituzionale ha dunque dichiarato l’illegittimità dell’automatismo sanzionatorio dell’art. 222 Cod. Strada nella parte in cui impone al giudice il dovere di revocare la patente di guida anche nei casi di lesioni ed omicidio colposi stradali non aggravati, senza riconoscere al giudice alcun potere di valutare le circostanze del caso concreto e, quindi, di poter scegliere se applicare la sanzione accessoria meno grave della sospensione in luogo di quella (alternativa e più grave) della revoca.
Nell’attesa di leggere le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale (dopo il loro relativo deposito, ancora non avvenuto, al momento della redazione del presente contributo), non sembra impossibile cercare di anticipare ed esporre le ragioni a sostegno di una simile pronuncia di illegittimità costituzionale parziale della norma da parte della Corte.
Pare ragionevole ritenere che la Corte Costituzionale abbia inteso, anche in tal caso, riaffermare la propria costante giurisprudenza, secondo la quale l’individuazione delle condotte punibili e la configurazione del relativo trattamento sanzionatorio rientrano nella discrezionalità legislativa il cui esercizio non può formare oggetto di sindacato sul piano della legittimità costituzionale, salvo che si traduca in scelte manifestamente irragionevoli o arbitrarie (v., ex multis, sentenze n° 68/2012, n. 47 del 2010, n. 161 del 2009, n. 22 del 2007, n. 394 del 2006, e, da ultimo, in ordine temporale, la sentenza n° 185/2015).
Evidentemente, la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale la presunzione automatica ed il meccanismo sanzionatorio rigido previsto dall’art. 222, comma 2, quarto periodo, del Codice della Strada, che impone di applicare in tutti i casi di condanna per i reati di cui all’art. 589-bis e 590-bis c.p. la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, per contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità di cui agli artt. 3 e 27 Cost.
In altre parole, l’assoggettamento ad un unico trattamento egualmente e gravemente sanzionatorio (revoca della patente di guida) di fatti di reato diversi quanto all’evento (omicidio colposo, da un lato, e le lesioni colpose gravi o gravissime dall’altro) e condotte del tutto eterogenee, come previste in modo dettagliato e specifico proprio all’interno delle ipotesi di reato di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., sarebbe lesivo dei suddetti principi, proprio perché introduce una presunzione automatica “rigida” e “fissa” che non permette alcuna valutazione discrezionale ed in concreto.
Una presunzione automatica che appare, anche, irragionevole perché impone la revoca della patente anche in ipotesi in cui, come l’omicidio colposo stradale non aggravato – causato da mera distrazione del conducente e non aggravato dall’abuso di droghe o dallo stato di ebbrezza del conducente ad esempio – lo stesso art. 222, comma 2, terzo periodo, del C.d.S. stabilisce la sanzione (meno grave) della sospensione della patente di guida seppure aumentata fino a 4 anni, ed impone la revoca anche nel caso (sicuramente meno grave del precedente, pure sanzionato a termini del medesimo articolo con la sospensione) di lesioni personali colpose gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis c.p. (anche qui in contraddizione con il disposto del secondo comma del medesimo articolo 222, che prevede la sospensione graduandone l’entità), confinando quindi l’applicazione della sospensione alle sole ipotesi di lesioni personali stradali colpose c.d. lievi.
Si tratta, dunque, di una previsione – quella automatica della revoca della patente di guida – fissa e rigida che risulta arbitraria ed irragionevole perché non consente al giudice di effettuare alcuna valutazione del caso concreto e non gli attribuisce alcun potere di valutare, caso per caso, se applicare la meno grave sanzione della sospensione della patente di guida anche di fronte ad ipotesi e fattispecie contrassegnate da un disvalore meno marcato o da violazioni delle regole cautelari meno gravi o comunque occasionali dettate da imprudenza o negligenza.
Nè si può ritenere che l’evento lesivo (la morte) possa costituire, di per sé, valido criterio per discernere tra quale sanzione amministrativa accessoria applicare (sospensione o revoca), perché essa costituisce soltanto un effetto della condotta colposa del conducente e può influire soltanto sulla commisurazione della pena per la gravità delle conseguenze dannose cagionate dal conducente.
