(Normativa di riferimento: C.p., art. 328, c. 1)
Il fatto
La Corte d’appello di Messina confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Salerno con cui S. L. M. era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione per il delitto di cui all’art. 328, comma primo, cod. pen. perché, quale responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di …, indebitamente rifiutava atti del proprio ufficio che per ragioni di giustizia dovevano essere compiuti senza ritardo e in particolare, pur a conoscenza a partire dal 21 ottobre 2010 della necessità di provvedere a svolgere degli accertamenti, anche richiesti dalla Procura della Repubblica di Messina, e nonostante la ricezione di un processo verbale redatto dal Genio Civile di Messina del 19 aprile 2011 che evidenziava la violazione della normativa antisismica in ordine alla regolarità dei lavori intrapresi dalla ditta … in una abitazione, rinviava l’emissione dei provvedimenti repressivi di competenza al momento del completamento delle opere.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione e le argomentazioni sostenute nei motivi aggiunti
Ricorreva per Cassazione S. L. M., per il tramite del difensore, che, dopo aver premesso la vicenda amministrativa, attraverso un unico articolato motivo, deduceva travisamento della prova, vizi di motivazione e violazione dell’art. 328, comma primo, cod. pen..
Il ricorrente rilevava in particolare come l’imputazione contestatagli presupponesse un duplice rifiuto di atti d’ufficio: uno connesso all’obbligo di svolgere accertamenti richiesti con missiva del 27 aprile del 2011 inviata dalla Polizia Municipale, su delega della Procura della Repubblica di Messina, in ordine alla regolarità dei lavori intrapresi presso l’appartamento di cui alla imputazione all’esito del primo sopralluogo del 21 ottobre 2010; l’altro in cui veniva contestata la reiterata condotta omissiva connessa al mancato intervento con provvedimenti repressivi di competenza, a seguito delle comunicazioni ricevute, oltre che dalla Polizia Municipale (delegata dalla Procura della Repubblica) e dall’Ufficio del Genio Civile di Messina (con verbale di sopralluogo del 19 aprile 2011 con cui erano state segnalate violazioni della normativa antisismica).
Il ricorrente osservava a tal proposito che l’atto da emettere non fosse annoverabile tra quelli previsti tassativamente dall’art. 328 cod. pen. e cioè attinenti a ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità evidenziandosi che l’omessa indicazione del contenuto dell’atto dell’ufficio, che doveva essere immediatamente adottato ed indebitamente rifiutato, costituisce elemento costitutivo necessario ai fini della integrazione del delitto di cui all’art. 328 cod. pen.
Con motivi aggiunti del 9 novembre 2018, il ricorrente, oltre a ribadire quanto sopra, evidenziava inoltre l’illogicità e contraddittorietà della motivazione laddove la sentenza rilevava come il ricorrente avesse emesso il provvedimento solo in data 22 dicembre 2011 a conclusione ormai intervenuta delle opere tenuto conto della interruzione dei lavori al momento del primo sopralluogo del febbraio 2011; a riprova di ciò si deduceva come la Corte di merito avesse apprezzato l’intervenuta prescrizione della contravvenzioni in materia edilizia proprio prendendo come termine ultimo della condotta quello del febbraio 2011.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il Suprema Consesso reputava il ricorso fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si osservava prima di tutto come la Corte di Cassazione avesse postularo il principio, affermato senza oscillazioni, per il quale, in tema di omissione di atti di ufficio, per atto di ufficio che per ragione di giustizia deve essere compiuto senza ritardo si intende solo un ordine o provvedimento autorizzato da una norma giuridica per la pronta attuazione del diritto obiettivo e diretto a rendere possibile, o più agevole l’attività del giudice, del pubblico ministero o degli ufficiali di polizia giudiziaria (Sez. 6, n. 16567 del 26/02/2013, omissis, Rv. 254860; Sez. 6, n. 14599 del 25/01/2010, omissis, Rv. 246655; Sez. 6, n. 11877 del 20/01/2003, omissis, Rv. 224861; Sez. 6, n. 784 del 05/11/1998, dep. 1999, omissis, Rv. 213904) e dunque, ad integrare la fattispecie dell’omissione d’atti d’ufficio di cui all’art. 328, comma primo, cod. pen., non è sufficiente che il rifiuto abbia ad oggetto un qualsiasi atto d’ufficio, ma è necessario che l’atto sia “qualificato” perché compiuto per ragioni di giustizia o sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, nonché che l’atto sia “indifferibile” dovendo lo stesso essere adottato senza ritardo (v. motivazione, Sez. 3, n. 5688 del 13/12/2013, dep. 2014, omissis, Rv. 258694).
Tal che se ne faceva discendere come le finalità tassativamente poste alla base dell’atto con riferimento alle ragioni di giustizia fossero solo quelle pertinenti alla emanazione o alla esecuzione di provvedimenti giurisdizionali esaurendosi con l’emanazione del provvedimento di uno degli organi svolgenti la funzione giudiziaria: giudice, pubblico ministero, ufficiali di polizia giudiziaria, ausiliari del giudice, ufficiali giudiziari, curatore fallimentare.
Si faceva oltre a ciò presente come dovesse escludersi che la condotta omissiva posta in essere dal ricorrente potesse ritenersi caratterizzata da ragioni di giustizia che con urgenza doveva essere compiuta atteso che, ad avviso della Corte, certamente non realizza il delitto di omissione d’atti d’ufficio il ritardo nel fornire la risposta, pur sollecitata, alla missiva della Polizia Municipale con cui si richiedeva di conoscere se fosse o meno necessario il rilascio del permesso di costruire per le opere in corso di realizzazione tenuto conto della risposta comunque intervenuta all’esito del sollecito posto che, ai fini della configurazione del reato in questione, l’indifferibilità deve essere accertata in base all’esigenza di garantire il perseguimento dello scopo cui l’atto è preordinato ed agli effetti al medesimo concretamente ricollegabili.
