Il giudizio di divisione ereditaria è disciplinato dagli artt.713 e ss c.c. In estrema sintesi trattasi di giudizio avente lo scopo valutare la “massa ereditaria” da suddividere tra gli eredi (o dividenti) per poi andare a formare le singole quote ereditarie. Pur trattandosi di un giudizio di cognizione piena, il ruolo del Giudice è quello di aiutare i condividenti a trovare una equa ripartizione in modo che ogni erede (o condividente) abbia una quota analoga agli altri.
Ogni coerede rappresenta per legge un distinto ed autonomo centro di interessi e si pone in “contrasto” con gli altri eredi proprio in virtù del fatto che ciascuno deve (o dovrebbe) avere una quota pari agli altri e nessuno deve (o dovrebbe) venire leso nel proprio diritto.
La previsione normativa della obbligatorietà della mediazione in questa materia risulta condivisibile poiché finalizzata a sgravare i Tribunali di una serie di liti che, non solo non si possono definire contenziosi puri, intendendo con questo termine i contenziosi in cui, in linea teorica, vi è una parte soccombente ed una parte vittoriosa, ma che d’altro canto sottendono rivendicazioni di carattere personale (e spesso con profili non prettamente giuridici), che solo in ambito di mediazione si riesce a scardinare, discutere e superare.
In virtù del fatto che ogni erede rappresenta un distinto centro di interessi, ogni erede è tenuto a pagare la sua parte di indennità all’Organismo, non valendo ad escludere tale obbligo il fatto che dal punto di vista sostanziale gli interessi di due o più parti coincidano. Si è pronunciato in tale senso il Tribunale di Padova con sentenza del 19 ottobre 2017. Il Tribunale si è trovato a decidere su due cause di opposizione a decreto ingiuntivo con cui veniva ingiunto a due eredi il pagamento di due distinte indennità di mediazione. I procedimenti venivano riuniti stante l’identità dei temi trattati. Nel caso esaminato dal Tribunale padovano la mediazione non aveva sortito effetto positivo poiché non si era raggiunto l’accordo ma il procedimento era stato comunque svolto. La contestazione di uno dei coeredi riguardava la regolarità dello svolgimento poiché una parte aveva presenziato senza la presenza dell’Avvocato.
Il Tribunale padovano ha ritenuto che non osta al regolare svolgimento della procedura la mancata partecipazione dell’avvocato poiché l’articolo 12 del D.Lgs.vo 28/10 prevede che “ove tutte le parti siano assistite da un avvocato l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dai loro avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale”; con ciò ritenendo che la presenza dell’avvocato influisce sull’esecutività dell’accordo raggiunto, problema peraltro che non si è posto nel caso di specie conclusosi senza accordo, ma non sulla validità dell’intero procedimento che può svolgersi senza la necessaria presenza del legale. Il Tribunale ha escluso di poter applicare ai convenuti un’indennità come se costituissero una sola parte. Sostiene il Tribunale che la controversia riguardava una divisione ereditaria nella quale ciascun erede costituisce una diversa parte con propri interessi anche se talvolta possono coincidere. Nel caso trattato dal Tribunale veneto, anche sulla scorta delle proposte emerse in sede di mediazione, la posizione degli opponenti era da subito parsa non coincidente ed entrambi sono stati condannati al pagamento dell’indennità in favore dell’Organismo.
Cosa accade invece se in sede di mediazione si trova l’accordo e soprattutto esso è trascrivibile?
Il Decreto 28/10 lascia un vuoto normativo in tema di trascrivibilità degli accordi di mediazione limitandosi ad affermarne la validità quali titoli esecutivi idonei per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Quando le parti, eredi o condividenti, raggiungono un accordo in mediazione sulla suddivisione di diritti reali su beni immobili o quote di essi, esso può essere direttamente trascritto ma ai fini della verifica di conformità tra il contenuto dell’atto e le prescrizioni di legge è espressamente richiesta l’autentica notarile. Affronta la questione il Tribunale di Roma con ordinanza 17 novembre 2015. L’art. 11 del D.Lgs.vo 28/10, comma 3, prevede che se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1, ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma un processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art.2643 c.c., per procedere alla trascrizione dello stesso, la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
L’articolo 2643 c.c. tuttavia non contempla le divisioni che sono invece disciplinate dal successivo articolo 2646 c.c. Vero è che l’articolo 11 del decreto 28 fa espresso riferimento ai contratti di cui all’art. 2643 c.c. ma è vero pure che escludendo la trascrivibilità di atti pur soggetti a trascrizione obbligatoria per legge, di accordi conclusi in un procedimento per cui il legislatore stesso impone la mediazione come condizione di procedibilità della domanda, si andrebbe incontro ad una contraddizione. Il Tribunale capitolino ritiene che risultino trascrivibili tutti gli accordi contenenti atti o negozi per cui il codice civile prevede la trascrivibilità . Il principio si basa sul fatto che l’accordo stipulato tra le parti in sede di mediazione trova la sua disciplina specifica in tema di trascrizione nella legge medesima e non nelle disposizioni in materia di trascrivibilità degli atti poste dal codice civile nei cui confronti si pone una mera esigenza di coordinamento. Il principio di specialità porta quindi a rinvenire la soluzione della questione sollevata nelle disposizioni in materia di mediazione civile. Continua il Tribunale, sostenendo che l’interpretazione sistematica e teleologica della legge in materia di mediazione civile ha lo scopo di favorire la conciliazione prima del giudizio della controversia insorta, scopo la cui realizzazione presuppone il riconoscimento della piena validità ed efficacia dell’accordo concluso tra le parti, con la sola particolarità che ai fini della sua trascrizione è espressamente richiesta l’autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un Notaio ai fini della verifica della conformità del contenuto dell’atto alle prescrizioni di legge.
La pronuncia del Tribunale di Roma è stata fondamentale per superare un vuoto normativo ed una palese contraddizione del sistema. Non avrebbe avuto senso imporre alle parti la mediazione nelle ipotesi di divisione escludendo che l’eventuale accordo non potesse essere trascritto.
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