Ma essa, di per sé sola, non può costituire valido discrimen per ritenere che, in tutti i casi di verificazione dell’evento mortale, debba sempre e comunque essere applicata la revoca della patente di guida in caso di condanna per omicidio colposo stradale perché, in tal caso, il disposto dell’art. 222, comma 2, terzo periodo, del C.d.S. prevede la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida fino a 4 anni, nell’ambito di un giudizio e di una valutazione discrezionale compiuta dal Legislatore che ha ritenuto di sanzionare tale condotta sempre con la sospensione della patente (e non con la revoca) aumentando la durata della sanzione accessoria rispetto alle ipotesi di lesioni lievi, gravi o gravissime effettuando un bilanciamento ed una ponderazione dei contrapposti interessi che risulta sicuramente ragionevole e non manifestamente arbitraria.
La decisione della Corte Costituzionale, adottata il 20.02.2019, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 222, comma 2, quarta parte del C.d.S. nella parte in cui impone la revoca della patente di guida in tutti i casi di condanna per i reati di cui all’art. 589-bis e 590-bis c.p. ed anche quindi in quelli non aggravati dallo stato di ebbrezza o dall’alterazione derivante dall’assunzione di droghe e non consente al giudice di valutare, caso per caso, se applicare in luogo della revoca la meno grave sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, si colloca, dunque, prevedibilmente, nella scia del proprio consolidato orientamento in tema di illegittimità costituzionale, per contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, delle presunzioni rigide ed automatiche sganciate da una valutazione obiettiva del fatto e delle modalità della condotta.
L’aspetto interessante (e che qui si intende affrontare, in chiusura, accennandone brevemente) è costituito dalle conseguenze, a medio e breve termine, della decisione della Corte Costituzionale di illegittimità parziale dell’art. 222 C.d.S.
Infatti, se è pur vero che la decisione è stata adottata il 20.02.2019, le motivazioni della sentenza della Corte non sono state, ad oggi, ancora depositate, e, quindi, la illegittimità costituzionale dell’art. 222 C.d.S. (e dell’automatismo che impone la revoca della patente in tutti i casi di condanna per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. non aggravati dall’uso di sostanze stupefacenti o dallo stato di ebbrezza e non riconosce al giudice alcun potere di valutazione tra le sanzioni amministrative accessorie da applicare in considerazione delle circostanze del caso concreto, privandolo di qualsiasi facoltà di scelta nella applicazione tra le sanzioni amministrative accessorie alternative della sospensione e della revoca della patente), non si è ancora manifestata ex nunc.
La norma dell’art. 222 C.d.S. è cioè contraria a costituzione e gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale retroagiranno ex nunc al momento del deposito delle motivazioni, ma ad oggi non sono invocabili da chi si veda applicare in modo automatico, senza alcuna ponderazione e valutazione delle circostanze del caso concreto (essendo inibito un simile potere, ad oggi, al giudice ed essendo preclusa altresì qualunque valutazione discrezionale delle circostanze del caso concreto che gli consentirebbero di scegliere tra le sanzioni amministrative accessorie alternative da applicare, e cioè se ricorrere alla più grave della revoca della patente oppure a quella meno grave della sospensione) la revoca in una sentenza di condanna per i delitti non aggravati previsti e puniti dagli artt. 589-bis e 590-bis c.p.
Ed allora, quali sono le prospettive di tutela per l’imputato, che si trovi in una simile situazione?
Nel caso di sentenza di condanna, anche a seguito di patteggiamento ex art. 444 e ss. c.p.p, per il reato di cui all’art. 589-bis c.p. non aggravato che abbia applicato, in modo automatico, la revoca della patente, l’imputato (ad avviso dell’autore) potrebbe proporre ricorso per Cassazione, considerato che l’impugnazione non riguarda l’accordo tra le parti sulla pena (questa sì indubbiamente legale) ma la determinazione della sanzione accessoria rimessa al giudice e che essa non può essere applicata in violazione di legge, in specie dell’art. 222 comma 2 terzo periodo C.d.S. che prevede la sospensione della patente fino a 4 anni oltretutto ridotta di un terzo ai sensi del comma 2-bis del medesimo articolo.
