Il dibattito dottrinale sulla natura degli accordi di ristrutturazione

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Sulla concorsualità e non concorsualità degli Accordi: dottrina

Assodato che il legislatore attraverso la riforma della legge fallimentare, ha inteso abbondare i dogmi della indisponibilità dell’insolvenza e della inviolabilità della par condicio creditorum, la dottrina e la giurisprudenza hanno accesso un vivace dibattito circa la natura concorsuale degli accordi.

I motivi che hanno indotto parte della dottrina e della giurisprudenza ad escludere la concorsualità degli accordi possono essere così analizzati: in primis, non è previsto un procedimento e un provvedimento di apertura; non vi è alcuna nomina di organi (commissario, giudice delegato, comitato dei creditori); non si è sottoposti a nessuna regolazione concorsuale del dissesto; i creditori non sono organizzati come collettività rappresentante interessi omogenei; il debitore non è privato della gestione dell’impresa e, i suoi atti, non sono assoggettati  né a vincoli né a controlli.

In particolare, per parte di tale dottrina, l’elemento più significativo che induce a sostenere la tesi della non concorsualità è rappresentato dalla circostanza che i creditori non perdono la loro individualità né la tutelabilità del proprio interesse come accade, invece nelle procedure concorsuali.

Invero, nelle procedure concorsuali si sostituisce, all’interesse del singolo, quello della classe dei creditori, cosicchè le decisioni prese a maggioranza risultano vincolanti anche per i creditori dissenzienti ovvero diviene obbligatorio la partecipazione alla classe per la soddisfazione del proprio credito, attraverso la presentazione della domanda di ammissione al passivo[1].

Negli accordi di ristrutturazione dei debiti i creditori che non vogliono prendere parte all’accordo conservano intatto il loro diritto a poter esperire azioni individuali per la soddisfazione del loro credito.

Unico limite posto alla loro autonomia è rappresentato dal blocco delle azioni esecutive (automatic stay) per un periodo limitato, controbilanciato tuttavia dall’impegno preso dal debitore di garantire il regolare pagamento dei loro crediti.

L’altra parte della dottrina ritiene invece che gli accordi di ristrutturazione dei debiti, pur configurandosi come un istituto autonomo rispetto al concordato preventivo, debbano essere annoverati tra le procedure concorsuali.

Tra gli elementi a sostegno di tale tesi vi sono: la modalità di presentazione dell’accordo, la quale richiama quella del concordato preventivo, la competenza dell’autorità che ne decreta l’omologazione che risulta essere quella del Tribunale fallimentare e, soprattutto, il suddetto blocco della azioni esecutive e cautelari che, unitamente, alla previsione dell’esenzione da revocatoria fallimentare degli atti posti in essere in esecuzione dell’accordo omologato, farebbero assumere all’accordo la caratteristica della procedura concorsuale ossia, la capacità di poter incidere sull’autonomia privata per effetto di una disposizione di legge che ha come fine, la tutela di un in generale[2].

La tesi su esposta, ha preso vigore a seguito della novella del 2010, allorquando il legislatore ha introdotto nel corpo dell’art. 182 bis il comma 6°, statuendo la possibilità di poter ottenere l’automatic stay delle azioni esecutive e cautelari per il debitore anche durante la fase delle trattative che precedono la stipula dell’accordo definitivo.

Orbene, il legislatore ha previsto l’invio della documentazione depositata a supporto della idoneità della proposta di accordo ai creditori e la fissazione di un’udienza per la verifica dei presupposti per pervenire ad un accordo di ristrutturazione; per tale dottrina, da ciò discenderebbe il carattere della concorsualità dell’istituto[3].

Infine, alcuni Autori[4]hanno individuato negli accordi una concorsualità “negoziale”, diversa dal tradizionale concetto di concorso “satisfattivo” (ossia la soddisfazione dei creditori intesa come massa).

Seconda questa impostazione si cerca di intravedere negli accordi di ristrutturazione una concorsualità di tipo negoziale, allorquando i creditori aderenti pur non rappresentando una massa rispetto all’attivo da liquidare, agiscono contrattualmente per un interesse comune e, quindi, viene inibito a ciascuno di essi la possibilità di azionare strumenti giuridici individuali volti alla tutela della pretesa creditoria nel caso di inadempimento del debitore che ha sottoscritto l’accordo.