Posto ciò, gli ermellini deducevano altresì che, se l’assenza di espliciti termini di legge non esclude il dovere di compiere l’atto in un ristretto margine temporale quando ciò sia necessario per evitare un sostanziale aumento del rischio per gli interessi tutelati dalla norma incriminatrice (Sez. 6, n. 47531 del 20/11/2012, omissis, Rv. 254040), nel caso di specie la risposta fornita dal ricorrente risultava essere adeguata, e ciò anche in ragione del fatto che le notizie richieste potevano trovare pertinente sfogo con più idonea acquisizione di atti: l’accertamento del se fosse o meno necessario il previo rilascio del permesso di costruire risulta essere evenienza valutabile sulla base di previsioni normative che non vedeva il Dirigente dell’Ufficio Tecnico quale unico soggetto competente nel fornire notizie in merito e che detto ritardo non implicasse un rifiuto penalmente rilevante, sempre secondo la Corte, lo si ricavava dalle stesse decisioni di merito che, come sopra evidenziato, non facevano alcun riferimento a tale condotta, nonostante l’omissione era contenuta nell’imputazione.
A fronte di ciò, gli ermellini evidenziavano come la decisione impugnata avesse fatto, invece, riferimento all’omessa adozione di provvedimenti che, sulla base di quelli che erano gli atti a disposizione dell’Ufficio retto dal ricorrente, avrebbero richiesto un immediato intervento quanto a provvedimenti inibitori tesi alla protrazione della condotta illecita attraverso la quale si stavano realizzando lavori in contrasto con la normativa edilizia ed antisismica ma, così facendo, ad avviso del Supremo Consesso, la Corte di merito aveva, però, erroneamente ritenuto che l’attività compulsata a S. L. M. ed omessa dal medesimo funzionario rientrasse tra “le ragioni di giustizia” di cui all’art. 328, comma primo, cod. pen. tanto da effettuare valutazioni non pertinenti in ordine alla effettiva utilità dell’inerzia nei confronti del costruttore, ormai posto al riparo da provvedimenti ritenuti inefficaci, così paventando condotte che, seppur potevano assumere rilevanza penale, non risultavano integrare la fattispecie contestata.
Si osservava a tal proposito come, dopo la modifica dell’art. 328 cod. pen., intervenuta con la I. 26 aprile 1990, n. 86, fosse stato escluso, seppur di tanto si sia inizialmente dubitato, che gli atti di competenza dell’autorità amministrativa, per quel che concerne la normativa edilizia ed urbanistica, rientrassero nelle ragioni di ordine pubblico così come giammai si era al contempo sostenuto che tali condotte potessero rientrare nelle ragioni di giustizia, generalmente assicurate dai provvedimenti cautelari penali e dalle misure di sicurezza patrimoniali in detta materia, adottate da soggetti comunque appartenenti alla funzione giudiziaria o loro ausiliari.
Pertanto, in ragione di ciò, gli ermellini giungeva ad asserire come l’adozione di provvedimenti di sospensione dei lavori abusivi da più parti ipotizzati risultasse ambito dell’attività rientrante nella funzione meramente amministrativa dell’ente territoriale e, in generale, del settore a cui è attribuita tale materia, in particolare; attività disciplinata dai modi e dai tempi propri dello svolgimento dell’attività discrezionale delle pubbliche amministrazioni non specificamente riconducibili alle “ragioni qualificate” rilevanti ex art. 328, comma primo, cod. pen., che, per tale ragione, non integrava (e non integra tutt’ora) l’indebito rifiuto penalmente rilevante.
Si rilevava infine come dovesse altresì escludersi che i provvedimenti, che si assumevano essere stati omessi da S. L. M., presentassero il carattere dell’indifferibilità visto che la mancanza di tempestività nella loro adozione non pregiudicava il fine alla cui realizzazione l’intervento dell’amministrazione pubblica è preordinato per legge: l’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo può sempre essere adottata ed eseguita, onde garantire quell’ordinato assetto del territorio, che la normativa edilizia vuole salvaguardare.
Tal che se ne faceva conseguire l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
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Conclusioni
La sentenza in commento è condivisibile.
Gli ermellini, difatti, nel postulare, per un verso, che gli atti di competenza dell’autorità amministrativa, per quel che concerne la normativa edilizia ed urbanistica, non rientrano nelle ragioni di ordine pubblico né in quelle di giustizia, per altro verso, che l’adozione di provvedimenti di sospensione dei lavori abusivi risulta ambito dell’attività rientrante nella funzione meramente amministrativa dell’ente territoriale la quale è disciplinata dai modi e dai tempi propri dello svolgimento dell’attività discrezionale delle pubbliche amministrazioni non specificamente riconducibili alle “ragioni qualificate” rilevanti ex art. 328, comma primo, cod. pen. che, per tale ragione, non integra l’indebito rifiuto penalmente rilevante, danno una lettura della norma incriminatrice preveduta da questo articolo del codice penale rispettosa del principio di tipicità dato che si conferisce un significato di questa fattispecie delittuosa che non va oltre il significato letterale di quanto contemplato da tale disposizione legislativa.
Va da sé dunque che, ove invece dovesse verificarsi una situazione analoga a quella trattata in questa pronuncia, ben potrà contestarsi una prospettazione accusatoria di questo genere avvalendosi anche delle argomentazioni sostenute in siffatta decisione (e analizzate in precedenza).
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