Si tratta di un ricorso ammissibile, considerato che, anche se non riguarda la pena in senso stretto ma una sanzione amministrativa accessoria ed ancillare all’accertamento del reato, essa ha un indubbio carattere afflittivo e la sua applicazione non può avvenire sulla base di un automatismo incostituzionale, in contrasto con i principi fondamentali della nostra Carta fondamentale , perché in tal modo essa sarebbe “illegale” perché in violazione di legge, e l’imputato avrebbe certamente anche interesse a ricorrere in quanto la sentenza irrevocabile verrebbe poi trasmessa al prefetto per la revoca della patente e l’emissione del provvedimento di interdizione alla guida che verrebbe eseguito dall’Autorità amministrativa senza che si possa contestare in alcun modo la decisione del giudice penale e con perdita, anche, del diritto di conseguire nuovamente la patente se non dopo il decorso di un lunghissimo periodo di tempo.
Ed, invece, nel caso in cui la sentenza di condanna per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. non aggravati che abbia applicato la revoca della patente di guida – in forza del meccanismo previsto dall’art. 222 Cod. Strada e dell’automatismo sanzionatorio dichiarato incostituzionale dalla Corte – sia divenuta irrevocabile, quali sono le possibilità di tutela dell’imputato?
In tal caso, l’unica via sembra essere quella dell’incidente di esecuzione, in cui il condannato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 136 comma 1 Cost. e 30 commi 3 e 4 della legge n° 87/1953, chieda (ma soltanto dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di illegittimità costituzionale, e, quindi, verosimilmente e purtroppo, a patente già revocata dal Prefetto e con l’interdizione alla guida già eseguita) al Giudice dell’Esecuzione la revoca del titolo in relazione alla sanzione della revoca della patente di guida, instando affinché, tenuto conto delle circostanze del caso concreto e dei parametri dell’art. 133 c.p. nonchè degli elementi desumibili dalle sentenze di merito e dagli atti del procedimento, il Giudice dell’Esecuzione voglia valutare, tra le due sanzioni accessorie, con pienezza di poteri, se applicare in luogo della revoca la meno grave sanzione della sospensione della patente di guida.
A questo punto, appare possibile formulare alcune considerazioni conclusive.
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Conclusioni
La riforma realizzata dal Legislatore con la legge n° 41/2016, che ha introdotto le nuove figure autonome incriminatrici degli artt. 589-bis e 590-bis c.p., come dimostrato in modo inequivocabile ed evidente dalla analisi sopra effettuata, non ha certamente prodotto risultati apprezzabili per quanto riguarda il sistema delle sanzioni amministrative accessorie ed ancillari all’accertamento dei reati commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale.
La scelta di equiparare le sanzioni amministrative accessorie – sospensione e revoca – e prevederne l’applicazione indiscriminata ed automatica a tutte le ipotesi contemplate dagli artt. 589-bis e 590-bis c.p., eterogenee e caratterizzate da eventi e condotte diverse quanto a struttura e disvalore, ha finito per rendere ancora più irragionevole ed arbitrario un sistema (quale quello delle sanzioni amministrative accessorie previste dal Codice della Strada) che già risultava altamente problematico e disequilibrato per la sovrapposizione e reciproca interferenza tra le diverse e spesso distoniche (nel tempo e nella determinazione della entità) decisioni dell’autorità giudiziaria penale e di quella amministrativa nella medesima materia.
Si è trattato, quindi, di una prova non proprio convincente del nostro Legislatore, che, nel farsi trascinare da esigenze (peraltro sacrosante) di prevenzione e sicurezza, ha assecondato spinte populistiche di punizione del trasgressore al di là e prescindendo spesso e volentieri da ogni valutazione del caso concreto e dalla ragionevolezza e proporzionalità della sanzione, rendendo manifestamente arbitrario un sistema che in sé lo era già.
Non è troppo tardi per tornare indietro e neppure per ricordare che l’omologazione forzata delle conseguenze sanzionatorie (sia nel campo penale che delle sanzioni amministrative) e gli automatismi sanzionatori generano mostri, spesso più iniqui e disumani di quelli che, al momento in cui si legifera, si vuol combattere.
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