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La recente Giurisprudenza

Con riferimento all’accordo di ristrutturazione dei debiti e alla loro natura giuridica, preme evidenziare che la Cassazione è tornata sull’argomento e, questa volta, lo ha trattato approfonditamente e dettagliatamente, conludendo che l’accordo di ristrutturazione è una procedura concorsuale[5] .

Come è noto, fino a questa pronuncia, la maggioranza degli interpreti e della giurisprudenza propendeva per sottrarre gli accordi di ristrutturazione dal novero delle procedure concorsuali con una serie di argomentazioni in qualche misura condivisibili e personalmente condivise.

Ebbene, la Suprema Corte (Cass., 12.4.2018, n. 9087) affronta direttamente l’argomento e, fornendo un’immagine ideologica del sistema fallimentare, afferma che “la sfera della concorsualità può essere oggi ipostaticamente rappresentata come una serie di cerchi concentrici, caratterizzati dal progressivo aumento dell’autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura fallimentare) fino all’orbita più esterna (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio, quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, le amministrazioni straordinarie, le liquidazioni coatte amministrative, il concordato fallimentare [che peraltro non è una procedura autonoma – n.d.r.] il concordato preventivo, gli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento degli imprenditori non fallibili, gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria … Restano all’esterno di questo perimetro immaginario solo gli atti interni di autonoma riorganizzazione dell’impresa, come i piani attestati di risanamento e gli accordi di natura esclusivamente stragiudiziale che non richiedono nemmeno un intervento giudiziale di tipo omologatorio” [6]

Ed è significativo, ma forse anche discutibile, che “gli accordi da composizione della crisi da sovraindebitamento” vengano definiti come procedure concorsuali e che l’accordo di ristrutturazione sia il pianeta più lontano dal sole/fallimento, ma pur sempre un pianeta che ruota intorno al fallimento.

Ebbene, appare chiaro come la recente pronuncia della Cassazione abbia voluto conformare l’istituto in oggetto alle recenti disposizioni introdotte dal legislatore europeo con il Reg. U.E. n. 848/2015 in materia di procedure concorsuali transfrontaliere.

Note

[1] Sul punto si veda Trib. Di Bari, Decr. 21 novembre, Il Fallim., 2, 2006, p. 169; Trib. Brescia, Decr. 22 febbraio 2006, Il Fallim., 6, 2006, p. 146; Trib. Milano, Decr. 23 gennaio 2007, Il Fallim., 6,2007, p. 701.; per la dottrina si veda M. Fabiani, Diritto fallimentare, Principi e regole, op. cit.; g. sichhiero , Contratto ed Impresa, Cedam, 2001, p. 9 e ss. il quale accenna alla  tesi della efficacia erga omnes degli accordi di ristrutturazione è stata avanzata da con argomentazioni che non prendono, invero, spunto dal tessuto tecnico normativo della legge fallimentare ed ai noti precedenti di diritto comparato statunitense (contra sul punto si v. anche B. Inzitari al link seguente http://giur.uniroma3.it/materiale/forense/2014-2015/commercialeI/accordi%20-%20inzitari.pdf il quale argomenta che: L’accordo di ristrutturazione dei debiti è infatti un vero e proprio accordo contrattuale che il debitore, una volta che ha raggiunto il consenso contrattuale ed ha raccolto l’accettazione, sotto forma di adesione con le controparti creditrici, stipula appunto con i creditori.  L’impostazione, la costruzione e l’itinerario negoziale seguito per il raggiungimento dell’accordo non sono dunque in nessun modo connesse alla presenza di un terzo, quale un commissario o un curatore investito di qualsiasi funzione al riguardo”)

[2] Si veda e. frascaroli santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2009

[3] A.Paluchowski, Gli accordi di ristrutturazione del debito a 5 anni dalla loro introduzione: un appuntamento mancato?, Relazione al convegno di Trani del 12/06/2010, Unione giuristi cattolici italiani.

[4] P.Quartuccelli, Gestione negoziata della crisi d’impresa, in Banca, Borsa e Titoli di Credito, vol. LXIV, 2011, p. 30-31

[5] Cass., 12.4.2018, n. 9087, in Fall., 2018, 984 con nota di TRENTINI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono una procedura concorsuale: la Cassazione completa il percorso. Nello stesso senso, seppur con motivazione meno articolata, Cass., 21.6.2018, n. 16347 inedita.

[6] Come correttamente confermato da Cass., 25.1.2018, n. 1895, in Fall., 2018, 286.

Dott. Rencricca Jacopo

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